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Grazia

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Lifestyle

Benjamin Millepied: «Devo tutto a Natalie»

Benjamin Millepied: «Devo tutto a Natalie»

foto di Emanuela Mastropietro Emanuela Mastropietro — 7 Ottobre 2011

Nel giro di pochi (indimenticabili) mesi, il coreografo Benjamin Millepied è diventato famoso in tutto il mondo, è stato scelto come testimonial di Yves Saint Laurent e, soprattutto, ha avuto un figlio dalla Portman: "Grazie a lei, oggi la mia vita è meravigliosa"

Benjamin Millepied

Nel giro di pochi (indimenticabili) mesi, il coreografo Benjamin Millepied è diventato famoso in tutto il mondo, è stato scelto come testimonial di Yves Saint Laurent e, soprattutto, ha avuto un figlio dalla Portman: "Grazie a lei, oggi la mia vita è meravigliosa"

Benjamin Millepied, la voce rotta dall’emozione, alza gli occhi dal foglio sul quale ha scritto il suo discorso di ringraziamento.

Nella sala privata dell’elegantissimo hotel parigino Royal Monceau, dove gli è appena stata appuntata sul petto la medaglia di Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere, l’étoile del New York City Ballet si volta verso la sua compagna e improvvisa una dichiarazione d’amore: «Natalie, tu e nostro figlio Aleph mi avete reso immensamente felice e mi avete permesso d’arrivare al successo».

Con un movimento leggero, che fa ondeggiare il suo vestito in crêpe di seta (rivelando un fisico sul quale la recente gravidanza non ha lasciato tracce), Natalie Portman , 30 anni, gli prende il viso tra le mani e con gli occhi pieni di lacrime gli dà un bacio interminabile sotto gli occhi di amici e familiari. Persino i camerieri, che servono lo champagne ai 40, selezionatissimi ospiti si commuovono.

E l’ex ministro Xavier Darcos, che ha appena attribuito a Benjamin la prestigiosa onorificenza francese, applaude con entusiasmo.

A 32 anni, Benjamin, autore delle coreografie del film Black Swan - Il cigno nero per il quale Natalie Portman si è aggiudicata l’Oscar come miglior attrice protagonista, è una star corteggiata anche dalla moda. La prova? La maison Yves Saint Laurent lo ha scelto come testimonial del suo nuovo profumo maschile, L’Homme Libre.

Benjamin, il 2011 per lei è un anno memorabile: l’amore, un figlio, il successo.
«È vero. Credo che sia l’inizio di una nuova, eccitante fase della mia vita. Dopo tanti anni nel mondo della danza, il cinema mi ha scoperto. Ma non avrei mai potuto immaginare di avere tanto successo con Il cigno nero. Sono stato molto fortunato».

Non sia modesto.
«Sul serio. Mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto, mentre Darren Aronofsky, il regista del film, cercava un collaboratore a New York. È stata un’esperienza formidabile, che spero possa spalancare le porte del cinema anche ad altri ballerini. La danza ha bisogno dello scambio con altre forme d’arte».

Come la moda, per esempio?
«Trovo fantastico che, per il lancio del suo profumo, Yves Saint Laurent abbia scelto un ballerino di formazione classica. Di solito, in questi casi, si ricorre a un attore o a un modello famoso».

In effetti, un uomo che nell’immaginario collettivo si esibisce in collant è una scelta insolita. Crede che sia la prova dell’evoluzione del concetto di mascolinità?
«La virilità non ha niente a che vedere con quello che si indossa. Per me è l’espressione della fiducia in se stessi, è il coraggio delle proprie scelte».

Perché hanno pensato proprio a lei?
«Forse per il mio percorso atipico. Sono giovane, ma ho già una lunga carriera alle spalle. Ho avuto una passione precoce per la danza e una mamma che ha immediatamente creduto in me e nel mio talento. Mia madre mi ha sempre detto che niente è impossibile. Per lei, i problemi non esistono: esistono solo le soluzioni. Grazie a lei, sono cresciuto senza avere paura e con la libertà di spiccare il volo».

In effetti, lei ha lasciato presto il nido: a 13 anni era già indipendente.
«Studiavo danza a Lione e vivevo in un pensionato. A 16 anni mi sono ritrovato solo a New York. Ma non è stato uno choc, anzi. Per un ragazzo di quell’età, la Grande mela è una città piena di promesse e prospettive».

Che si sono realizzate. Adesso anche la moda si è accorta di lei. Le piace questo mondo?
«Mi interessa molto, ma in relazione al mio lavoro di coreografo. Non sono certo una fashion victim, ma mi piace seguire gli stilisti che propongono modelli capaci di adattarsi ai movimenti dei ballerini. Nella vita quotidiana, amo gli abiti semplici e moderni, che siano eleganti e confortevoli».

Come si veste quando non lavora?
«Con le prime cose che trovo nell’armadio! Non passo molto tempo davanti allo specchio. Penso che un uomo sia più seducente quando non presta molta attenzione a quello che si mette addosso».

Lavorerà ancora nel cinema?
«Sì, ma dietro la telecamera. Mi piace saltare da una forma d’arte a un’altra, anche se la danza resta il mio punto di riferimento».

E adesso, ha altre sperimentazioni in corso?
«Le confesso che ho intenzione di cimentarmi presto con la scrittura. Ho già qualcosa in testa...».

Suo figlio, nato il 14 giugno scorso, si chiama Aleph, come la prima lettera dell’alfabeto ebraico. Da dove viene questo nome?
«Aleph è il risultato di una lunga ricerca familiare! Volevamo un nome originale, ma facile da portare, e Natalie me lo ha proposto. Poco dopo l’ho ritrovato in un libro e la scelta ci è sembrata naturale».

Lei è ancora in congedo di paternità?
«Mica tanto! A breve sarò a Ginevra per montare due nuovi spettacoli».

Adesso che ha una famiglia, come farà a gestire i suoi impegni?
«Natalie e io non vogliamo che il lavoro ci separi e ci allontani da nostro figlio: per ora, ci spostiamo tutti insieme. Almeno fino a quando Aleph andrà a scuola. A quel punto sarà più difficile. Ma ci resta ancora un po’ di tempo per organizzarci».

In che lingua parla a suo figlio?
«Solo in francese. Nonostante il lungo periodo trascorso negli Stati Uniti, non mi sono americanizzato. Sono convinto che il successo passi anche per l’affermazione della propria differenza».

È vero che da buon francese ama mangiare?
(Ride) «Il cibo è una tentazione alla quale non so resistere. Apprezzo i prodotti di qualità cucinati in modo sano e semplice. Mangio bio appena posso».

Anche Natalie?
«Natalie da vegana è diventata vegetariana e, come me, apprezza i piatti ben preparati».

Quando non lavora, che cosa fa?
«Vado alla scoperta della natura. Sulla costa ovest degli Stati Uniti, in California, ci sono posti selvaggi e incontaminati che mozzano il fiato. Ci andiamo non appena la nostra vita nomade, divisa tra New York e Los Angeles, ce lo permette».

Lo sa che, nonostante tutto il suo talento e la sua esperienza, c’è chi ancora la chiama “Signor Natalie Portman”? Che effetto le fa?
«La gente che conta per me sa chi sono e che cosa faccio. E questo mi basta».

La celebrità della sua compagna non le crea alcun complesso?
«Nessuno. Natalie è una star da quando era bambina, gestisce il successo con molta modestia e naturalezza. Non si è mai montata la testa. Un motivo in più per amarla alla follia».

© Riproduzione riservata

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