Fotogallery Natalia Aspesi: «Ve la racconto io l’Italia…»
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La Loren? Più felice della Bardot. La Cederna? Più brava della Fallaci. E poi i tradimenti, la moda, il gossip, i funerali (sì, avete capito bene). Natalia Aspesi raccoglie 50 anni di (mal)costume in un libro. Spietato, ma divertentissimo.
La Loren? Più felice della Bardot. La Cederna? Più brava della Fallaci. E poi i tradimenti, la moda, il gossip, i funerali (sì, avete capito bene). Natalia Aspesi raccoglie 50 anni di (mal)costume in un libro. Spietato, ma divertentissimo.
Non si scappa. A tutti i giornalisti di costume è stato chiesto, almeno una volta nella vita, di scrivere... «un pezzo alla Aspesi». Un incubo! Perché il suddetto pezzo deve contenere: opinioni forti, intuizioni brillanti, tanta cultura e un pizzico di soave cinismo.
Poi linguaggio ironico e spiritose, ma mai volgari, parolacce. L’unica giornalista italiana che è riuscita nell’impresa è... Natalia Aspesi. Per tutti gli altri che hanno scritto di costume, lei è un mito. Per questo entrando in casa sua, sono emozionata.
Per festeggiare mezzo secolo di giornalismo la signora (titolare, su il Venerdì, di Questioni di cuore, la più seguita “posta dei sentimenti” italiana) ha pubblicato Festival e funerali.
Dai costumi ai malcostumi - Una storia italiana (Il Saggiatore), raccolta dei suoi articoli pubblicati su Il Giorno e la Repubblica, dedicati a moda, eventi che hanno fatto la storia dello spettacolo italiano, come il Festival di Sanremo, sesso, tradimento, personaggi che abbiamo amato (da Brigitte Bardot, dipinta come una donna triste, schiavizzata dal suo mito, al contrario della solare Sophia Loren, a Pier Paolo Pasolini, che Aspesi bistratta in un’intervista del 1973 in cui lui definisce il femminismo “un’esigenza di mediocrità”).
Iniziamo a chiacchierare. E partiamo malissimo. Aspesi vede il mio bloc notes e il mio registratore e mi dice, scuotendo la testa, che in 50 anni di carriera non ha mai registrato niente.
Ma come ha fatto a non perdere neanche una parola?
«Ne ho perse un sacco, di parole. Ma chi se ne frega. Se sei impegnata a scrivere, il cervello coglie il senso di ciò che si sta dicendo. Certo, poi può succedere quel che è successo a me, a Londra. Intervistavo una gran dama inglese che mangiava le parole. Due o tre volte le ho chiesto di ripetere, poi ci ho rinunciato. Mentre lei parlava io mi guardavo intorno, annotavo quel che vedevo nella casa, sul tavolo... Al ritorno scrivo il pezzo. Dopo un po’ mi arriva una sua lettera entusiasta: diceva di non aver mai letto un’intervista così fedele al suo spirito».
Il libro inizia con Luchino Visconti e finisce con Fabrizio Corona. È tra questi due estremi che si gioca il percorso del sottotitolo, “dai costumi ai malcostumi”?
«Il malcostume d’oggi è più vistoso di quello d’un tempo. Ma io ho fiducia nella bizzarria degli italiani. Non mi stupirei se, d’improvviso, diventassero tutti probi, educati...».
La moda: quanto ha liberato la donna e quanto, invece, l’ha resa schiava?
«La moda è sempre stata costrittiva. Un tempo c’era il vitino di vespa, oggi c’è il tacco a spillo. Col tacco ti rompi le gambe, con la vita stretta avevi altri disagi. Ma sono ben altre le cose che ci imprigionano, per esempio il concetto che esisti solo se appari. In televisione è una legge ferrea che vale soprattutto per le donne. Per questo è importante il messaggio che mandano le ministre del governo Monti: esisto anche se non appaio bellissima e magrissima».
Ha spesso bacchettato gli stilisti a causa di certe volgarità o di eccessive stravaganze. Qualcuno si è lamentato?
«No, con me sono sempre stati tutti cortesi. Per ogni schiaffo che ho dato ho ricevuto un mazzo di rose o una bella pianta. A loro forse interessa più di tutto essere citati».
Non si è fatto vivo neanche Yves Saint Laurent dopo l’articolo in cui lei definiva la megafesta per il suo ritiro dalla moda “un funerale di Stato alla presenza del compianto stesso”?
«Sì, lui mi ha chiamato. Ma per dirmi che voleva regalarmi un suo disegno».
A proposito di funerali: scrive che sono diventati degli show.
«La tendenza è trasversale, non riguarda solo le persone famose come Lady Diana o Marco Simoncelli. Anche il funerale più modesto, oggi si conclude con un battimani. Ma a chi? Al cadavere? Ma daiiii... Io concepisco che ci siano, ai funerali, solo due cose. Accoglienza piena di malinconia. E gioia perché hai dei bei ricordi da condividere con quelli che restano. E allora magari offri da mangiare e da bere agli amici. Comunque io non voglio niente di tutto questo. Voglio essere cremata e che le mie ceneri finiscano prima in un sacchetto e poi disperse in campagna. La verità è che solo alle pochissime persone che lo hanno amato dispiace davvero che il morto sia morto».
Il gossip. I siti web gestiti da maschi, vedi Dagospia. I giornali rosa diretti da uomini: il pettegolezzo oggi è più maschile?
«Noooo. Sto leggendo un libro sulla corte di Carlo II d’Inghilterra, parliamo della metà del ’600. Bene, anche allora si viveva di pettegolezzi, anche allora la maldicenza era il centro assoluto della conversazione. Per uomini e donne, indifferentemente. Come oggi».
Chirurgia plastica: ne ha sempre scritto e ha sempre ammesso di essersi ritoccata gli occhi. Una delle poche...
«Avrei fatto volentieri qualcosa anche sul corpo, ma avevo troppa paura. Lì ci vuole un’anestesia forte».
Perché dice sempre che invecchiano solo le donne belle?
«Vero. E lo sperimento su di me, che non sono mai stata bella. Non avendo mai fermato il traffico, non subisco più di tanto l’oltraggio del tempo. Non sono tanto più brutta di quello che ero anni fa. Sono solo un po’ più vecchia. Le belle, invece, quelle sì che diventano delle altre persone».
Camilla Cederna e Oriana Fallaci. Chi stimava di più?
«La Fallaci ha incontrato personaggi molto importanti, nessuno lo nega. Ma la vera grande giornalista è l’altra. Le sue inchieste, lette oggi, sono ancora attuali e le puoi consultare per avere notizie, opinioni, interpretazioni. Tutta sostanza, insomma, e poche parole al vento. Nel mio archivio avevo tanti pezzi dell’una e dell’altra collega. Poi, durante l’ultimo trasloco, ho deciso di separarmi da quelli dell’Oriana...».
Si tramanda di un vostro incontro in Vietnam...
«Mi avevano spedito in fretta e furia a Saigon, sul finire della guerra del Vietnam, nel ’75, per sostituire un collega del Giorno, nonostante non mi occupassi di esteri. Non sapevo neanche dove fosse quel Paese, e non avevo avuto tempo di leggere niente. Appena arrivo, incontro l’Oriana. Mi chiede dove si trova un fiume dal nome impronunciabile. Le rispondo che, boh, non ne ho la più pallida idea. Non l’avessi mai detto! Mi fece una scenata pazzesca, dicendo che era una vergogna che mandassero gente come me a fare l’inviata di guerra».
E lei cos’ha risposto?
«Che aveva ragione, ed era peggio per me».
Si occupa anche di critica cinematografica e ha scritto di televisione. La fiction più... moderna?
«Sex and the City. Perfetta. È la prima che ha descritto la donna di oggi come è veramente. Per anni ho visto Beautiful. Mi è piaciuto anche Il trono di spade, con le sue truculente teste mozzate. La sera aspettavo che il mio compagno andasse a letto, e poi me la vedevo in santa pace».
Cos’ha imparato in 17 anni di “posta del cuore”?
«Che non cambiano mai i sentimenti, ma il modo in cui entrano in scena. Cose che restano uguali? L’amore non resiste, dopo un po’ finisce. Cose che sono cambiate? Un tempo le donne volevano un marito a tutti i costi, oggi vogliono l’autonomia economica. Cose che cambieranno? Con la crisi si divorzierà sempre meno».
Sono sempre più le donne a tradire. Come reagiscono i maschi?
«Penso tutto il contrario, lei si fida troppo dei sondaggi. Le donne hanno sempre fatto le corna al marito. Anche perché, un tempo, l’adulterio scattava con il vero amore. Il coniuge era l’uomo che dovevi sopportare. Oggi le donne tradiscono meno. Perché devono lavorare, badare ai figli, fare la spesa. Vedo mia nipote, che abita in questo palazzo: ha un figlio di cinque anni, rincasa tardi la sera e si mette a cucinare. Quando la incrocio sulle scale e le chiedo se, almeno, ha un amante, lei mi risponde: “Ma chi ce l’ha il tempo?”».
Ma insomma, l’amore quanto dura?
«La passione sessuale poco. Ed è per questo che i matrimoni di oggi sfioriscono presto: perché sono fondati sul sesso e sulla convinzione che il matrimonio deve coincidere con l’amore eterno. Invece per le unioni di una volta il sesso non era così importante. Per quello c’era l’amante...».
Ricorda ancora il suo primo pezzo?
«Sì, era per La Notte ed era dedicato a una mostra di cani, a Bellagio. È stato lì che ho capito che mi piaceva vedere e raccontare, vedere e raccontare... Sono grata a questo mestiere perché, prima di farlo, ero una persona timida. Poi, soprattutto grazie alla cronaca nera, ho smesso di esserlo».
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