Fotogallery Kate Winslet: «Gli uomini non bastano»
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È al terzo matrimonio (e al terzo figlio). Eppure l’attrice inglese dice: «Ho imparato dagli errori e non ho rimpianti». Volete una lezione di autostima? Accomodatevi
Come tante donne, anch’io ho un rapporto speciale con Kate Winslet . Quando l’ho vista in Titanic, i film che l’ha lanciata, ero innamorata persa e mi sono identificata con lei, Rose, che vede morire nell’Oceano il suo bel Jack/Leonardo DiCaprio.
Piangevo come una fontana e sono convinta che le mie prime vere rughe siano nate allora.
Ora quella che ritrovo al Claridge’s Hotel di Londra non è più una ragazza innamorata e sofferente, ma una donna di 37 anni elegante, sicura di sé e senza rughe. Ma dovevo aspettarmelo: è che è qui a Londra in veste di ambasciatrice Lancôme per il siero Rénergie Multi-Lift Reviva-Plasma.
Ma Winslet ha anche un altro motivo per apparire radiosa: è incinta.
Aspetta il terzo figlio dal suo terzo marito, l’uomo d’affari Ned Rocknroll e, dati i precedenti del partner con l’anagrafe (il suo vero nome è Ned Abel Smith, ma l’ha cambiato perché
non gli sembrava abbastanza divertente), l’attrice ha deciso che il nascituro porterà il suo cognome: Winslet. In fondo, ha fatto lo stesso anche per la primogenita Mia (12 anni, avuta dal primo marito, il regista James Edward Threapleton) e Joe (9 anni, nato dal secondo matrimonio con il regista Sam Mendes).
Signora Winslet, aspetta un maschio o una femmina?
«Non lo so. E non lo voglio sapere».
È un costume britannico quello di non indagare sul sesso dei nascituri? Neppure il principe William e Kate Middleton hanno voluto troppi dettagli...
«No, non ci credo. Secondo me lo sapevano».
Che cosa fa davvero felice una donna? Un figlio?
«Dipende dalle circostanze vita, ma credo che per essere felici si debba partire da se stesse. Noi donne, soprattutto quando siamo più giovani, guardiamo a un uomo o a una relazione sperando che ci appaghino completamente. Ma è un errore».
È sbagliato aspettarsi qualunque cosa da un uomo?
«Esatto. Bisogna prima trovare fiducia in se stesse ed emanciparsi dalla dipendenza sentimentale. Purtroppo, perché questa consapevolezza arrivi, ci vuole tanto. E, nel frattempo, si fanno tante sciocchezze».
Lei ne ha fatte?
«Ho trovato il modo di affrontare le scelte che ho fatto e passare oltre. Imparando dagli errori. Non ho rimpianti: se li hai, significa che stai vivendo nel passato».
Lei ha dichiarato che è molto cambiata in questi anni, che cosa intende?
«Ho capito, finalmente, che dovevo accettarmi, pensare solo a me stessa. Questo non significa essere egoisti, ma non affidare più a nessuno le sorti della mia felicità».
Al festival di Toronto ha presentato il suo nuovo film, Un giorno come tanti di Jason Reitman e con Josh Brolin. Un inno all’amore, è così?
«Non è un film sentimentale, però è una storia d’amore tra una madre single e un ex carcerato: due persone che hanno avuto vite isolate e dolorose e che s’incontrano».
Si parla di una scena erotica bollente in cui lei e Brolin preparate una torta di pesche che è stata paragonata a quella di Ghost in cui Demi Moore e Patrick Swayze modellano il vaso di terracotta...
«No, niente a che vedere! Hanno scritto così perché Brolin viene a casa nostra e insegna a me e a mio figlio (il giovane attore Gattlin Griffith, ndr) a fare le torte. C’è la sensualità del cibo, il succo delle pesche, le nostre mani intrecciate dentro a una ciotola per l’impasto, ma niente di erotico. In fondo, in scena c’è anche un bambino».
A parte a impastare torte, che cosa insegna il film?
«Che non puoi mai prevedere dove e quando troverai il vero amore. E io ne sono una prova. Pensi che ho incontrato mio marito Ned durante un incendio!».
Già, quando la casa dello zio di suo marito, l’imprenditore milionario Richard Branson, nelle Isole Vergini Britanniche, fu distrutta dalle fiamme. E lei aiutò gli ospiti a uscire. Bell’inizio per una storia d’amore…
«È stato un incubo terribile, c’erano anche i miei due figli. Sono stata così felice che tutti si siano salvati, ma la situazione era davvero grave».
Qual è la sua miglior qualità? L’eroismo, il coraggio, la compassione?
«Non so rispondere. Sì, sono compassionevole, ma anche mio figlio lo è».
E il suo peggior difetto?
«Ah, ne ho un sacco! Sono impaziente: non sono pigra ma ci metto molto, molto tempo a darmi una motivazione. Odio i miei piedi troppo grandi - ho il 42 - e non amo particolarmente le mie smagliature. Pazienza. Chi se ne importa, la vita è troppo breve...».
Lei è ambasciatrice di Lancôme da sei anni. Perché lo fa? Non per denaro, no?
«Non credo di aver mai fatto nella mia vita qualcosa in cui non mi sia sentita a mio agio. Ammiro la percezione che questo brand ha delle donne e il modo in cui si rivolge loro. Io non sono l’unica testimonial: con me, per prodotti differenti, ci sono anche Julia Roberts e Penélope Cruz. Tutte e tre siamo abbondantemente over 30, tutte e tre siamo madri, tutte e tre siamo donne con i piedi piantati per terra che hanno una vita e una carriera piene. Questa idea di forza femminile vuol dire molto per me».
Lei mi può giurare che questa Renergie funziona? Persino su di me che non sono un’attrice di Hollywood?
«Può scrivere quello che vuole, ma certo non posso dire che questi particolari prodotti non funzionino. Io non sono per il cambiamento, ma per il mantenimento: essere belle con quel che si ha. Conosco persone che, di tanto in tanto, si fanno il botulino o i filler, ma con il passare del tempo cambiano espressione, diventano... strane».
E grazie tante, però è facile parlare per voi, che siete belle di vostro...
«Non si tratta di questo. Che cosa definisce la bellezza? Il modo in cui qualcuno ti sorride? Il modo in cui ti guarda? Il modo con cui abbraccia i suoi bambini? Ciò che fa belle le donne è la felicità e quella ti viene da dentro».
Ha un look che la fa sentire bella, a suo agio?
«Un abito nero. Preferisco i vestiti e le gonne ai pantaloni. Sono più confortevoli e femminili».
La regina Elisabetta in persona le ha conferito l’Ordine dell’Impero Britannico per il suo servizio al cinema inglese. Che cosa ha detto alla regina?
«Thank you very much! Che cosa dovevo dire?».
Eppure nonostante questo e un Oscar (per The reader - A voce alta) non le piace essere definita una “star del cinema”.
«Non saprei, m’imbarazza, non mi sento una stella. Preferisco essere mamma».
© Riproduzione riservata
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