Alberto Veronesi sogna una vacanza "senza lavoro", visto che dedica ogni attimo alla musica. Con una sola eccezione: sua figlia. "non rinuncerei mai alle nostre passeggiate"

Alberto Veronesi sogna una vacanza "senza lavoro", visto che dedica ogni attimo alla musica. Con una sola eccezione: sua figlia. "non rinuncerei mai alle nostre passeggiate"
Se pensate che Alberto Veronesi sia il classico direttore d’orchestra, votato alla musica classica, ci sono alcune cose che dovete assolutamente sapere.
Primo: il figlio del grande oncologo Umberto è stato il solo italiano, dopo Arturo Toscanini, invitato a New York come direttore musicale.
Secondo: è l’unico in Italia che ha osato allestire in uno stadio un’intera opera, con tanto di scene e costumi, portando l’Aida al San Siro di Milano e il Nabucco al Delle Alpi di Torino.
Terzo: è direttore stabile dell’orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari, nonché direttore musicale stabile del Festival pucciniano di Torre del Lago e direttore artistico della Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna.
È milanese, ma ha un rapporto speciale con la Sicilia, dove quest’anno ha organizzato l’International Bellini and Romantic Opera Festival, kermesse itinerante per scoprire Vincenzo Bellini e i musicisti che a lui si sono ispirati.
Il 14 e 15 ottobre sarà a Messina al Teatro Vittorio Emanuele per dirigere Mameli, opera risorgimentale di Ruggero Leoncavallo creduta dispersa ma ritrovata da Domenico Carboni presso un collezionista americano.
AUDIO: ascolta l'intervista ad Alberto Veronesi
Ha sempre pensato che sarebbe diventato direttore d’orchestra?
«No, ma ho sempre saputo che la musica sarebbe stata la mia vita. All’inizio suonavo il pianoforte, componevo e dirigevo i cori, solo intorno ai 18 anni mi sono orientato in maniera chiara verso la professione di direttore d’orchestra».
Che cosa rappresenta per lei la musica?
«Un mezzo di espressione, una forma di comunicazione. Perciò, nel valutarla, bisogna tenere presenti il messaggio, la forza del pensiero e il genio di chi la compone. La verità è che non tutta la musica va messa sul podio».
Con quale compositore si sente più in sintonia?
«Sono particolarmente legato a Giacomo Puccini, perché è l’autore che ho studiato di più e con cui ho debuttato, e a Vincenzo Bellini, punto di sintesi prima di Verdi e Wagner, i più grandi compositori dell’Ottocento».
Fino al 2014 sarà impegnato come direttore musicale della New York Opera Orchestra, unico italiano dopo Toscanini a ottenere un incarico simile. Il suo segreto?
«Nessun segreto. Il mio arrivo a New York è nato dalla passione per le opere rare che mi accomuna a Eve Queler, la fondatrice della New York Opera Orchestra. Inoltre, sono riconosciuto come uno dei massimi esperti del Verismo italiano, sul quale ho un progetto con l’etichetta discografica Deutsche Grammophon».
E come si trova in questo ruolo?
«All’inizio ero un po’ intimorito perché a New York, oltre a dirigere l’orchestra, mi occupo della programmazione culturale. Ma oggi sono sereno: ho confidenza con la città e la città comincia ad averne con me».
Ha ancora dei sogni professionali irrealizzati?
«Certo. Ci sono tante orchestre sinfoniche straordinarie che vorrei dirigere, come la Berliner Philharmonisches Orchester e la Sächsische Staatskapelle di Dresda. Mi piacerebbe consolidare la mia presenza in Germania».
Che rapporto ha con il successo?
«Per me il successo è la soddisfazione di vedere realizzato qualcosa, così come lo volevo. La presenza del pubblico non fa grande differenza. Certo, ne sento il calore e mi fa piacere l’entusiasmo, ma nel lavoro la sfida è con se stessi».
Quali rinunce ha fatto per affermarsi come direttore d’orchestra?
«Ho dedicato gran parte del mio tempo allo studio e alla musica, sacrificando lo spazio per gli amici, ma senza rinunciare alla famiglia».
Per lei, spesso in viaggio, non deve essere facile conciliare lavoro e famiglia…
«Infatti, occorrerebbe un manager apposta! Il segreto è saper pianificare. Per fortuna, in questa fase mia moglie Andreina e mia figlia Susanna possono seguirmi: la mia compagna ha lasciato il lavoro (si occupava di promozione dei beni culturali, ndr) e la bimba, che ha tre anni e mezzo, non va ancora a scuola».
Come ha conosciuto sua moglie?
«Grazie ad amici comuni. Ed è stato un colpo di fulmine: nel giro di sei mesi ci siamo sposati (nel 2007, ndr)».
Che cosa l’ha colpita in lei?
«Il suo sorriso e gli occhi. Ma a convincermi che fosse la donna per me il suo approccio verso la vita».
Dove vivete?
«Ci dividiamo tra Palermo e Milano, ma, quando Susanna dovrà andare a scuola, penso ci trasferiremo stabilmente nel capoluogo lombardo».
Che tipo di padre è?
«Un padre normale, che ama giocare, parlare e fare lunghe passeggiate con la propria figlia».
E, come uomo, c’è qualcosa che le manca?
«Un po’ di tempo libero: sogno di avere tre settimane di fila senza pensare al lavoro, sono anni che non ci riesco».
In questo momento della sua vita cosa conta di più?
«Famiglia, salute e lavoro, in questo preciso ordine».
Felicità, per Alberto Veronesi, significa...
«Essere appagati dall’amore. Ma anche sentire che il messaggio musicale interpretato viene trasmesso nel modo giusto e immergersi nei valori spirituali dell’arte».
A proposito di spiritualità, lei è credente?
«Sono credente come poteva esserlo Beethoven. Più che una fede per un dio, nutro un forte impulso spirituale per la forza del progresso, per l’uomo che progetta e per l’idea di una società che progredisce».
La sua paura più grande?
«Che la crisi economica investa ogni attività e porti al blocco completo dell’Occidente».
È preoccupato per la situazione italiana?
«Sono sereno, ma sogno un’Italia più simile alla Germania e agli Stati Uniti, più unita, più sensibile alla cultura. Da noi invece ogni cosa è complicata: dai contributi per le grandi orchestre a quelli per i teatri stabili».
Come si immagina da anziano?
«Come sono oggi. Manterrò lo stesso entusiasmo nel portare avanti i miei lavori, senza curarmi dell’età. Per un direttore d’orchestra il tempo non esiste».
I suoi prossimi impegni?
«Il 15 ottobre chiuderò a Messina l’International Bellini and Romantic Opera Festival. Poi volerò a Rio de Janeiro per una serie di concerti sinfonici e all’inizio di novembre sarò alla Carnegie Hall di New York».
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