Fotogallery Maria Grazia Cucinotta: una siciliana in Cina
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È partita dalla sua isola con la valigia di cartone e ha conquistato Hollywood. Poi è tornata in Italia per amore. E adesso Maria Grazia Cucinotta fa la spola con Pechino e Shanghai, mentre sta per uscire il suo nuovo film La moglie del sarto
Mentre sta per tornare sullo schermo come protagonista di un film, La moglie del sarto (nelle sale l’8 maggio), vado a trovare Maria Grazia Cucinotta per chiederle cosa l’abbia spinta ultimamente a mettere da parte la carriera di attrice per lavorare dietro le quinte: i film ormai preferisce produrli.
A dire la verità non è la prima volta che “cambia vita”. Quando Hollywood era innamorata di questa “cenerentola” siciliana tutta ricci e grandi forme, e lei stessa aveva preso casa negli Stati Uniti, ritrovandosi sui set con Woody Allen, Sharon Stone, Álex de la Iglesia, Anthony Hopkins, a un certo punto decise di tornare a Roma dal marito Giulio Violati, rampollo di una dinastia d’imprenditori, e di fare la mamma.
Oggi sua figlia Giulia ha 12 anni. Dopo il mestiere di genitore si è lanciata in una nuova sfida, si è messa a fare la produttrice sobbarcandosi responsabilità, stress, rischi. Ha realizzato otto film, uno dei quali in Cina, un Paese «ricco di potenzialità», mi spiega con entusiasmo quando ci incontriamo nella sua casa affacciata sulla Cupola di San Pietro. Ma il vecchio amore per il set ogni tanto riaffiora e in La moglie del sarto, diretto da Massimo Scaglione, Maria Grazia interpreta una sensuale e grintosa matriarca siciliana che sfida i politici corrotti, non rinuncia al sesso e compie, per amore della figlia, un gesto estremo.
«Il mio personaggio combatte come una leonessa i pregiudizi contro le donne. Il film è ambientato nel 1960 ma oggi non è cambiato niente», s’infervora Maria Grazia, 45 anni, introducendomi in un ampio salone in cui mobili antichi e santi siciliani convivono con un flipper luccicante: «Il mio regalo di compleanno a Giulio», mi spiega. Sono le 9 del mattino e l’attrice, che si alza sempre alle 6 e mezzo, è già in versione glamour: trucco accurato, la pelle bruna levigatissima, chignon, camicia di seta grigio perla, le lunghe gambe fasciate dai jeans.
Mi offre un tè con i biscotti alla mandorla appena arrivati dalla sua Messina (il calcolo mentale delle calorie non m’impedisce di avventarmi sul vassoio), un cane e un gatto si azzuffano allegramente sul pavimento di marmo lucidissimo. Si materializza suo suocero: da quando è rimasto vedovo abita con lei, Giulio e la bambina. «Ciao, nonno», lo saluta Maria Grazia, sussurrandomi: «Siamo felici che stia con noi non potevamo lasciarlo solo dopo tutto quello che ha fatto per la famiglia».
Al piano di sopra c’è la sorella della Cucinotta, che con i primi guadagni ha regalato una casa a ciascuno dei tre fratelli. La mamma, che ha appena perso il marito, per ora rimane a Messina «dove ha il suo mondo e le sue abitudini». Nel corso della nostra conversazione, Maria Grazia mi racconterà la sua vita divisa tra il lavoro, la famiglia che gestisce con piglio manageriale, le decine di progetti umanitari in cui è impegnata (per combattere il cancro al seno, le malattie genetiche e la violenza contro le donne, per assistere i bambini autistici e i malati in stato vegetativo...), le sue paure di madre, i suoi sogni. E la sua lotta caparbia «contro i pregiudizi», un concetto sul quale insisterà a più riprese.
A quali pregiudizi si riferisce?
«Quelli contro le donne . Se facciamo carriera, gli uomini continuano a non considerarci all’altezza e ci rendono la vita difficile. Ma il boicottaggio, mi creda, spesso viene anche dalle donne che non sanno fare squadra».
Parla per esperienza personale?
«È ovvio. Quando ho deciso di fare la produttrice, mi ricevevano solo per curiosità con un sorrisetto scettico: vediamo un po’ che si è messa in testa la Cucinotta... Quando poi si accorgevano che parlavo a ragion veduta, rimanevano sbalorditi».
Voleva dimostrare le sue capacità manageriali?
«Non ho i superpoteri. Ho voluto rimettermi in gioco e fare qualcosa che duri. Con onestà, senza scendere a compromessi».
C’entrano qualcosa le sue origini siciliane?
«Tutta la mia vita è la dimostrazione che puoi farcela anche se vieni dal Sud e da una famiglia umile. Papà era un postino, non avevamo niente e io da ragazzina partii per Milano con la classica valigia di cartone per lavorare nella moda. Ma all’inizio dovevo fingermi tunisina per darmi un’aria esotica: le mie vere origini e l’accento siciliano mi chiudevano ogni strada. Oggi sono orgogliosissima di essere nata in Sicilia».
Per questo continua a parlare con le “e” aperte?
«L’accento fa parte del mio dna, ma ho studiato dizione e se voglio posso toglierlo».
Non rimpiange i fasti da star?
«Fare la produttrice è faticosissimo, devo scontrarmi ogni giorno con i poteri forti del cinema. Ma vuole mettere la gioia di girare il mondo e scoprire la Cina? Laggiù adorano l’Italia e mi considerano una stella di prima grandezza. Ho appena prodotto con i cinesi la commedia romantica C’è sempre un perché, e faccio avanti e indietro con Pechino e Shanghai. Ho ottenuto da sola quello che altri nemmeno si sognano».
Lei lasciò Hollywood al culmine del successo...
«Tornare in Italia, dopo dieci anni, è stato uno choc. Ma io volevo una famiglia e due piedi in una scarpa non si possono tenere. Ho scelto Giulio».
Lui le ha dato l’ultimatum?
«Mio marito non voleva lasciare Roma e anch’io ho preferito che mia figlia crescesse nel nostro Paese dove ti affacci alla finestra e vedi un’opera d’arte (scosta una tenda e appare Castel Sant’Angelo, ndr). L’Italia è magnifica, anche se la burocrazia soffoca qualunque iniziativa: volevo realizzare un’iniziativa di microcredito in Sicilia per aiutare i giovani ma non me lo hanno permesso».
È sposata dal 1995, quasi vent’anni di matrimonio.
«È sempre la donna a tenere in piedi la famiglia. Hocoinvolto Giulio nella produzione e l’ho fatto innamorare della Cina. Il nostro segreto è il buon umore, ci aiuta a sdrammatizzare».
Quindi, mai avuto una crisi di coppia?
“Sì. Come tutti abbiamo avuto delle turbolenze. Ci siamo sposati giovani quando io facevo una vita da zingara e il matrimonio mi terrorizzava. Ma Giulio ha dato prova di grande pazienza. Altro che moglie tradizionale, ho sempre avuto la valigia in mano. Lui ha accettato perfino di venire indicato immancabilmente come “il marito della Cucinotta”. Non tutti ci riuscirebbero».
Come affronta l’adolescenza di sua figlia?
«Giulia è in piena esplosione ormonale. Le parlo, la spingo a confidarmi tutto. Per difenderla dai pericoli di internet ho creato una rete di informazione con le mamme delle sue amiche».
E lei, 45enne, ricorrerebbe alla chirurgia estetica?
«Mai pensato, la natura mi ha dato troppo seno, troppe labbra. Per contrastare il tempo, basta guardarsi poco allo specchio. Non è difficile, con tutto quello che ho da fare».
Dica la verità: non le piacerebbe interpretare un grande film italiano?
«Con De Sica e Antonioni sì, ma non ci sono più. Molti registi di oggi sono misogini. Un piccolo film d’impegno civile, Nomi e cognomi, l’ho girato. Vorrei forse lavorare con Crialese, con Virzì. Cos’altro potrei fare? Tanto più che mi sono imposta dei paletti».
Quali?
«Niente nudo o scene gratuite che sfruttano l’immagine della donna».
Mentre stiamo per salutarci, Maria Grazia mi confida che intende intensificare il suo impegno umanitario: «Vorrei dedicarmi a tempo pieno ai malati che soffrono per colpa degli assurdi tagli alla sanità». Al punto di rinunciare al cinema? «Impossibile, la mia notorietà serve alla causa», risponde con un sorriso. Mi sembra una persona in buona fede, una cenerentola che ha avuto successo ma non dimentica le sue origini. «Vengo dal niente, posso vivere con poco e sono sempre pronta a ricominciare da zero», mi assicura.
Le auguro buona fortuna, anche se so che non ne ha bisogno.
© Riproduzione riservata
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