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Lifestyle

Lino Guanciale: «Per fare l’attore ci vuole il fisico»

Lino Guanciale: «Per fare l’attore ci vuole il fisico»

foto di Angelo Sica Angelo Sica — 3 Novembre 2011

Fotogallery Lino Guanciale: «Per fare l’attore ci vuole il fisico»

  • Lino Guanciale Lino Guanciale
  • Lino Guanciale Lino Guanciale Lino Guanciale sognava di fare il medico, ma durante un laboratorio teatrale nell’anno della maturità cambiò idea e decise di diventare un attore.
  • Lino Guanciale Lino Guanciale Lino Guanciale sognava di fare il medico, ma durante un laboratorio teatrale nell’anno della maturità cambiò idea e decise di diventare un attore.
  • Lino Guanciale Lino Guanciale Lino Guanciale sognava di fare il medico, ma durante un laboratorio teatrale nell’anno della maturità cambiò idea e decise di diventare un attore.
  • Lino Guanciale Lino Guanciale Lino Guanciale sognava di fare il medico, ma durante un laboratorio teatrale nell’anno della maturità cambiò idea e decise di diventare un attore.
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Lino Guanciale esibisce muscoli di tutto rispetto nel nuovo film con Claudia Gerini. Merito di teatro, cinema e tv? «No, del rugby. Mi allenavo con Mauro Bergamasco»

Lino Guanciale esibisce muscoli di tutto rispetto nel nuovo film con Claudia Gerini. Merito di teatro, cinema e tv? «No, del rugby. Mi allenavo con Mauro Bergamasco».

Quando era ragazzo Lino Guanciale voleva fare il medico, come suo papà. Ma qualcosa gli ha fatto cambiare idea, visto che lo incontriamo nel Collegio San Carlo di Modena, dove ha appena finito le prove per la messa in scena delle Leggi di Platone.

AUDIO: ascolta l'intervista a Lino Guanciale

Tra qualche giorno, poi, si trasferirà nel teatro Storchi: dal 9 novembre parte da qui la sua tournée con La resistibile ascesa di Arturo Ui, premiato come miglior spettacolo dell’anno dall’Associazione Critici Teatrali.

Prima che si alzi il sipario di questo testo brechtiano, però, lo vedremo al cinema nel film Il mio domani (nelle sale dal 4 novembre), storia della manager Monica, interpretata da Claudia Gerini (vedi intervista a pag. 54), che interrompe la normalità della sua routine per affrontare le ombre del passato.

Nei prossimi mesi l’attore 32enne tornerà ancora sul grande schermo: nella nuova commedia di Pappi Corsicato Il volto di un’altra, dove è co-protagonista, insieme ad Alessandro Preziosi e Laura Chiatti. E, ancora, in un episodio della nuova pellicola di Woody Allen, Nero Fiddled, titolo che, secondo le ultime notizie, sostituisce quello di Bop Decameron.

Per non farsi mancare nulla, Guanciale fa anche parte del cast di una produzione televisiva, la fiction Una grande famiglia, prodotta dalla Rai e diretta da Riccardo Milani. A conti fatti, nessun rimpianto per aver tradito le orme paterne: «A farmi dimenticare la facoltà di Medicina è stato un laboratorio di recitazione frequentato durante l’ultimo anno delle scuole superiori», racconta Guanciale.

«All’inizio avevo paura che questa scelta avrebbe sconvolto la mia vita. Sono nato e cresciuto ad Avezzano, un piccolo paese in provincia di L’Aquila. Lì le persone si stupiscono meno se dici che da grande vuoi fare l’astronauta piuttosto che l’attore».

Altre rinunce per inseguire il suo sogno?
«Il rugby. Ogni estate, finita la scuola, venivo convocato nei raduni della nazionale under 19. Ricordo che un giorno il preparatore atletico ci chiamò per farci un discorso: era convinto che dal nostro gruppo sarebbe uscita la prima generazione di professionisti (infatti, tra noi c’era il campione Mauro Bergamasco). Ma ci dovevamo impegnare, aveva aggiunto lui. E si rivolse a me: “Per esempio tu, Guanciale, ti devi chiudere in palestra e buttare la chiave”. Da allora smisi drasticamente di allenarmi. Nello stesso periodo scoprii il teatro».

Non ha più toccato il pallone ovale?
«Questo sport è come un virus. La passione è rimasta: appena ho un weekend libero, prendo il treno per seguire le partite della mia ex squadra, l’Avezzano, in serie A. E faccio il tifo per mio fratello, più piccolo di due anni, che per fortuna non ha ancora appeso gli scarpini al chiodo».

Il fisico da atleta, comunque, serve: in “Il mio domani” c’è una parte dove lei e Claudia Gerini siete parecchio svestiti…
«Ero un po’ imbarazzato quando ho letto nella sceneggiatura questa scena di sesso. Ma Claudia è riuscita a darmi tranquillità. Anche se non ci eravamo mai conosciuti, mi ha accolto sul set come se fossi un vecchio amico. Mi ha raccontato dei suoi bambini e di quando ha portato il cane dal veterinario in piena notte... Poi, abbiamo parlato del copione: c’era così tanta familiarità tra noi che ogni scena mi sembrava facile. A dire la verità, c’è anche un’altra immagine di nudo integrale, un po’ adombrato, che ho nel film...».

Lo dice per autocompiacimento?
«Niente affatto. Il mio grado di narcisismo è nella media. Anzi, il mio problema in passato era la timidezza. Ho iniziato a recitare anche per vincere la difficoltà che avevo nel confrontarmi con gli altri».

Allora il ruolo che interpreta è perfetto: si è trovato bene nei panni dell’amante?
«Mi sono sentito così a mio agio che, alla fine, ero un po’ preoccupato. Sono monogamo: il tradimento non fa parte del mio codice genetico. E da qualche anno sono fidanzato con una “collega”». Sto per chiedere chi è, ma lui mi interrompe: «Però preferisco non parlarne».

In “Il volto di un’altra”, invece, lei è un operaio con velleità artistiche.
«Il regista Pappi Corsicato ha segnato la mia adolescenza con film spassosi come I buchi neri e Libera. Sono contento che mi abbia chiamato per quella che considero un’esperienza nuova: se a teatro ho “indossato” tutti i registri, dal drammatico al grottesco, questa è la mia prima commedia al cinema. Mi sono divertito molto. D’altronde, i temi del film sono ad alto tasso di umorismo. A cominciare dalla chirurgia plastica...».

A proposito, lei è a favore o contro il ritocco estetico?
«Il mio naso tira fuori il meglio dai truccatori. Perché dovrei togliere loro la possibilità di far vedere quanto sono bravi?».

E sul set di Woody Allen, com’è andata?
«La cosa incredibile di questo regista è che non lo vedevi mai finché non veniva dato il ciak. Allora si materializzava. Mi dava indicazioni semplici e voleva che mi divertissi mentre recitavo. L’altro aspetto che mi ha sorpreso è come lui discuta con gli attori la parte di sceneggiatura che li riguarda. L’ultima parola è sua, però ascolta sempre l’opinione degli altri».

Le star di Hollywood che ha conosciuto?
«Jesse Eisenberg, Alec Baldwin, Ellen Page, Greta Gerwig. Il bello è che abbiamo capito la trama del nostro episodio solo il primo giorno di riprese, quando ci siamo incontrati tutti insieme. Allen fa leggere a ogni attore solo le battute che gli competono, il copione intero lo tiene chiuso in cassaforte. Forse perché vuole impedire agli attori americani di usare il loro “metodo”, quello di calarsi completamente nel personaggio come se assumessero una nuova identità. In questo modo, riesce a mantenere la leggerezza delle sue storie».

Ha avuto paura di confrontarsi con il cinema americano?
«Non ci crederà, ma Jesse Eisenberg era molto più emozionato. E pensare che lui è stato candidato all’Oscar per il film The Social Network. Io e Jesse ci siamo fatti simpatia a vicenda da subito.  Il più bel regalo che mi sono portato a casa dal set di Nero Fiddled è la sua amicizia».

© Riproduzione riservata

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