Sveva Alviti : Grazie a Dalida adesso so amarmi
Una relazione finita che l’ha fatta soffrire, una nuova vita a Parigi e, finalmente, il ruolo che sognava. L’attrice Sveva Alviti, protagonista del film sulla cantante icona, parla a Grazia di com’è diventata adulta. Scoprendo che il dolore non sempre arriva per fare male
L’attrice Sveva Alviti si presenta all’appuntamento volando sul motorino, i lunghi capelli biondi scompigliati dal casco, i jeans senza orlo e un pellicciotto nero. Ha l’umore alle stelle: «È un momento meraviglioso, mi dicono tutti che ho una stella in fronte, ma me la sono guadagnata», dice sorridendo e dando una sbirciata all’agenda fitta di impegni. Sembra incredibile che questa 32enne solare e dinamica abbia interpretato con tutto il dolore del mondo il ruolo della cantante italo-francese cresciuta al Cairo e morta suicida a Parigi, nel film Dalida, prodotto in Francia e diretto da Lisa Azuelos. Toccante campione d’incassi Oltralpe, racconta la vita di Cristina Gigliotti, in arte Dalida, scandita da successi e solitudine, passioni e tragedie: tre dei suoi amori, tra cui il cantautore Luigi Tenco, si tolsero la vita e lei stessa tentò due volte il suicidio prima di lasciare volontariamente il mondo nel 1987, a 54 anni. Il film, interpretato anche da Riccardo Scamarcio nel ruolo di Orlando Gigliotti, l’adorato fratello manager, Alessandro Borghi (Tenco) e Brenno Placido (un giovane compagno della protagonista) verrà trasmesso su Rai Uno in prima serata il 15 febbraio, dopo la fine del Festival di Sanremo, dove Sveva è stata invitata come ospite d’onore.
Grazia è stato il primo giornale, nell’ottobre 2015, a parlare dell’attrice romana e a dedicarle la copertina mentre si preparava in gran segreto al film. Allora, forte di un passato di modella internazionale, ma con pochissima esperienza nel cinema, era solo l’“inconnue italienne”, la sconosciuta italiana, che aveva battuto un centinaio di candidate molto più note di lei, tra cui Penélope Cruz e Laetitia Casta. «Senza Sveva non avrei girato il film», ha rivelato la regista. Oggi, che la incontro dopo averla vista soffrire, cantare, amare sullo schermo, la sconosciuta è diventata una star: i francesi sono impazziti per la sua interpretazione, giudicata un’autentica “reincarnazione”, i giornali le hanno dedicato elogi e copertine mentre piovono le offerte di lavoro. Durante la promozione del film alla tv francese, l’attrice è svenuta in diretta, ma ora si è ripresa perfettamente.
Si è trattato di una crisi epilettica, come hanno riportato i media?
«No. Ho avuto un cedimento emotivo dovuto allo stress e al superlavoro, a cui si è aggiunto un virus che mi ha scatenato gastrite e convulsioni. Ma mi sono bastati dieci giorni di riposo assoluto in un centro benessere fuori Parigi e le analisi di rito per recuperare la forma. Ho imparato tanto in quel periodo di isolamento, soprattutto ad amarmi».
Affronta tutte le cose all’insegna dell’emotività esasperata?
«Sempre. In amore, innanzitutto. E poi nelle amicizie, nei litigi, nel lavoro. Non mi accontento mai, né lascio niente al caso. In ogni situazione mi coinvolgo completamente. E proprio per questo ho ottenuto la parte di Dalida».
Mi racconta com’è andata?
«Attraversavo un momento di sconforto, un po’ perché era finito un lungo amore, un po’ perché non riuscivo a lavorare nel cinema. Avevo addirittura pensato di mollare, quando ho saputo che cercavano la protagonista del film. Ho realizzato il primo provino con lo smartphone e l’ho mandato alla regista. Poi, quando l’ho incontrata, ho cantato Je suis malade, un celebre brano di Dalida, con tutto il dolore che avevo dentro. E la parte è stata mia».
Vedendola recitare si resta impressionati dalla sua somiglianza con la cantante: la malinconia, l’eleganza, il carisma sono gli stessi di Dalida. Che cos’altro ha in comune con lei?
«Sono anch’io tosta nel lavoro e fragile in amore. A 17 anni mi sono trasferita a New York per fare la modella affrontando la sfida più impegnativa della mia vita da sola, lontana dalla famiglia e dagli amici. Non parlavo ancora inglese, piangevo tutti i giorni, ma dopo quell’esperienza niente mi fa paura. Eppure ho un disperato bisogno di affetto e, come Dalida, la paura costante di venire abbandonata».
Nella prima intervista rivelò di aver appena incontrato un nuovo amore, un francese che lavora nel cinema. State ancora insieme?
«Sì, e sono molto felice. Ma mi sono imposta di non parlare del mio compagno».
Fate sul serio, c’è una famiglia nei suoi progetti?
«Certo, voglio dei figli. A 32 anni mi sento pronta e ho già chiesto a Orlando, il fratello di Dalida che ha entusiasticamente appoggiato il film, di fare da padrino al mio primo bambino. Magari aspetterò un anno, ma il desiderio di crearmi una famiglia è forte. Voglio un destino diverso da quello di Dalida, che è stata una donna indipendente e all’avanguardia, ha venduto 170 milioni di dischi, ma non è mai riuscita a diventare madre».
Ha quindi deciso di stabilirsi a Parigi?
«Senza alcun dubbio. I francesi mi hanno adottata e mi fanno sentire a casa. Durante le riprese avevo un appartamento a Montmartre, il quartiere in cui è vissuta Dalida. Ora mi sono trasferita a Saint-Germain-des-Prés con i miei gatti trovatelli Moët e Chandon, che amo come figli. Dopo l’uscita del film ho ricevuto migliaia di lettere, email, complimenti sui social anche da attrici famose. Parte dalla Francia il mio futuro nel cinema, anche se ho dei progetti italiani interessanti».
Mi pare di capire che si prepara a seguire le orme dell’attrice Monica Bellucci.
«Lei è un’eccellenza del nostro Paese e incarna la bellezza mediterranea, io sono un tipo del tutto diverso, ma spero di piacere ugualmente».
Su quali doti punta per andare avanti?
«Sulla verità. Sul set faccio appello alle mie esperienze di vita e attingo alle mie emozioni più profonde. Voglio che il pubblico rida, pianga, balli con me. L’autenticità conta più della tecnica: è la prima cosa che ho imparato studiando recitazione a New York».
E che cosa le ha insegnato un personaggio tra luci e ombre come Dalida?
«Che la vita è una sola, non bisogna lasciarsi andare al pessimismo e alla depressione. Ho imparato anche a darmi totalmente al pubblico».
Da che cosa nasce la malinconia che appare a volte nel suo sguardo?
«Dalla sensibilità. Qualche giorno fa, a Parigi, dopo aver fatto la spesa con il mio compagno, fuori dal supermercato mi sono imbattuta in una donna di 70 anni infreddolita e affamata. Sono rientrata e ho riempito un carrello solo per lei. Non potrò mai dimenticare le sue lacrime di gioia. Basterebbe che ognuno di noi facesse una buona azione al giorno per avere un mondo migliore».
Ha legato con Scamarcio?
«Riccardo mi ha aiutata tantissimo. Siamo diventati amici e gli voglio un bene dell’anima. Ammiro il suo talento, l’impegno che mette nel lavoro e il suo rapporto con la celebrità: se ne frega e fa solo quello che gli piace».
È vero che Orlando Gigliotti le ha regalato gli orecchini della sorella Dalida?
«Sì, due paia. Bellissimi. Ma per rispetto di Dalida non li indosserò mai in pubblico».
Ora che è diventata famosa, ha paura di fare delle scelte sbagliate?
«Il rischio esiste, ma mi fido dell’istinto e del gruppo di professionisti che ho accanto. Continuo a studiare recitazione e vorrei perfezionarmi nel doppiaggio. Sono convinta che non esistano piccoli ruoli, è importante come li interpreti».
E con la moda pensa di aver chiuso?
«No, è un mondo che continua ad affascinarmi. Voglio essere una donna di stile e non escludo di partecipare a qualche progetto interessante. Qualche anno fa avevo fondato un marchio con mia sorella Sara, ma oggi, che non ho più tempo di seguirlo, vorrei firmare una capsule collection per uno stilista affermato».
Rispetto a due anni fa, si sente cambiata?
«Sono maturata e sempre più decisa a dare tutto al pubblico. Una mamma mi ha scritto di aver chiamato Dalida la sua bambina dopo aver letto che stavo girando il film: ho provato un’emozione grandissima».
Ha finalmente imparato a dominare le sue paure?
«Penso di sì. Ma il terrore di perdere l’amore rimarrà sempre».
Anche accanto all’uomo con cui oggi è felice?
«Sì, perché sappiamo che tutto può finire. Ma, soprattutto, dobbiamo imparare che il rapporto d’amore più grande va coltivato con noi stessi».
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