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Grazia

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Lifestyle

Claudia Pandolfi: «Le porte 
in faccia servono»

Claudia Pandolfi: «Le porte 
in faccia servono»

foto di Pulsatilla Pulsatilla — 22 Novembre 2013

Fotogallery Claudia Pandolfi: «Le porte 
in faccia servono»

  • Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Ovosodo Ovosodo Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Milonga Milonga Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Nassirya – Per non dimenticare Nassirya – Per non dimenticare Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi e Giorgio Tirabassi Claudia Pandolfi e Giorgio Tirabassi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi e Luca Argentero Claudia Pandolfi e Luca Argentero Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi e Valerio Mastandrea Claudia Pandolfi e Valerio Mastandrea Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi e Fabio Volo Claudia Pandolfi e Fabio Volo Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
  • Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi Claudia Pandolfi nasce a Roma il 17 novembre 1974.
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Lei qualcuna ne ha presa: dal matrimonio naufragato alle delusioni professionali.u2028E subito prima di una nuova avventura teatrale ci svela che cosa ha imparato. Compreso un trucco per chi si vuole fare bionda...

Sul set fotografico, Claudia Pandolfi , 38 anni, è spiritosamente insofferente: «Abbiamo finito?», chiede con un sorriso ironico quando siamo appena all’inizio.

Tra poco, il 27 novembre, debutterà con lo spettacolo teatrale Parole incatenate, un thriller claustrofobico nel quale interpreta una psichiatra prigioniera di un serial killer in una cantina. 
In una pausa del servizio fotografico, al bar ci concede l’intervista (sottolinea lei stessa il verbo “concedere”), davanti a un vassoio di tramezzini col tonno che nessuno ha ordinato.
Ha ancora un’inflessione leggermente toscana nella voce che, dice, non la abbandonerà più: è comprensibile dopo due film col livornese Paolo Virzì (Ovosodo nel 1997 e La prima cosa bella nel 2010), uno con Carlo Virzì (I più grandi di tutti, nel 2012) e un fidanzamento con l’attore pratese Marco Cocci. Al contrario di Claudia Munari, il personaggio che interpreta ne Il tredicesimo apostolo, la fiction tv sui fenomeni paranormali (la seconda serie andrà in onda a gennaio su Canale 5), Claudia Pandolfi sembra una donna molto pragmatica. E poco patinata. Forse perché la sua prima carriera è stata quella di ginnasta: «La palestra mi ha salvato: lì non c’è competizione estetica, ma solo muscolare».  

Però ti diverte farti vestire?  
«Certo. C’è un aspetto divertente nel farsi belle, nel cercare di piacere. Ma ho quasi 40 anni, arrivata a questo punto mi interessa il parere di chi amo, mi interessa soprattutto piacere a quelli a cui piaccio già. A volte, per valorizzarsi, basta togliere. A 18 anni non sai quanto mi truccavo. Ho lavorato molto sul togliere, togliere, togliere. Meno fai meglio è. Quando lo capisci, hai risolto».  

Tu con cosa ti senti a tuo agio normalmente?
«Con abiti destrutturati. Con linee che non mi impongono una gabbia, sennò mi sento costretta. Tutto quello che tiriamo fuori dall’armadio è comunque una maschera. E va bene la maschera, ma almeno mi ci devo sentir comoda».
 
Non ti lasci imporre le mode, dunque.
«Assolutamente no. Tra l’altro, la moda si muove molto più velocemente di noi quindi, secondo me, essere alla moda non è affatto contemporaneo, essere alla moda vuol dire essere già passata».  

Ti sei mai ritrovata, metaforicamente, dentro un tailleur che ti stava troppo stretto?  
«Almeno per 15 anni! C’è stata tutta la fase “fidanzatina d’Italia”, quando facevo Un medico in famiglia. I registi mi sceglievano in base al ruolo che mi aveva reso popolare, finché non ne è arrivato uno che mi ha chiesto di guardarmi con occhi diversi, e mi ha fatto scoprire un nuovo aspetto di me».  

Chi lo ha fatto?
«Riccardo Milani in Auguri professore, nel 1997. 
Ma prima ancora Carlo Sigon: quand’ero proprio “fidanzatina” con la effe maiuscola, nel 1995, mi ha fatto fare un corto intitolato Ketchup. Mi ha messo nei panni di una che mastica la gomma con la bocca aperta e dice «vado a pisciare». Ero perfetta. Quindi, se cerchi trovi».  

Nel film di Carlo Virzì I più grandi di tutti facevi la bassista punk e avevi i capelli ossigenati.  
«Era una parrucca. Lo sai qual è il segreto? Se tu, mora, vuoi farti bionda, lascia un po’ di ricrescita. A quelle che hanno le sopracciglia scure dà più credibilità. Me l’ha insegnato Massimo Gattabrusi. Parrucchiere. Genio».

In Il tredicesimo apostolo, che andrà in onda all’inizio dell’anno, interpreti una psicologa che esplora i confini tra scienza e fede. Com’è la tua visione in proposito?
«Sono molto razionale. Provo un sottile piacere nel vedere il paranormale risolto, svelato».

Siamo un Paese in difficoltà. Avere fede in qualcosa aiuta?
«Sì, fede nella cultura, nella comunicazione e nella libertà. Sono ottimista e credo nelle rinascite. Attraversiamo un momento caotico, ma spesso colgo nello sguardo incredulo di alcune persone, soprattutto più giovani di me, una forza e una bellezza che mi fanno sperare in un futuro più sano».

C’è qualcosa del tuo personaggio nel Tredicesimo apostolo che vorresti avere?
«Claudia Munari è schietta, concreta, laica, ironica e ha una vita decisamente movimentata. Confesso che a volte mi sento come davanti a uno specchio».  

Nel tuo lavoro, il giudizio altrui conta molto?
«Ho imparato a farmelo scivolare addosso. A 18 anni, all’indomani del tuo debutto, esci di casa e tutti ti guardano. Tutto questo può farti “sbarellare” molto. Cominci a fare cose in base al giudizio altrui. Ho fatto una serie di scelte che non mi appartenevano. Per esempio mi sono sposata».  

Tornando indietro, non ti sposeresti?
«Invece sì, rifarei tutto. Sennò non potrei diventare quella che sono. Sbagliare serve: dopo che hai preso un certo numero di porte in faccia, quando senti il rumore della maniglia ti scansi per schivarle. Adesso sicuramente sono molto più egoista. Ho capito che facendo il mio bene riesco a fare il bene degli altri. 
E da quando l’ho capito, sono diventata più bella».  

La bellezza conta molto, per un’attrice. Hai paura di invecchiare? Ipotizzi il ricorso alla chirurgia estetica?  
«Farmi ospedalizzare è un’idea che mi sconquassa, gli ospedali mi fanno paura. Figurati se ci finirei per un problema estetico. E comunque, tollero meglio l’idea di essere vecchia che quella di essere finta. Un paio di anni fa sono dovuta andare dal chirurgo per farmi togliere due nei: il solo pensiero che le donne intorno a me potessero pensare che ero andata lì a farmi fare il ritocchino, mi imbarazzava».    

Non temi che con le rughe lavorerai meno?
«Al contrario. Siamo rimaste in poche a essere naturali. Servirà una che fa una madre, una nonna, prima o poi. Poi se il ritocchino ti fa stare tranquilla, sono felice per te. Però come mai non incontro mai uno sguardo sereno, dietro una faccia con la plastica? Come mai sembra che cali un velo di botulino anche sugli occhi?».  

Il mondo del cinema è molto maschilista, però.  
«Il mondo è tutto maschilista. La struttura sociale è primitiva, non c’è niente da fare. Io, uomo, clava. Tu, donna, grotta».

Se tuo figlio ti dicesse: «Mamma mamma, voglio fare l’attore», cosa gli risponderesti?
«Io già sarei felice se mio figlio dicesse “voglio”. Perché oggi sembra che nessuno voglia più niente, soltanto il successo. Ti sparano questo participio passato: “successo”. Vogliono una cosa che è già accaduta: è un concetto distorto».  

Una proposta a cui hai detto no.
«Vent’anni fa rifiutai Non è la Rai, ma mi sentivo già una vera attrice. Intendiamoci, non voglio demonizzare Non è la Rai, non me ne perdevo una puntata».    

Non ci credo: fammi vedere il balletto-simbolo Bobo step.
«Bomba ciquena, Bomba ciquena, Bomba ciquena ciquena ciquena…» (Claudia inizia a cantare e si lancia nel balletto di Non è la Rai ma arriva lo stylist a richiamarla, è venuto il momento di tornare sul set).  

Perché hai ordinato una Coca e non l’hai bevuta? E invece hai mangiato tutti i tramezzini che non avevi chiesto?  
«La vita è come la ginnastica artistica: quello che conta di più, è essere elastici».

© Riproduzione riservata

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