Fotogallery Christian De Sica: «Io so come si fanno felici le donne»
...
Galante, con molto charme. Divertente, con una vena di malinconia. Colto, ironico, inesauribile. Christian De Sica dice che lui sa come conquistare l’ammirazione femminile. Con noi c’è riuscito, sfoderando un volto totalmente inedito e così diverso dal re dei cinepanettoni
Galante, con molto charme. Divertente, con una vena di malinconia. Colto, ironico, inesauribile. Christian De Sica dice che lui sa come conquistare l’ammirazione femminile. Con noi c’è riuscito, sfoderando un volto totalmente inedito e così diverso dal re dei cinepanettoni.
Quella che state per leggere non è un’intervista collettiva come le altre. Diremmo piuttosto che è stato un one-man-show in cui Christian De Sica, grande mattatore, ci ha raccontato i personaggi mitici che hanno attraversato la sua vita, da Liza Minnelli (che gli ha “rubato” il cane) alla Ferrari di Ava Gardner, dalla sua ex fidanzata Isabella Rossellini alle recite in casa che il padre organizzava per lui e suo fratello Manuel vestiti con il frac...
Per noi è stato come assistere a uno spettacolo, guardatelo sul sito e leggete qui la cronaca dell’incontro con il re dei cinepanettoni, che da suo padre ha ereditato l’eleganza e la simpatia.
Anche quest’anno è uscito “Natale a Cortina”: il cinepanettone è ormai diventato il “classico De Sica”. Le fa piacere?
«Certo! Florian Henckel von Donnersmarck, il regista del film premio Oscar Le vite degli altri, mi ha chiamato l’anno scorso per affidarmi una piccola parte nel suo film The tourist, con Angelina Jolie e Johnny Depp. Proprio perché mi aveva visto nella serie “Natale a…”, pare che ne sia un fan».
Fare ridere le dà soddisfazione?
«Moltissimo. Riuscire a strappare una risata, specialmente in questi momenti, mi gratifica molto. Anche se noi comicaroli, come attori, qui in Italia non siamo mai presi sul serio. Gente come Garinei, Tornatore, Patroni Griffi, che il cinepanettone a malapena sanno che esiste, mi hanno fatto i complimenti solo dopo avermi visto nello spot della Tim».
Ha sempre voluto fare l’attore?
«Quando gli altri bambini si vestivano da cowboy, io sognavo la giacca di paillettes! A parte gli scherzi, in casa si respirava la recitazione. Quando io e mio fratello Manuel eravamo piccoli, mio padre aveva inventato per noi il “Teatro lampo”: una cosa serissima! Lui scriveva i dialoghi di minispettacoli i cui titoli erano, per esempio, “Cittadini che protestano”, oppure “I suicidi”. Veniva stampato il programma e venivano distribuiti gli inviti ai suoi amici, Gino Cervi, Renato Rascel, Paolo Stoppa… Davanti a questo pubblico, io e Manuel, all’epoca bambini di 5 e 7 anni, vestiti con il frac nero che sembravamo due cornacchie, eravamo praticamente obbligati a recitare. Papà si divertiva un mondo, noi un po’ meno...».
Ma lei ha studiato recitazione?
«Quando dissi a mio padre che volevo fare questo mestiere, gli chiesi: “Papà, che dici, mi iscrivo all’Accademia di arte drammatica?”. “Per carità! Caso mai fai il doppiatore”, mi rispose. «E così ho lavorato con bravissimi doppiatori, come il papà di Claudio Amendola, ed è stata una grande scuola. È un lavoro che faccio tuttora: una delle voci di Galline in fuga è la mia. In Francia quel film è stato doppiato da Gérard Depardieu, mentre negli Stati Uniti da Mel Gibson».
Il suo primo film è stato…
«Blaise Pascal, regia di Roberto Rossellini. Avevo 18 anni e la parte l’ho ottenuta soprattutto per il fatto che ero fidanzato con sua figlia Isabella e l’ho stressata a morte finché lei ha convinto il padre. Rossellini aveva un carattere… Mi ripeteva: “Ma tu vuoi davvero fare l’attore? Quello è un mestiere da fannulloni, non vorrai mica diventare come tuo padre? Pensa a studiare!”. Rossellini odiava gli attori, non li poteva sopportare proprio come categoria: se Ingrid Bergman non se ne fosse andata, le avrebbe stroncato la carriera».
I suoi genitori erano contenti della sua scelta?
«Mio padre voleva assolutamente che mi laureassi. Infatti mi ero iscritto a Lettere, indirizzo Storia dell’Arte. E mentre lui si vantava dei miei 30 agli esami, mia madre mi mandava di nascosto a cantare nelle feste di piazza e nelle balere. Grazie a lei, quando mio papà è morto, io a soli 23 anni avevo già un mestiere in mano che mi faceva guadagnare. Come ho scritto nel mio libro (Figlio di papà, edito da Mondadori): io sono tutt’altro che un figlio di papà. Mio padre non mi ha lasciato una lira, sennò mica avrei fatto l’attore! Lui, si sa, aveva la passione del gioco: ogni estate riuniva me e Manuel e ci chiedeva: “Bambini, dove volete andare in vacanza quest’anno? Scegliete: Sanremo, Saint-Vincent, Campione, Montecarlo…”. Noi optavamo per i luoghi in cui, oltre al casinò, c’era il mare. Montecarlo, in particolare, fa parte della mia infanzia. Molto tempo dopo, quando avevo vent’anni, ho presentato un gala di Monaco: una delle rare occasioni in cui penso che mio padre sia stato orgoglioso di me. Prima di me, si era esibita Josephine Baker con le Blu Belles, poi sono salito sul palco io: mi tremavano le gambe… Nel parterre c’erano il principe Ranieri con Grace Kelly, Sergio Mendes con la moglie, e Rudolf Nureyev, che mi guardava quasi con disgusto, forse perché ero un po’ grassottello. Io e mio fratello da ragazzi eravamo due ciccioni, all’epoca le famiglie tiravano su i figli con l’antipasto, il primo, il secondo e le pastarelle, altro che yogurt!».
Difficile immaginarla sovrappeso: a noi sembra slanciato e magro da sempre…
«Per forza, sto a dieta da tutta la vita! Non posso ingrassare, sennò non lavoro. Io sono un attore brillante, quindi “scopante”. Il che mi distingue dagli attori comici, non-scopanti per antonomasia».
Sarebbe a dire...?
«Il comico è senza sesso, fa ridere perché assomiglia a un cartone animato: pensate a Boldi, Benigni, Totò, Verdone… Loro possono mangiare quel che gli pare. Mentre io recito il ruolo del 50enne brillante e scopatore, nella finzione scenica. Nella realtà, ho 60 anni e mia moglie prima di uscire mi spruzza lo spray che tinge i capelli. Se piove lascio dietro di me pozzanghere colorate, come Macchianera!».
Con sua moglie siete insieme da una vita.
«L’ho conosciuta che aveva 14 anni e io 21. Siamo andati subito d’accordo e ridiamo molto, anche lei è spiritosa, con il fratello che ha… (Silvia è la sorella di Carlo Verdone, ndr)».
Qual è il vostro segreto?
«Basta poco per rendere felice una donna: un complimento, un fiore… Lei rientra a casa e tu, invece di salutarla senza alzare la testa, la guardi e le dici: “Che bella che sei” o “Ti sta bene questo vestito nuovo”. Vi accontentate di poco, siamo noi maschi troppo pigri, di una pigrizia senza fine».
I suoi due figli, Brando e Mariarosa, seguono le orme del papà e del nonno?
«A Mariarosa piace la moda, ha appena finito uno stage da Ferragamo ed è brava. Al momento, è vittima del fratello, sta girando un corto con lui. Lo difende a spada tratta fin da quando era piccola: lui inscenava il terremoto e le buttava addosso di tutto, noi correvamo a vedere se le aveva fatto male e lei, tutta ammirata: “Brando è un grande!”. Brando, appunto, si è laureato in regia a Los Angeles e sta tentando di farsi strada».
Un cognome come De Sica dovrebbe aiutare...
«Macché. È durissima per tutti. Lo dico anche a tutti gli aspiranti attori che inseguono le illusioni e i falsi miti della tv».
Lei, invece, è cresciuto in mezzo ai miti veri.
«Sì. Da piccolo, Charlie Chaplin mi fece ridere muovendo il cappello con la fronte e facendomi le smorfie. Da grande, Liza Minnelli venne a casa mia a Roma, bevve un po’ troppo e se ne andò portandosi via, come se niente fosse, il mio cane, uno degli shitsu di mia moglie Silvia».
Nel suo libro “Figlio di papà” racconta che Ava Gardner tentò di sedurla…
«Avevo 17 anni, lei 40: bellissima. Eravamo andati a Madrid perché mio padre voleva convincerla a girare un film, mi portò sulla sua Ferrari a vedere il flamenco, che donna meravigliosa! Che tempi… A Natale Visconti faceva l’albero con i gioielli di Bulgari e poi li regalava agli amici».
Come ricorda suo padre?
«Elegantissimo e autorevole. Mentre girava nei bassi napoletani Ieri, oggi e domani, con Sofia Loren e Marcello Mastroianni, attorno al set, ogni giorno, si accalcavano in media mille persone. Mio padre prendeva il megafono e diceva: “Due minuti di silenzio, per favore!”. E per due minuti esatti non si sentiva un rumore, persino gli scugnizzi ammutolivano. Lui girava la scena, poi riprendeva il megafono e diceva, imperturbabile: “Grazie a tutti” e la gente: “Prego!”».
Qual è il film di suo padre che preferisce?
«Ladri di biciclette è sicuramente un capolavoro, ma il mio preferito è Umberto D.: un film bellissimo, estremamente nobile».
C’è qualche regista di oggi che le ricorda Vittorio De Sica?
«In certi film, Pupi Avati. Con lui in questi giorni sto girando un film per la tv in 6 puntate. Io interpreto il ruolo del suocero di Micaela Ramazzotti. E sono in punto di morte».
Non ha mai pensato di fare un suo programma in tv?
«Mi hanno proposto di fare uno show l’anno prossimo, un varietà di 5 puntate, vedremo… In effetti, potrei fare un lungo racconto, un soliloquio come qui con voi: vi è piaciuto?».
© Riproduzione riservata