Fotogallery Louis Garrel: tormentato è bello
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Elegante, misterioso, inquieto. l’attore Louis Garrel è anche un’icona di stile. Infatti posa per Valentino e gira un film su Yves Saint Laurent
È l’uomo con cui tutte le donne vorrebbero trascorrere un weekend a Prigi, l’attore sex symbol del cinema francese. Ma che cosa rende irresistibile Louis Garrel , 30 anni? Glielo chiediamo, ma lui, che è schivo e riservatissimo, elude la domanda.
La risposta è in una dichiarazione della sua fidanzata, l’attrice iraniana Golshifteh Farahani: «Louis è un nome da re. E poi lui è bello, colto e tormentato». Al pubblico piace perché ha l’aria inquieta, la capigliatura ribelle, perché indossa eleganti camicie bianche. È un dandy dallo charme naturale che seduce anche la moda: Valentino l’ha scelto per lo spot del suo nuovo profumo maschile.
Per Garrel il cinema è, da sempre, un affare di famiglia. Prendete il suo ultimo film, La Jalousie, presentato alla Mostra di Venezia e applaudito in Francia lo scorso dicembre (in Italia la data di uscita non è stata ancora annunciata): è la storia di un artista che abbandona moglie e figlia per un nuovo amore. Louis è diretto da suo padre, il regista Philippe, e interpreta un personaggio ispirato a suo nonno, il celebre attore Maurice Garrel. Invece nella pellicola uscita lo scorso novembre, Un castello in Italia, Louis recita a fianco di Valeria Bruni Tedeschi, attrice e regista, sorella di Carla Bruni che, nella vita vera, è stata sua compagna per cinque anni: con lei ha adottato una bambina, Céline.
Carriera e affetti per Garrel s’intrecciano, ed è così da quando aveva sei anni.
Suo padre Philippe nel 2005 gli ha offerto il ruolo di François in Les Amants Réguliers grazie al quale ha vinto un César, l’Oscar francese. Poi è arrivato anche il successo internazionale grazie a Bernardo Bertolucci che l’ha diretto in The Dreamers.
Oggi Garrel è una star che rifugge la mondanità e protegge la sua vita privata.
Ha ragione la sua compagna quando la definisce un uomo tormentato? Tende a complicarsi la vita?
«Sono uno spirito inquieto, lo ammetto. Improvvisamente posso rimettere tutto in questione e chiedermi che senso abbia quello che sto facendo».
È per questo che lavora spesso con chi ama? Per trovare rassicurazioni?
«In genere decido di realizzare un progetto con persone che hanno i miei stessi interessi e affinità. Tra di loro trovo sempre qualcuno che ha più energia ed entusiasmo degli altri e che riesce immediatamente a trascinare il gruppo».
Si è appena lanciato in un’esperienza per lei inedita: diventare il volto del nuovo profumo Valentino Uomo. Come è stato?
«Sono rimasto affascinato dalla relazione tra l’universo della moda e quello del cinema. I direttori creativi di Valentino, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, si sono rivelati particolarmente sensibili a questo connubio artistico. Ho davvero apprezzato il fatto che siano venuti sul set. Sanno esattamente quello che vogliono e a me piace collaborare con persone meticolose che lavorano con precisione ed equilibrio. Li ammiro per questo».
A proposito di moda: lei fa parte del cast del film di Bertrand Bonello su Yves Saint Laurent, che uscirà nei prossimi mesi. Interpreta Jacques de Bascher, un personaggio che Karl Lagerfeld ha definito “il diavolo fatto uomo con un viso da Greta Garbo”. Come è riuscito a entrare in quel ruolo?
«Il copione scritto da Bertrand Bonello potrebbe intitolarsi Vita immaginaria d’Yves Saint Laurent, e in questo contesto Jacques de Bascher si rivela un amante misterioso e appassionato, che inizia Yves a quella che definirei “la decadenza”, forma di dandismo dell’epoca. Il che non deve aver particolarmente giovato allo stilista... Ma si tratta solo di un copione, non dimentichiamolo».
In Un castello in Italia, lei è un attore innamorato di Valeria Bruni Tedeschi. Non la mette a disagio il fatto che lo schermo possa riflettere degli aspetti della sua vita privata?
«All’inizio si tende naturalmente a stabilire un parallelo tra finzione e realtà, tra quello che è vero e quello che non lo è. Ma, a mano a mano che si sviluppa, la storia si trasforma in un materiale puro che l’attore plasma a modo suo. Anche nei film di mio padre si ritrova una buona dose di elementi autobiografici. Eppure non ho mai l’impressione d’interpretare me stesso. È piuttosto l’occasione privilegiata per lavorare con chi fa parte del mio universo affettivo».
Proprio come in La Jalousie, che lei ha definito il più bel film della sua carriera. Perché?
«Se fosse un quadro, sarebbe un acquarello. Ne ha la leggerezza. Mi piace il minimalismo dell’intreccio e l’importanza che conferisce alle cose semplici della vita. Trovo che sia un film tenero. La colonna sonora di Jean-Louis Aubert è bellissima, e delicata come il film».
Lei è figlio d’arte, si sente un privilegiato?
«Mio nonno era un grande attore e mi ha dato molti buoni consigli. In particolare, quello di studiare recitazione per diventare un vero professionista».
Di recente ha lavorato anche in teatro. Che cosa apprezza del palcoscenico?
«Salire su un palcoscenico è una cosa da pazzi. Quando si gira un film, in genere c’è poca gente sul set. A teatro ti ritrovi davanti a 600 persone e ogni sera devi essere all’altezza della situazione. Anche se non sei di buon umore, anche se non te la senti. Non puoi deludere il tuo pubblico, devi prendere le tue responsabilità. Quando funziona, il teatro è un’esperienza esaltante».
Lei parla italiano molto bene: che cosa ama del nostro Paese?
«La cultura, soprattutto quella di strada. È facile comunicare con la gente e se cominci a chiacchierare con uno sconosciuto in un caffè nessuno ti guarda con sospetto. In Inghilterra, per esempio, è impensabile».
Come regista sta realizzando il suo primo lungometraggio. È l’inizio di una nuova fase della sua carriera?
«No, per niente. Non so esattamente dove voglio arrivare quando comincio qualcosa. Ho riunito intorno a me delle persone in cui credo, per poter fare qualcosa di buono. Spero d’aver preso la direzione giusta. E di non perdere mai l’entusiasmo».
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