Fotogallery Gael GarcÍa Bernal: «Nudo con le mie idee»
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Gael GarcÍa Bernal è l’attore messicano più famoso. Non ama le grandi produzioni, ha rifiutato di trasferirsi a Hollywood e ora arriva al cinema con un film che si chiama No. Un tipo difficile? Forse, ma se gli chiedete di spogliarsi…
Gael GarcÍa Bernal è l’attore messicano più famoso. Non ama le grandi produzioni, ha rifiutato di trasferirsi a Hollywood e ora arriva al cinema con un film che si chiama No. Un tipo difficile? Forse, ma se gli chiedete di spogliarsi…
Gael García Bernal è un sex symbol che ama i film impegnati.
Quando gli chiediamo perché, sgrana gli occhi: «Ma avete idea di che cosa significhi essere latino-americano? Noi abbiamo una visione della realtà tutta nostra».
Messicano, 34 anni, occhi verdi, Bernal è cresciuto col “complesso” di appartenere a un altro mondo, rafforzato durante gli studi di filosofia in Svizzera e di recitazione a Londra.
Presto lo vedremo nel nuovo Zorro, in una versione futuristica del giustiziere mascherato e, ancora, reciterà con il premio Oscar Daniel Day-Lewis nel prossimo film di Martin Scorsese, Silence. Adesso arriva al cinema con No - I giorni dell’arcobaleno (nelle sale dal 9 maggio) di Pablo Larrain: l’attore di Guadalajara interpreta René Saavedra, il pubblicitario cileno che inventò la campagna per il referendum che avrebbe abbattuto il regime di Augusto Pinochet.
Lei è già stato Che Guevara nel film I diari della motocicletta. Non è stanco di cinema politico?
«No, anche perché questo è il film più impegnato a cui abbia mai partecipato, negli altri la politica era solo un aspetto. Stavolta sono un uomo che cambia radicalmente: passa dall’apatia più totale all’attivismo. Vedete, negli Stati Uniti vita e politica sono più separate che in America Latina, da noi ti ritrovi coinvolto ogni giorno».
Lei vive e lavora nel suo Paese. Perché non si è trasferito a Hollywood?
«A casa mia ci sono le idee e il pubblico. Peccato manchino i soldi! Così io, che viaggio molto, quando torno in Messico posso dare una mano ai tanti cineasti di talento che abbiamo. Diciamo che sono la parte più intraprendente e internazionale del cinema messicano».
Sua madre Patricia era una modella e un’attrice. Le somiglia?
«Molto. Mi ha trasmesso la passione per la recitazione in spagnolo. Nella mia lingua ho un mondo più vasto da esplorare, mentre in inglese devo pensare di più».
Non vorrebbe lavorare di più a Hollywood?
«Adesso il cinema americano è strano, si fanno film piccolissimi o grosse produzioni, ma tutte hanno un sacco di problemi. È più facile girare film indipendenti in Argentina o in Brasile».
Però in Nordamerica è un sex symbol: la rivista Empire l’ha inclusa nei 100 uomini più sexy del pianeta...
«Fa piacere quando dicono cose belle su di te, ma a me interessa solo se piaccio a chi amo, dentro e fuori dallo schermo».
La sua compagna non è gelosa quando si spoglia sul set?
«Recitare nudo non è un problema né per me né per lei. In realtà, tutto quello che serve a preparare una scena di nudo è pesante. Per fortuna, non siamo negli Usa: lì gli attori pensano che basta spogliarsi per trasformarsi in un pornostar! Io, invece, sono convinto che un attore debba essere libero».
Lo pensa anche adesso che ha due figli?
«Lazaro e Libertad (4 e 2 anni, ndr) sono stati una svolta. Per esempio, da quando ci sono loro, lavorare mi piace di più. Quando la mia compagna Dolores (Fonzi, attrice argentina, ndr) mi ha detto di essere incinta, anziché essere più apprensivo sono diventato ancora più gioioso».
Le piace la paternità?
«Per i nostri padri fare figli era spesso un peso necessario, gli uomini della mia generazione, invece, sono convinti che non ci sia niente di meglio. Ed è una sorpresa, perché non eravamo affatto preparati!».
È un romantico?
«Per me il romanticismo è condividere un momento speciale».
Piange mai?
«Quando ho visto il mio primo film, Amores Perros, a Cannes, ho pianto come un vitello».
Parliamo di commedie, le piacciono?
«Certo, mi sono divertito moltissimo a girare Casa de mi padre, con Will Ferrell e Diego Luna. In Italia non è ancora uscito: sembra uno sketch del Saturday Night Live, ma prende anche in giro le telenovelas, con cui noi messicani siamo cresciuti. Ho recitato nella mia prima soap a 12 anni: non avrei mai immaginato di finire in un film americano che le prende in giro».
A proposito di Luna, suo partner nel film che l’ha lanciata, Y tu mamá también, ormai siete inseparabili, siete diventati anche produttori...
«Con la Canana Films. Conoscete il nostro docufilm-festival ambulante?».
No, confesso.
«È il migliore del mondo: giriamo in 16 città del Messico per due mesi e proiettiamo documentari a sfondo sociale. È una specie di Sundance film festival dei cine-reportage a basso budget. Presto tutti lo conosceranno!».
© Riproduzione riservata
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