Dal maggiordomo al barbiere passando per il lustrascarpe e l’arrotino: 10 mestieri di un tempo che oggi sono tornati attualissimi
Vecchi mestieri che tornano alla ribalta, lavori retrò che diventano attualissimi: in periodo di crisi, il vintage va di moda anche nel Curriculum.
No, non stiamo parlando del mestiere più antico del mondo (che non è mai andato in pensione e pare non conosca periodi di magra).
Ci sono tante professioni che non sono più relegate al “C’era una volta”, ossia lavori d’antan che vengono recuperati e riadattati alla nuova società, perfetti per ripartire da zero e riscoprire l’artigiano (o la mondina) che c’è in noi.
Ecco i 10 mestieri che erano gettonatissimi ai tempi dei nostri nonni e che stanno assistendo a un nuovo incredibile boom. Direttamente dagli anni Cinquanta o giù di lì!
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Il maggiordomo
Oramai è bene investire non più in una laurea ma semmai in un attestato rilasciato dalle migliori Butler Academy sparse per il mondo. Pare infatti che il maggiordomo sia tra le figure professionali attualmente più ricercate e remunerate, altro che calciatore o CEO di multinazionali!
Non crediate che le scuole per formare i maggiordomi costino meno delle Università, anzi: per la maggior parte si spende un occhio della testa, talmente tanto che la Bocconi vi sembrerà più che d’economia, economica!
E, oltre alle rette, anche l’impegno richiesto agli allievi non è da meno: alcune istituzioni come l’International Butler Academy di Simpelveld, in Olanda, prevedono training talmente tosti da fare passare l‘addestramento del sergente Hartman di Full Metal Jacket come ricreazione.
Tutta la fatica che il wannabe-butler è costretto a sudare però ripaga alla grande, dato che i milionari americani, quelli russi e pure gli asiatici tengono al proprio household manager più che alla moglie.
Sarà perché sono gli ideali sostituti della moglie perfetta, tra pranzi organizzati magnificamente e pulizia della casa a prova di luminol di CSI, fatto sta che una consorte la si lascia mentre un butler con i contro-guanti è come un diamante o un tatuaggio: per sempre.
E in questo caso il “finché morte non vi separi” assicura al maggiordomo fedele un’eredità maggiore di quella che può sperare un’ex moglie fedifraga: oltre a stipendi da capogiro e regali inanellati di zeri, non è raro che il magnate morente decida di lasciare tutto proprio a lui, al braccio destro di una vita.
Se la serie televisiva Downton Abbey ha rilanciato la figura del butler, è però a un film che bisogna guardare per sapere a cosa si va incontro: fare il maggiordomo è una missione, una scelta di vita tanto quanto prendere i voti ecclesiastici e chi intraprende questa strada deve essere disposto a tutto.
L’archetipo del butler odierno è insomma Mr. Wolf di Pulp Fiction, pronto a risolvere problemi.
Il barbiere
Non che sia mai tramontata l’era del parrucchiere per uomo, tuttavia la nuova ondata hipster che ha rilanciato la cura maniacale del pelo facciale ha contribuito a rendere quella del barbiere una professione honoris causa. Nel senso che, oggi come oggi, ingellare ciuffi rockabilly e scolpire baffi à la Gomez Addams fa più onore che vincere una causa da avvocato, per dire.
Il sogno di tanti studenti che escono dal liceo non è più quello di iscriversi a Giurisprudenza o diventare scrittori: ciò che attira le nuove generazioni è il profumo di brillantina, l’afrore della lozione after shave nonché destreggiarsi tra lame e rasoi che neanche Edward mani di forbice.
Aprire un barber shop è la massima aspirazione di chi vede nel narcisismo e nell’hipsterismo la chiave di volta del business, motivo per cui armarsi di intraprendenza oltre che di pennello e macchinetta tosatrice vi permetterà di assicurarvi un lavoro con i baffi.
Non solo a Siviglia fare il barbiere è un classico: ormai dappertutto il taglio di barba & capelli è più richiesto di quello chirurgico a cuore aperto.
Perché l’uomo perde tutto ma non certo il vizio del pelo.
Il lustrascarpe
Credevate che lo sciuscià fosse tramontato con la fine del neorealismo?
Macché! La mania del recupero in chiave vintage di qualsiasi cosa ha fatto sì che dall’armadio dei nonni si tirassero fuori sia le scarpe della domenica (di pelle pregiata e trattate con i guanti) sia la professione di chi le ha mantenute come nuove.
In un tempo neanche troppo remoto, schiere di lustrascarpe lavoravano senza sosta nelle stazioni dei treni, nelle piazze e in qualsiasi luogo di aggregazione sociale.
In tutti i non luoghi antelitteram c’era un lustrino pronto a tirare a lucido la punta di un mocassino ma poi la nuova moda della moda-usa-e-getta e del consumismo vorace (per cui di scarpe non se ne possiede più un solo paio buono ma si fa straripare la scarpiera) hanno fatto estinguere questa figura mitologica dell’epos italiano.
Ma l’estinzione era solamente un tiepido letargo: dopo neanche mezzo secolo, gli sciuscià sono tornati in tutto il loro splendore.
Anche stavolta “galeotto fu il baffo”, nel senso che è ancora una volta il dandismo di matrice hipster a fare resuscitare questo vecchio mestiere.
Tant’è che a Palermo è nata la cooperativa Shoeshine 2.0, un aggregatore professionale e sociale che riunisce giovani e aitanti lustrascarpe (belli, curatissimi, tatuatissimi… insomma, fedeli al canone hipster) che si sono reinventati un old job rendendolo super contemporaneo.
Dalla loro idea innovativa - ma al contempo conservativa, quasi archeologica - si è diffusa a macchia d’olio la moda dell’odierno sciuscià (il cui termine è la storpiatura dell’inglese shoe-shine).
Il sarto
Messo in ombra dal cugino francese più snob (lo stilista), quello del sarto è un lavoro che non è mai tramontato ma ha conosciuto semmai un periodo di declassamento.
Fiore all’occhiello dell’artigianalità italiana, l’arte dell’ago e filo è da sempre un vero orgoglio nazionale (come Oldenburg ha omaggiato con la sua scultura a Cadorna) e oggi torna a essere sulla bocca di tutti.
La sartoria sta vivendo una nuova Primavera-Estate: tra accademie di fashion pratico e work-shop per imbastirsi il guardaroba da sé, il sarto è tornato alla ribalta.
Armatevi dunque di ferri del mestiere e riappropriatevi di quella etichetta Made in Italy che oramai viene apposta pure sul prosciutto: il sarto non è più una reliquia del Belpaese che fu.
Sarto subito!
Il contadino
Anche l’agricoltura è diventata un terreno fertile per la professionalità contemporanea.
Chi l’avrebbe mai detto che saremmo tornati a coltivare la passione per la genuinità del cibo e a metterla in pratica, pronti a destarci dal letto con il canto del gallo al posto della sveglia dell’iPhone?
Moltissimi giovani hanno abbandonato i campi della matematica, dell’informatica e pure quelli da tennis, optando per quelli da arare e innaffiare.
Con lo stress ai massimi livelli che la società capitalistica ha maturato, il ritorno alla campagna e ai ritmi circadiani è un antidoto che pare funzioni alla grande.
Inoltre l’ondata tsunamica del bio ha fatto aprire i battenti a tantissime aziende agricole ecosostenibili in cui si lavora con più benefit e agi rispetto a Google.
Qui non c’è bisogno del corso di yoga aziendale né del boccione d’acqua detox con zenzero e lime: la mindfullness ti viene naturale, basta svegliarsi all’alba con gli animali da rifocillare, e l’acqua detox è quella che bevi dal tubo di gomma dopo avere innaffiato acri e acri di campi.
La fatica però ripaga: il contadino è il nuovo business man, parola della strabiliante crescita che il settore agricolo sta registrando da noi.
Al posto di “braccia rubate all'agricoltura” c’è da incominciare a dire “braccia rubate alla fisica nucleare”, insomma.
Il pasticciere
Nell’era low carb, low fat, low cal… (low tutto, insomma) si dava per morto e invece il pasticciere è risorto.
E non soltanto a Pasqua, quando sforna colombe e fonde uova di cioccolato ancora richiestissime, ma tutto l’anno, settimane della moda comprese.
Colui che fino a qualche anno fa era considerato come uno dei più temibili attentatori alla linea, vero e proprio terrorista della silhouette, oggi è invece uno dei fornitori ufficiali di chi ama essere sempre alla moda.
Sulla scia coloratissima dei variopinti macaron di Ladurée, sfoggiati dalle trend setter come accessori importanti tanto quanto una clutch o un foulard, la pasticceria ha finalmente ritrovato pane per i suoi denti. O meglio: pasta per i denti sbiancati della gente più in.
Dai cupcake ai waffle fino ad arrivare agli smoothie bowl, la lista di dolciumi sdoganati dalla crème de la crème è più lunga di quanto un dietologo possa immaginare.
Se volete avere le mani in pasta in un affare sicuro, aprite una pasticceria che abbia un occhio di riguardo per il cake design. Dovrete farvi largo a gomitate tra fashioniste e stylist.
Il menestrello
Era il famoso suonatore di corte, andato in pensione con la caduta della monarchia in Italia.
Eppure anche oggi è attiva una sua versione meno obsoleta, anch’essa legata alla corte (nei casi in cui il menestrello 2.0 venga ingaggiato per fare la serenata a qualcuno).
Si tratta dei tanti musicisti resident che vengono assunti da ristoranti e locali per intrattenere i propri ospiti. Solitamente sono one man band (suonano la chitarra oppure il pianoforte e intanto cantano. Nei casi più eccezionali, il piede batte pure su una grancassa facendo da accompagnamento ritmico) e si occupano di intessere il tappeto sonoro del locale.
Molto eclettici come primo requisito, sono in grado di passare da una canzone di Sufjan Stevens a Sciolgo le trecce ai cavalli. Un Balsamo per le orecchie.
L’arrotino
Un tempo la frase “Donne, è arrivato l'arrotino!” riecheggiava in ogni strada, mentre negli ultimi due decenni è diventata più che altro un pretesto narrativo da film porno.
Oggi l’arrotino torna a essere sulla bocca di tutte, senza ricorrere a doti osé.
Gli arrotini più avanti si sono attrezzati con Apecar decorate ad arte e specializzazioni in coltellini Victorinox super hipster o coltelli da cucina Opinel, quelli dal manico colorato che vanno tantissimo nelle cucine più trendy.
Nell’epoca in cui gastronomia e arte culinaria sono salite sul podio delle attrazioni umane, era prevedibile che la filatura dei coltelli ne risentisse. Così l’arrotino ha ritrovato finalmente il proprio posto a bordo piazza, pronto a dare nuova vita a un coltello da carne esattamente come è successo a lui.
Il fabbro
Uno dei settori professionali in cui si sente meno la crisi è quello del fabbro.
Lungi dal pronunciare le proverbiali parole “non si batte chiodo”, nella bottega del maniscalco gli straordinari sono all’ordine del giorno.
Per finire i tantissimi lavori commissionati da chi vuole un cancello, chi un’inferriata, chi un portaombrelli e chi un lampadario imponente, le otto ore canoniche non bastano.
Inoltre la mania del design esplosa negli ultimi tempi ha rinvigorito questa figura professionale che fa del pezzo unico la sua cifra stilistica. Che quasi sempre costa una cifra!
Il liutaio
È l’artigiano che si occupa della riparazione e del restauro degli strumenti a corda. Il nome deriva dal liuto, un antichissimo strumento ad arco nella cui revisione i primi liutai erano specializzati, ma oggi il liutaio si occupa di qualsiasi strumento musicale presenti delle corde.
Violini, violoncelli, viole, contrabbassi, chitarre, bassi, mandolini… sul suo bancone si trovano pezzi e carcasse di tutti i tipi di strumento a corde, che puntualmente il Liutaio con la L maiuscola rimette a nuovo.
Oggi l’amore per l’artigianalità e il vade retro automatizzazione hanno fatto rinascere questa splendida professione targata XVII secolo.
Per aprire un laboratorio di liuteria ci vogliono come minimo venticinquemila euro per le spese fisse e per l’attrezzatura di base (lime, scalpelli, seghe eccetera). Il legno si acquista periodicamente e si tiene a stagionare per un po’, come si fa per i salami; quando il materiale è pronto, si può incominciare, attrezzandosi innanzitutto di pazienza: per costruire un violino, ad esempio, sono necessari oltre due mesi di lavoro.
D’altronde lavorare con lentezza è una delle caratteristiche precipue dei “nuovi vecchi lavori” tornati alla ribalta.
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