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Grazia

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Lifestyle

Matt Damon: «Cinque ragazze per me…»

Matt Damon: «Cinque ragazze per me…»

foto di Carlo Bizio e Giuliana Cillario da Los Angeles Carlo Bizio e Giuliana Cillario da Los Angeles — 20 Febbraio 2014

Fotogallery Matt Damon: «Cinque ragazze per me…»

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  • Matt Damon Matt Damon L’attore Matt Damon
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George Clooney lo prende in giro perché è un “bravo ragazzo”. E lui racconta a Grazia che cosa vuol dire vivere con tante donne. Problemi (a tavola) compresi

Di persona Matt Damon più che a Jason Bourne, il sicario che ha impersonato più volte al cinema, assomiglia a un impiegato di banca seppure muscoloso.
Occhiali alla Clark Kent, capelli ordinati con la riga a destra, maniere da bravo ragazzo (ha 43 anni, ma ha quel tipo di faccia da eterno liceale): ci convince senza fatica di essere, come dicono di lui in America, “the real thing”,  “uno vero”.

Lo incontriamo in una suite dell’Hotel Four Seasons di Beverly Hills: maglionicino celeste a V, jeans, mocassini, molto casual. Sorride, stringe la mano, è disponibilissimo a parlare di qualiasi cosa e a rispondere a tutto. Soprattutto, cosa insolita per una star di prima grandezza come lui, della famiglia.
Matt, come racconta ridendo, vive circondato da donne. Cinque per la precisione. La moglie, Luciana Barroso, 37 anni, argentina, decoratrice d’interni conosciuta nel 2003 in un locale di Miami dove lei lavorava come barista; le loro tre bambine, Isabella di 7 anni, Gia di 5 e Stella di 3; e Alexia, la figlia quattordicenne avuta da Luciana in una precedente relazione. E la numerosa compagnia è reduce da un trasloco: «Ci siamo appena trasferiti da New York a Los Angeles. È stato bello occuparmi della casa, che al momento è ancora un po’ sottosopra: per esempio non ho ancora sistemato i miei libri. Sto cercando di abituarmi alla nuova routine: la mattina porto le figlie a scuola e nel pomeriggio trascorro molto tempo con loro, aiutandole anche a fare i compiti. Non abbiamo baby-sitter a tempo pieno, come tanti altri miei colleghi. Per me e mia moglie Luciana avere una vita familiare normale e stabile era una prerogativa assoluta. E per adesso ci stiamo riuscendo».  

Matt Damon è talmente preso dal suo ruolo di padre di famiglia che con il suo vecchio amico Ben Affleck (Oscar assieme a lui per la sceneggiatura di Will Hunting - Genio ribelle nel 1998) sta iniziando a produrre una sitcom televisiva intitolata non a caso More Time With Family, “più tempo con la famiglia”. La storia di un attore famoso che mette la carriera da parte per dedicarsi di più a moglie e figli. Insomma, la storia di Damon, che dopo il suo tour in giro per il mondo per promuovere Monuments Men, diretto da un altro suo grande amico, George Clooney, non nasconde di vorlersi regalare un po’ di vita casalinga con le sue donne.

Come è cambiata la sua vita dal 2006, dalla nascita della sua primogenita, a ora?
«Enormemente. E avere tre figlie, quattro con Alexia, ha tirato fuori il mio lato femminile, dolce e direi quasi materno, di cui non avevo alcuna idea prima. E mi sembra di aver acquisito altre dimensioni come uomo e come attore. Non credo che avrei potuto interpretare il ruolo dell’amante gay di Liberace nel film Dietro i candelabri con Michael Douglas, e  lasciarmi andare a tutta quella femminilità. Mi piace stare con le bambine, scoprire giorno per giorno l’universo femminile. Sono creative, disegnano, ballano, fanno recite, si truccano, si travestono: è sempre una festa con loro, non stanno ferme un attimo. E mi coinvolgono in tutto quello che fanno».

Nessuna controindicazione?
«Be’, a volte può essere pericoloso: per esempio mi tocca spesso mangiare roba che non vorrei e che a un salutista come me, uno che cerca di stare in forma e che sceglie cibi sani, non fa bene. Oltretutto io tendo a ingrassare con facilità e, come se non bastasse, se metto su pancia loro ridono di me».

Anche il suo amico d’infanzia Ben Affleck è diventato padre. Vi vedete spesso?
«Non quanto vorremmo. Ma le nostre mogli sono amiche, per fortuna, e i nostri figli si trovano benissimo insieme. Con Ben vorremmo avere il tempo di sederci con calma e scrivere qualcosa insieme per il cinema, ma al momento siamo troppo impegnati su altri fronti».

Allora si rifà con George Clooney?
«George non mi molla un attimo. In ogni film che fa ci infila un personaggio a mia immagine e somiglianza. Sul set mi prende sempre in giro, si diverte a perndermi in giro con la storia che “Matt è un bravo ragazzo” e così via. Insomma, una palla. Ma a parte questo c’è un’ottima intesa tra di noi, ci capiamo al volo. Viene spesso a casa nostra e le figlie lo chiamano “zio George”. Lui fa il disinvolto, ma si che vede che gli fa piacere».

Sua moglie non è un’attrice: com’è il vostro rapporto?
«Essermi innamorato di una “civile”, come diciamo scherzosamente qui a Hollywood,  mi ha aiutato a tenere i piedi per terra. È lei che mi fa vedere le cose in modo diverso. Mi sta insegnando a ballare il tango. Ma io non sono esattamente disinvolto…».

Lei è molto impegnato socialmente in campagne a favore dell’acqua pulita nei Paesi del Terzo mondo.
«Certo. Sono stato in varie nazioni africane, in India, Bangladesh, Brasile e Perù. Con l’organizzazione Water.org cerchiamo di portare acqua potabile in zone remote e povere del pianeta e abbiamo messo a punto un sistema di microprestiti per aiutare gli abitanti di questi luoghi. Sono progetti nei quali credo molto, e che talora finanzio io stesso, di tasca mia. Di recente ho girato degli spot per la Nespresso con George Clooney e ho devoluto tutto il mio compenso a Water.org, come faccio abitualmente in questi casi. Mi sembra l’unico modo giusto per fare pubblicità. E ne approfitto anche per passare un po’ di tempo con George».

In Monuments Men lei interpreta uno degli agenti americani alla ricerca di tesori dell’arte trafugati da Hitler. Conosceva questa storia?
«No. Non avevo idea delle dimensioni di quei furti, né sapevo dell’esistenza dei Monuments Men. Uno di loro è ancora vivo: ma non l’ho incontrato. George ci teneva a mantenere un certo livello di fiction e assicurarsi la libertà di raccontare una storia senza rimanere troppo attaccati alla realtà. Il film racconta di una storia vera, ma non è un documentario».

Che cosa farà ora che è tornato a Los Angeles, oltre a occuparsi delle sue donne?
«Dedicherò un po’ di tempo anche a me stesso. Con qualche passeggiata o giro in bicicletta».

Non si è appena rotto una clavicola proprio cadendo dalla mountain bike?
«Sì, ma sono guarito completamente, anche se ci sono voluti vari mesi di fisioterapia. Con tutte le scene pericolose che ho fatto per i  film d’azione dovevo cadere e rompermi proprio nel mio tempo libero! Ma mi piace troppo andare a pedalare per le montagne di Santa Monica, vicino a dove viviamo, a Pacific Palisades. È stata una scoperta bellissima: me ne vado da solo per sentieri dove non c’è anima viva e mi piace ritagliarmi questi momenti di comunione quasi spirituale con la natura».

E le sue figlie che dicono?
«Lo faccio di mattina, quando loro sono a scuola».

A quanto pare, anche i “padri perfetti” come Matt Damon hanno bisogno di qualche momento di libertà.

© Riproduzione riservata

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