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Lifestyle

Matteo Garrone: «L’ansia da prestazione? L’ho messa ko»

Home » Lifestyle » Interviste » Matteo Garrone: «L’ansia da prestazione? L’ho messa ko»

Matteo Garrone: «L’ansia da prestazione? L’ho messa ko»

foto di Simona Coppa Simona Coppa — 27 settembre 2012

Fotogallery Matteo Garrone: «L’ansia da prestazione? L’ho messa ko»

  • Matteo Garrone Matteo Garrone Matteo Garrone nasce a Roma il 15 ottobre 1968.
  • Matteo Garrone Matteo Garrone Dopo il diploma al liceo artistico nel 1986 lavora come aiuto-operatore, per poi dedicarsi a tempo pieno alla pittura.
  • Matteo Garrone Matteo Garrone Nel ‘96 vince il Sacher d'Oro con il cortometraggio “Silhouette”, che l'anno dopo diventa uno dei 3 episodi del suo primo film “Terra di mezzo”.
  • Matteo Garrone Matteo Garrone Nel ’96 gira a New York “Bienvenido espirito santo”, documentario sul pentecostalismo, e nel ’98 “Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni”.
  • Terra di mezzo Terra di mezzo Il suo primo film da regista è “Terra di mezzo”, che gira nel 1996.
  • Estate romana Estate romana Il 1998 è l’anno del secondo lungometraggio dal titolo “Ospiti” mentre nel 2000 gira “Estate romana” (nella foto).
  • L’Imbalsamatore L’Imbalsamatore Il successo di critica arriva nel 2002 con “L'imbalsamatore”, con cui si aggiudica il David di Donatello per la migliore sceneggiatura.
  • Primo amore Primo amore Nel 2004 dirige il film “Primo amore”.
  • Gomorra Gomorra Nel 2008 esce nei cinema “Gomorra” tratto dal libro-inchiesta di Roberto Saviano. Il film consacra definitivamente il regista.
  • Matteo Garrone Matteo Garrone Nel 2008 esce nei cinema “Gomorra” tratto dal libro-inchiesta di Roberto Saviano. Il film consacra definitivamente il regista.
  • Tony Servillo in “Gomorra” Tony Servillo in “Gomorra” “Gomorra” riceve riconoscimenti di miglior film, regia, sceneggiatura, fotografie e interpretazione maschile agli European Film Awards.
  • Gomorra Gomorra Il film riceve anche una nomination al Golden Globe.
  • Reality Reality Nel 2012 dirige il film “Reality”.
  • Matteo Garrone Matteo Garrone Con “Reality” vince nuovamente il Grand Prix al Festival di Cannes del 2012.
  • Matteo Garrone e la moglie Nunzia Matteo Garrone e la moglie Nunzia Sua moglie si chiama Nunzia (nella foto).
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È così timido che bisogna stanarlo («Nelle interviste faccio solo danni...»). Matteo Garrone, a cinque anni da Gomorra, torna con Reality, commedia impietosa sulla tv dei “grandi fratelli”. «Nei miei film, di solito comincio ridendo e finisco in lacrime». Come è andata questa volta? Preparatevi a tutto…

È così timido che bisogna stanarlo («Nelle interviste faccio solo danni...»). Matteo Garrone , a cinque anni da Gomorra, torna con Reality, commedia impietosa sulla tv dei “grandi fratelli”. «Nei miei film, di solito comincio ridendo e finisco in lacrime». Come è andata questa volta? Preparatevi a tutto…

Dal festival di Cannes ho scritto, a suo tempo, su Grazia.it un post che cominciava così: «Voglio la Palma d’oro per Reality» .
Il film di Matteo Garrone mi è piaciuto. E molto.
Perché? Tanto per cominciare per la storia che racconta, quella di Luciano, pescivendolo di Napoli, sposato con tre figli, tanti zii e tanti cugini.
Un giorno partecipa per caso al casting del Grande fratello, si convince di essere stato selezionato e da quel momento va lentamente (e inesorabilmente) fuori di testa.
Del film mi ha sorpreso l’inizio: una carrozza d’oro trainata da due cavalli bianchi, identica a quelle delle fiabe, porta una coppia di sposi in una villa affittata per il pranzo nuziale con gran finale di colombe che prendono il volo dalla torta a tre strati.

Sono impazzita per i bambini (i figli di Luciano): le due femmine - con cerchietti, braccialetti, magliette con fiorellini e strass - e il maschio sempliciotto (quando mai si è visto il contrario?). Tutti e tre così simpatici che te li porteresti a casa al volo.
Mi è piaciuto il protagonista, interpretato da Aniello Arena (in questo momento sta scontando l’ergastolo nel carcere di Volterra) e sua moglie (l’attrice è Loredana Simioli), che lo ama come solo le donne sanno fare. E mi ha incantato Napoli, «dove passato remoto e presente convivono mescolati ad altre contraddizioni», come dice Garrone.

Da quel famoso post è passata l’estate e, nell’ordine, è successo che: 1. Reality a Cannes non ha vinto, ma si è aggiudicato il Grand prix della giuria. 2. Matteo Garrone ha partecipato all’ultima Mostra del cinema di Venezia come giurato. 3. Il suo film arriva ora nei cinema (lo vedrete dal 28 settembre). 4. Finalmente sono riuscita a intervistare il regista, visto che al Lido non ha voluto dire neanche una parola.

L’appuntamento è nel suo studio, vicino a Cinecittà: ci si arriva attraversando cortili vuoti, edifici abbandonati, vialetti verdi e, infine, salendo una scala di cemento abbastanza ripida.
Questo luogo è un po’ surreale, proprio come il film. Garrone mi aspetta sulla porta: pantaloni larghi al ginocchio e piedi nudi.
Un look così casual non può che essere segnale di disponibilità, apertura, voglia di raccontarsi. Almeno così voglio sperare, dato che ho a che fare con uno dei personaggi più timidi in circolazione…

Regista, sceneggiatore, produttore: ha mai pensato di fare l’attore?
«No, non credo di essere portato».

A volte la recitazione funziona come terapia contro la timidezza...
«È vero, molti bravi attori sono degli introversi nella vita. Ma io sto bene così, al di qua della telecamera».

E durante le interviste come sta? Soffre?
«Il punto è un altro. Ha presente quando si dice che un attore buca lo schermo? Ecco, io sono esattamente l’opposto. Quando uno parla del suo film dovrebbe trasformarsi in un abile venditore per convincere gli spettatori... Ecco, io ottengo l’effetto contrario! Quindi è meglio che stia zitto. Ma c’è dell’altro. Parte del mio lavoro sta nell’osservare la gente senza che se ne accorga. Come può ben capire, se divento “famoso” e riconoscibile, per me è finita. Insomma, ho ragioni serie che vanno oltre l’aspetto emotivo per sottrarmi alle interviste...».

Come mai ha scelto un ergastolano, Aniello Arena, come protagonista del suo film?
«Ho la fama di lavorare con persone prese dalla strada, mentre nella maggior parte dei casi si tratta di attori di teatro che però nessuno conosce. Anche Aniello è un attore di teatro, l’avevo visto recitare a Volterra, nella Compagnia della Fortezza, e l’avrei voluto anche nel cast di Gomorra, ma allora il magistrato non aveva dato parere favorevole. Neanche questa volta è stato facile, si temeva troppo il ritorno mediatico».

Che i media ne parlino è inevitabile...
«Certo, il protagonista ergastolano fa notizia. Potrei rispondere che credo sia giusto dare la possibilità a chi ha sbagliato di reinserirsi nella società, di trovare un lavoro, una passione. Ma non voglio cadere nelle trappole della retorica. Perciò, dico che Aniello studia recitazione da 12 anni e che io ho scelto l’attore non il detenuto: avevo bisogno di una faccia come la sua, non facile da trovare. Tra Pulcinella e Totò, De Niro e Sylvester Stallone».

Come vive il suo successo?
«Pasolini diceva che la notorietà è l’altra faccia della persecuzione. Ti può aiutare a realizzare i tuoi progetti oppure allontanarli, com’è capitato a me. Ho vissuto il successo di Gomorra, ho girato il mondo per presentarlo (è stato venduto in 60 Paesi) e poi mi sono perso... Ci ho messo anni a girare un altro film. Perché la fama ti destabilizza, comunque».

Qual era il problema? Qualcosa di simile al foglio bianco per lo scrittore?
«Da una parte è scattata l’ansia da prestazione, volevo fare qualcosa di ancora più forte e nessuna storia mi sembrava all’altezza. Sbagliavo, adesso lo so. Per sbloccarmi a un certo punto mi sono detto: “Parto da una piccola cosa, senza ambizioni. Giusto per ritrovare il piacere di fare cinema, la libertà espressiva di un tempo e anche la voglia di divertirmi”. Reality è nato così, da un racconto. Strada facendo è diventato un romanzo».

Questo è il suo primo film da ridere? Che poi tutto da ridere non è...
«No. C’era stato Estate romana, un omaggio al lavoro di mio padre (il critico teatrale Nico Garrone, ndr) sul teatro d’avanguardia, l’ho girato e prodotto prima dell’Imbalsamatore. Parla di una diva del palcoscenico che torna a Roma dopo 20 anni per cercare i suoi vecchi amici: una commedia con diversi spunti divertenti che mi sono tornati utili per Reality. Io, comunque, metto l’ironia in tutti i miei film, ci sono scene che prese singolarmente fanno ridere, poi le unisci e diventano un’altra cosa. Come un quadro: mentre lo dipingi vedi un colore per volta, ma soltanto da un certo punto del lavoro in poi vedi il tutto. Il tono di un film dipende da un’alchimia che è difficile prevedere… Di solito, va a finire che i miei si “scuriscono”, parto ridendo e finisco piangendo. Con Reality sono partito con una commedia».

La sua seconda grande passione è la pittura. Ci si dedica ancora?
«Ho smesso nel ’95, quando ho cominciato a lavorare al mio primo film. Per me dipingere è un percorso, non riesco a interromperlo e riprenderlo solo nel weekend. Chissà, forse un giorno ricomincerò, non lo so».

Com’era lei da ragazzino? Direi malinconico, oppure mi sbaglio ed era, invece, vivace?
«L’uno e l’altro».

Adesso, dopo “Reality” quali sono i suoi progetti? Si prenderà un’altra pausa?
«Farò un film, quasi subito. Io vengo dallo sport, dal tennis agonistico: tornare a girare significa rimettersi in forma e certe cose poi vengono automatiche, come i colpi di racchetta. Ma se ti fermi, poi fai una fatica...»

© Riproduzione riservata

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