Fotogallery Miguel Bosé: «Ho indossato tacchi a spillo e fatto due figli con una madre in affitto. Che ci crediate o no, sono un padre severissimo!»
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«Certo che la mia vita è cambiata da quando sono diventato papà. A cominciare dall’agenda, che si è svuotata: per parecchio tempo non mi sono mosso da Madrid e ora la sera non esco più. Ma non so quanto durerà...». Miguel Bosé non è portato per la clausura.
«Certo che la mia vita è cambiata da quando sono diventato papà. A cominciare dall’agenda, che si è svuotata: per parecchio tempo non mi sono mosso da Madrid e ora la sera non esco più. Ma non so quanto durerà...». Miguel Bosé non è portato per la clausura.
Si è preso un periodo sabbatico per i suoi due gemellini, Diego e Tadeo, che hanno 18 mesi, e adesso è tornato in pista, cercando di bissare il successo dell’album Papito (250 mila copie vendute in Italia) con la seconda puntata, Papitwo (Carosello Records).
La formula è identica: una raccolta di duetti con brani inediti e rivisitazioni delle sue hit più famose.
Tra le voci che il nuovo disco ospita, ci sono anche quelle di Penélope Cruz, Tiziano Ferro, Jovanotti.
Come ovvia conseguenza, l’agenda di Bosé si è riempita (avevate dubbi?) fino al collasso: da oggi a Natale, lo aspetta la promozione in Argentina e una prima serie di concerti in Messico, Paese dove fa il vocal coach nella versione sudamericana del talent show The Voice.
La sua valigia è pronta e il passeggino doppio pure: «Diego e Tadeo vengono con me, anche in capo al mondo. Sono la cosa più importante che ho e non me ne voglio separare», dice il cantante 56enne. «Ai figli bisogna dare prima di tutto amore e poi insegnare la disciplina. Solo un’educazione ferrea farà in modo che un domani abbiano gli artigli per domare la vita».
Miguel Bosé è un padre autoritario?
«Ha presente lo slogan del metodo Montessori: “Lasciate che i bambini si esprimano”? Ecco, ci credo fino a un certo punto. Diego e Tadeo devono giocare, ma anche andare a letto all’ora giusta. Devono obbedire. Quando avranno 18 anni potranno fare di testa loro. Soltanto, però, se sono fuori dalla casa del papà: sotto il mio tetto si fa come dico io, sempre».
Lei, però, a 4 anni è stato portato da Picasso a lezione di danza e in seguito, quando era ragazzo, ha studiato balletto: tutto questo contro la volontà di suo padre...
«Ho avuto un’educazione molto rigida, che è stata la base su cui ho costruito tutto. Nella mia famiglia non ci sono stati consigli per me, si usavano poche parole perché contavano i comportamenti, gli esempi da seguire. Ero l’unico figlio maschio di un torero dal carattere duro e intransigente (il mitico Dominguín, 2.000 tori ammazzati e 143 cicatrici sul corpo. Fu lui che proibì categoricamente all’adolescente Miguel di accettare l’offerta di Luchino Visconti di interpretare Tadzio nel film Morte a Venezia, ndr), da lui ho ereditato la forza del mastino. Mentre mia mamma, Lucia, ha il dinamismo di un labrador. Il campione della corrida e l’attrice milanese, ecco il mio pedigree».
Lucia Bosé per noi italiani è un’icona: come ha reagito quando ha saputo di avere altri due nipotini?
«È felice, passa molto tempo con noi e fa la nonna a tempo pieno. Le mie due sorelle all’inizio erano un po’ gelose: quando sono nati i loro figli, nostra mamma non si faceva vedere spesso, era distaccata. Gliel’ho fatto notare e mi ha risposto: “Una diva non può diventare nonna a 55 anni. È un’offesa. Solo ora che ne ho 81 posso dedicarmi ai nipoti”».
Luchino Visconti come padrino di battesimo, Picasso ed Hemingway ospiti fissi alle cene dei suoi: sono queste le figure che hanno popolato la sua infanzia...
«Ricordo anche le persone normali, come il mio professore di latino. E una contadina che lavorava a casa nostra e che mi diceva: “A tutti tocca servire gli altri prima o poi, e allora meglio farlo con allegria”. Una frase che mi è stata più utile di 500 libri, con la gente comune spesso s’impara più che a scuola. Mio padre mi ammoniva: “Tu avrai un’istruzione privilegiata, ma non perdere di vista la strada, cresci anche lì e capirai tante cose della vita”».
Che cosa prova quando si rivede sulle copertine dei suoi vecchi dischi, un sex symbol di cui persino Andy Warhol aveva fatto il ritratto?
«Nessuna nostalgia, perché subito mi torna in mente che folle tsunami sono stati quegli anni. Dovevo surfare su un’onda sempre più alta. Mi basta e avanza, se ci ripenso mi sento un sopravvissuto. Oggi non ho paura di invecchiare. Posso aggiungere un commento su Andy Warhol, visto che l’ha nominato?».
Prego.
«Era un insetto. Con una grande consapevolezza del potere del marketing: nulla in lui era spontaneo».
Veniamo al presente: è impossibile non parlare della crisi economica che sta mettendo in ginocchio la Spagna...
«Che tristezza quando i giovani scoprono di non avere un futuro per colpa di una classe politica incompetente. Credo che la situazione nel mio Paese sia ancora più brutta di quello che ci raccontano. Oggi i cittadini vengono ricordati solo quando ci sono le elezioni».
È deluso anche dal successore di Zapatero, il primo ministro Mariano Rajoy?
«Rajoy non è un leader. Parla, pensa, si veste e cammina come un prete».
Penélope Cruz, invece, non l’ha delusa nel duetto del disco. Ha una bella voce?
«È dotata di timbro e interpretazione. Ci conosciamo da 24 anni, doveva già entrare nel progetto di Papito, poi non ha partecipato perché stava girando due film. In Papitwo non poteva mancare. Eravamo a cena a casa sua, abbiamo preso le chitarre e abbiamo iniziato a suonare un inedito di suo fratello Eduardo, Decirnos adiós. Era perfetto».
Anche Javier Bardem, suo marito, si è messo a cantare con voi quella sera?
«Certo. Javier diventa più bello quando canta... Fa meno paura!».
Lo sa che un’altra sua amica di lunga data, Amanda Lear, ha di recente dichiarato in una trasmissione televisiva che le ha “strappato” la verginità?
«Non voglio smontare le convinzioni di Amanda...».
Ci racconti almeno com’è nato il “colpo di fulmine” della vostra amicizia.
«In qualche modo è stato Salvador Dalí a farci incontrare. Ero su una barca di un amico di famiglia e lei arrivò a nuoto dalla spiaggia. Era in topless, aveva sulla testa una corona di spine e il pittore surrealista le aveva dipinto due uova fritte sulle palpebre. Quando è salita sulla barca, ha iniziato a sbattere le palpebre e ha detto: “El señor Dalí è lieto di invitarvi a pranzo...”».
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