Fotogallery Eva Green: «Vi piacerebbe clonare l’amore?»
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È quello che ha fatto Eva Green. Ovviamente al cinema, in un film che farà discutere. E non sarebbe la prima volta: è dai tempi di The dreamers che l’attrice stupisce e seduce il pubblico e i registi (compreso quel visionario di Tim Burton). «Sono una donna coraggiosa, disinibita e trasgressiva. Che male c’è?»
È quello che ha fatto Eva Green . Ovviamente al cinema, in un film che farà discutere. E non sarebbe la prima volta: è dai tempi di The dreamers che l’attrice stupisce e seduce il pubblico e i registi (compreso quel visionario di Tim Burton). «Sono una donna coraggiosa, disinibita e trasgressiva. Che male c’è?»
«Eva Green? Di una bellezza indecente». La definizione è di Bernardo Bertolucci, il regista che l’ha scoperta in un teatro londinese del West End e l’ha fatta debuttare al cinema nel 2003 con The dreamers.
Ricordate il film? Un triangolo amoroso ambientato tra le contestazioni del 1968 (celebre la scena di sesso con Michael Pitt).
Da lì, la carriera di “seduttrice” dell’attrice non si è più interrotta: Le crociate, Agente 007 - Casino Royale (era Vesper Lynd, per molti fan la migliore Bond girl della serie), La bussola d’oro, la serie televisiva Camelot (nel ruolo di una sensualissima Morgana), Perfect sense...
Occhi azzurri profondi e magnetici, una vita privata top secret (l’ultimo fidanzato che le è stato attribuito risale al 2009, l’attore Marton Csokas conosciuto sul set di Le crociate) la Green, figlia dell’attrice francese Marlène Jobert, oggi è sugli schermi con due film: Dark shadows di Tim Burton, nel ruolo della strega tentatrice che seduce il vampiro interpretato da Johnny Depp, e Womb, un dramma a metà tra il genere sentimentale e la fantascienza.
Interpreta Rebecca, una giovane donna che, sconvolta dalla morte del fidanzato Thomas in un incidente stradale, decide di clonarlo: si rivolge al Dipartimento di replicazione genetica per farsi impiantare nell’utero un nuovo Tommy, che partorirà e crescerà cercando di proteggerlo dai pregiudizi della gente.
Ma, quando sarà grande, come farà a spiegargli che i sentimenti che prova per lui sono diversi da quelli di una madre? «I quesiti sollevati dal film sono forti, intensi», dice Eva, che abbiamo incontrato a New York per il lancio della pellicola. «Rebecca perde il suo uomo, il grande amore della sua vita e pensa addirittura di suicidarsi. Poi decide di clonarlo. Le complicazioni affettive e psicologiche, soprattutto la questione dell’identità e della maternità, saranno pesantissime. Vi avverto, non è un film per cuori deboli...».
Che cosa ne pensa della clonazione?
«Non duplicherei mai una persona, tanto meno l’uomo che amo. L’amore è bello perché è unico e irripetibile. È come un’opera d’arte: inimitabile. Ma sostengo la ricerca sulle cellule staminali e il loro sviluppo per la lotta contro le malattie genetiche. Penso che la politica e la religione non dovrebbero intromettersi in questo campo. Ho fiducia nella scienza, non credo che abbia intenzione di sostituirsi a Dio».
In “Dark shadows”, invece, interpreta una strega e si diverte moltissimo...
«Sì, da pazzi. Il mio personaggio è Angelique Bouchard, recitata da Lara Parker nella serie televisiva degli Anni 60 da cui è tratto il film. Mi sono ispirata a lei, ma anche a Bette Davis nei suoi ruoli più stravaganti e a Janis Joplin e alla sua musica. Ho pensato anche a Jack Nicholson in Le streghe di Eastwick, a quel suo essere imprevedibile e impavido. Jack non ha paura di niente e in questo credo di assomigliargli».
Davvero non teme nulla?
«Mi reputo coraggiosa sia come attrice sia come donna. Sono curiosa per natura, disinibita, anticonformista e anche un po’ trasgressiva, quando le circostanze me lo consentono...».
Per questo ha accettato il ruolo “scandaloso” di Isabelle, al centro di un triangolo amoroso con il fratello gemello e un amico, che Bernardo Bertolucci le ha proposto in “The dreamers”?
«Non crediate che non abbia avuto un sacco di dubbi... Ci ho pensato a lungo prima di accettare quel ruolo. Oltre tutto i miei genitori erano assolutamente contrari: temevano che potessi rimanere traumatizzata come capitò a Maria Schneider dopo Ultimo tango a Parigi, sempre diretto da Bertolucci, per altro. Avevo 23 anni al tempo delle riprese e non ero mai stata su un set cinematografico: il mio mondo era il teatro. Ma Bernardo ha saputo creare un’atmosfera molto creativa e, allo stesso tempo, intima e rilassata. Mi ha fatto sentire completamente a mio agio, anche nelle scene più spinte. Devo molto a Bertolucci, maestro d’arte e di vita incomparabile. Essere diretta da lui è stato un debutto cinematografico straordinario, soprattutto perché a partire da quel momento non ho più temuto nessun ruolo. Dopo l’esperienza vissuta sul set di The dreamers, non dico che tutto sia stato facile, ma certamente mi sono disfatta di ogni ombra di imbarazzo. Del resto avevo visto Ultimo tango e non mi era certo sembrato pornografico, non aveva niente di volgare o di morboso: per me quel film era un’opera d’arte. Ho affrontato The dreamers con questa convinzione. Durante le riprese mi sentivo come drogata o anestetizzata, perché è così che deve essere: devi lasciare scorrere tutto e dimenticarti di te stessa».
Non si è emozionata nemmeno a recitare accanto a Johnny Depp in “Dark shadows”?
«L’emozione e l’eccitazione ci sono sempre all’inizio di un film. Durante le prime due settimane di riprese ho provato una certa ansia, dovuta alla mia soggezione per Johnny e Michelle Pfeiffer, due tra i miei idoli in assoluto. Ma Tim Burton ha creduto fortemente in me e mi ha fatto sentire subito a mio agio, così come Johnny e Michelle: sono stati tutti fantastici. Dark shadows è stato il set più bello della mia vita, almeno finora...».
Non teme nemmeno il tour de force delle audizioni, che molte attrici definiscono spiacevole, se non addirittura brutale?
«In effetti i provini possono essere molto crudeli. I direttori del casting sembra che non desiderino altro che far sentire un’attrice piccola e incapace. Secondo loro, fai sempre qualcosa di sbagliato, che non va bene, ti fanno sentire come se non sapessi recitare. Sì, come se fossi solo un bel visino inespressivo, una modella senza talento. Ma ormai ho superato questa fase e sono sopravvissuta. Ora la mia unica preoccupazione è quella di essere all’altezza di un ruolo, di cercare di intuire quello che il regista vuole, di evitare di apparire piatta e inespressiva sullo schermo. Ecco lo spauracchio che mi fa sempre tremare prima di un film».
Sua mamma è francese e d’origine algerina, suo padre è svedese, lei ha studiato a Londra e parla diverse lingue perfettamente. Se le chiedono di che nazionalità è, lei risponde...
«Se è per questo ho anche radici turche e spagnole! Comunque, mi sento una cittadina del mondo. Credo che la nostra vita, ormai, non abbia più frontiere. Come il cinema, del resto».
C’è un’attrice che considera un mito?
«Sì, Isabelle Adjani, forse perché ha origini algerine come me. È una leggenda vivente, adoro qualsiasi cosa abbia fatto. Ricordo ancora l’emozione che ho provato la prima volta che ho visto sullo schermo Adele H. e Camille Claudel, due film che considero capolavori assoluti. Isabelle ha un lato folle che esprime in maniera magica sullo schermo. È bellissima, intensa e può recitare di tutto, anche una commedia. Non ha paura di abbandonarsi all’emozione, di darsi completamente sul set. Diventare metà Adjani mi basterebbe per sentirmi un’attrice pienamente realizzata».
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