Fotogallery Eva Robin’s: la versione di Eva
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«Sono una donna e sono anche un uomo, che importanza ha? Il sesso è l’ultimo dei miei problemi. Il primo è capire il senso di quello che sono». Dietro le quinte del suo tour teatrale, la Robin’s si confessa. La felicità («Un gatto sulla pancia»), le sue paure («Invecchiare mi spaventa»). E l’amore: «Faccio cose stupide, dolorose. È un rapporto che non ho mai risolto. Come quello con mio padre...»
«Sono una donna e sono anche un uomo, che importanza ha? Il sesso è l’ultimo dei miei problemi. Il primo è capire il senso di quello che sono». Dietro le quinte del suo tour teatrale , la Robin’s si confessa. La felicità («Un gatto sulla pancia»), le sue paure («Invecchiare mi spaventa»). E l’amore: «Faccio cose stupide, dolorose. È un rapporto che non ho mai risolto. Come quello con mio padre...».
Guardo Eva Robin’s cercando di capire che cosa la renda così femminile. Non è il nome che si è data (quello vero è Maurizio Coatti, nato a Bologna 53 anni fa). Non è il suo piccolo, elegantissimo seno, per nulla ostentato. Non sono le labbra (solo un filo di rossetto), né le mani curate.
A renderla donna è la stanchezza, evidente e vera: le piccole rughe, un’ombra di occhiaie, la storia di una vita, tutta lì da leggere sulla faccia. Una 50enne qualunque, magari un po’ più bella di altre. Forse un po’ più dolce. Proprio lei, la “madre di tutte le trans” (il fenomeno Robin’s è scoppiato all’inizio degli Anni 90). L’attrice è in tournée con la riduzione teatrale di Tutto su mia madre (al Teatro dell’Elfo di Milano, poi sei mesi in giro per l’Italia).
Le spiace stare lontana da casa per tanto tempo?
«Sì e no. Recitare per me è una vacanza: mi piace la vita della compagnia. Lavoro con attrici bravissime e molto affettuose. Certo a Bologna c’è la mia casa, adorata e torturata».
Torturata?
«L’ho dipinta, camuffata. Coperta di finte tappezzerie e di tappezzerie vere che poi ho strappato con le unghie. I miei amici mi dicono che un giorno la mia casa si stancherà di sopportare tutto e imploderà, mi cadrà in testa e mi porterà via… Le devo tanto, eppure le ho fatto di tutto».
Anche a lei hanno fatto di tutto, Eva?
«Sì».
Qual è stato il periodo peggiore?
«L’inizio di questa… “sopportazione”».
Intende dire?
«Quando ho cominciato ad andare in tv. Anche nelle trasmissioni più dignitose, mi sentivo un fenomeno da baraccone. Sempre le stesse domande, sempre le stesse risposte».
Se gliele facessi anch’io quelle domande?
«Cara, risponderei: ho le frasi pronte, le so a memoria».
Adesso basta tv?
«Se mi chiamano ci vado. Ma di solito lo fanno solo quando scoppia qualche scandaletto su politici e trans, cose così…».
Nel frattempo lei è diventata un’attrice bravissima.
«Grazie».
Nell’ultimo spettacolo (“Il frigo”, dell’argentino Copi) che ha portato a teatro prima di questo, lei era sola sul palco… a parlare di solitudine. Che cosa ne sa?
«Io sono un animale solitario, non sopporto il fragore, odio il vociare inutile. Preferisco i silenzi. Io sono uno che più che apparire, vuole scomparire».
Si è accorta? Ha parlato di sé al maschile…
«Certo, io sono anche un maschio».
La sua sessualità ambivalente l’ha aiutata nella carriera e l’ha penalizzata, tenendola ferma sempre nello stesso ruolo. Adesso come la vive?
«È la cosa che mi preoccupa meno. La sessualità c’è. Si consuma, a volte è negata. A volte è amore, altre è soltanto una sveltina… Questo è un modo maschile di ragionare, no? Comunque: il sesso è l’ultimo dei miei problemi».
Il primo qual è?
«Capire il senso di quello che sono».
Dunque lei è anche maschio: ma allora perché si veste solo da donna?
«Guardi che io mi vesto anche da uomo. Perché dovrei negare una parte di me? Se lo facessi starei male. Ogni giorno apro l’armadio e decido».
È la testa che sceglie chi essere?
«No, è lo specchio. Se ho la faccia tirata, mi sento più uomo. E poi dipende dalla stagione: la primavera mi fa sentire femmina, perché mi scopre, mi rende leggera. L’inverno tira fuori il mio lato più orso, più pesante, più uomo».
Vive sola?
«No, ho due gatti. Gli animali sono l’unica cosa ancora in grado di commuovermi. Li uso anche in scena, per riuscire a piangere. In Tutto su mia madre c’è un punto in cui devo uscire dal palco ridendo e rientrare subito dopo in lacrime. Per farlo devo immaginare qualcosa di terribile. Per un paio di repliche sono riuscita a farlo pensando a me: vecchio, solo, incontinente… Poi ha smesso di funzionare: non piangevo più. Mentre con gli animali e i bambini violati funziona sempre: piango a dirotto. Forse perché sono stato abusato anch’io».
Non lo sapevo.
«Avevo otto anni».
Nel pensare a lei, fragile e triste, ha parlato ancora al maschile.Gli uomini sono da proteggere?
«La mia parte maschile è la più debole. Ma non sempre. Quando c’è da combattere lo fa. Quando “lei” diventa svenevole e seduttiva, “lui” diventa forte e protettivo».
Fortunata in amore?
«Sì, ho avuto meravigliose storie brucianti».
Da quanto è sola?
«Non ho un vero compagno da sette anni. E, in questo momento, non lo desidero. Non vorrei uno che mi aspetta a casa».
Perché?
«Dovrei intrattenerlo, nutrirlo, farlo divertire… Non ne ho più voglia. Detto questo magari ricomincio domani: l’amore ti coglie alle spalle».
Che tipo di uomini le piacciono?
«Non uomini: ragazzi. Belli, divertenti, capaci di far bene l’amore. Il problema è che, con loro, scatta sempre un delirio di competizione. Lui guarda un’altra donna? Io guardo altri due uomini. Ogni volta che mi innamoro di uno di questi scoiattoli, devo andare in analisi, perché da sola non riesco a uscirne. Faccio cose stupide e infantili. Dolorose. È un rapporto che non ho mai risolto. Come quello con mio padre».
Che cosa le ha fatto suo padre?
«Ha abbandonato mia madre quando ha saputo che lei era incinta. Così la mamma è dovuta scappare di casa: viveva in un sottoscala. Non perdonerò mai mio padre per questo».
Com’era sua madre?
«Una guerriera. Non la penso mai, ma la sogno sempre».
Era orgogliosa di lei?
«Molto. Eravamo attaccatissime. Fin quando ha vissuto, abbiamo passato intere serate abbracciate a guardare la tv».
Adesso come sta, Eva?
«Serena, con picchi di felicità».
Ultimo picco?
«L’altra sera, a casa mia: con la pancia del mio gatto appoggiata sulla mia».
Picco d’infelicità?
«Tutte le volte che non mi sento bene. Gli acciacchi dell’età mi spaventano. Mi sembra di avere davanti anni bui, che per me saranno molto difficili. O forse lo sono per tutti: il gran finale non piace a nessuno».
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