Vladimir Luxuria: L’amore mi ha quasi uccisa
Vladimir Luxuria parla con Grazia di ciò che ha capito sul dolore e la felicità e di come tutti dovremmo conquistare la libertà di voler bene
La prima domanda, quella attorno a cui ruota tutto il senso di questa intervista, arriva dritta dal libro che Vladimir Luxuria ha appena dato alle stampe, Il coraggio di essere una farfalla (Piemme, in libreria dal 28 febbraio). «Ma io voglio davvero essere felice?»: è un interrogativo che vale per tutti e che invece quasi tutti liquidiamo in fretta. Perché una risposta sincera ci metterebbe di fronte alla responsabilità di combattere per la nostra felicità. Oppure a quella di decidere di farne a meno.
Vladimir Luxuria, 51 anni, soubrette, artista, oggi opinionista del reality show L’Isola dei Famosi, è, come tutti sanno, una persona transessuale. «La natura ha fatto qualcosa di strano con me», racconta. «Mi guardavo allo specchio, mi vedevo maschio, mi sapevo femmina. Ho lavorato tanto per adeguare il mio corpo alla mia anima che non voleva essere piegata. E ci sto lavorando ancora».
È un impegno che riguarda tutti: non finiamo mai d’imparare a essere quello che siamo.
«Sì, infatti, in me questa eterna conquista è solo un po’ più evidente. Adesso se mi guardo, mi riconosco, mi piaccio, mi sento in pace con me stessa e quindi con il mondo. Non rinnego le mie radici, mi hanno dato una sensibilità speciale».
Quale?
«Il problema che molte persone hanno con il proprio corpo mi commuove. Dalla Sirenetta alla Bella e la Bestia, qualunque film sulla mostruosità, sull’inadeguatezza, mi fa piangere».
È arrabbiata con la natura che l’ha creata maschio?
«No, sono grata. Per me la femminilità è stata una conquista. Io so quanto sia bello essere donna, lo so più di chi è nata femmina».
Che cos’è il bello delle donne?
«La grazia. Giorgio Albertazzi, grande attore e grandissimo uomo, mi diceva che io ne sono piena. Un complimento enorme, per me».
Lei ha modificato con grande impegno e fatica il suo corpo. Perché non anche il suo nome?
«Vladimiro è il nome sovietico di mio nonno fascista: come vede le contraddizioni sono il mio dna. Ho tolto solo la “o” finale. Vladimir vuol dire: “la potenza della pace”. E io penso che chi è in pace con se stesso possa essere sovrano della propria vita. Io sono grata all’uomo che sono stata, non lo voglio cancellare. Molte persone transessuali decidono legittimamente di farlo: si sottopongono a un’operazione per il cambiamento del sesso, oppure bruciano le fotografie di quando erano uomini. Ognuno fa la scelta migliore per sé. Io mi tengo stretta l’immagine di Vladimiro, quel bambino fragile, che piangeva di fronte a uno sguardo severo».
Un bambino fragile che ha avuto in realtà una forza enorme.
«Nata da quella inadeguatezza iniziale. Per il mio libro ho scelto il titolo Il coraggio di essere una farfalla perché penso che la bellezza delle farfalle nasca dal loro essere state, prima, una larva. Il mio piccolo saggio parla a tutti, perché tutti dobbiamo continuamente autorizzarci a essere chi siamo davvero».
Lei ci è riuscita completamente?
«No. Non ho voluto cercare fino in fondo l’amore e questa è una mancanza con cui devo ancora fare i conti. Mi sono sempre nascosta dietro l’alibi della transessualità. Dicevo: per una come me è impossibile essere amata e amare in modo totale. Non è vero: conosco molte persone transessuali che hanno relazioni vere e profonde. E sono capaci di viverle senza paura e di tenersele strette».
Allora qual è il problema? Perché lei non ce l’ha fatta?
«L’amore mi ha scottata, quasi uccisa, quando avevo 16 anni. Fu una passione assoluta, travolgente, finita di colpo quando lui mi ha detto: “Da domani non mi salutare più, perché mi vergogno di te e di quello che ho fatto”. Da allora ho cominciato a pensare che l’amore profondo fosse dolore e quindi me lo concedo solo con amici e familiari. Per il resto ho continuato a inseguire rapporti superficiali, per non soffrire. Se comincio a sentirmi troppo coinvolta, mi blocco».
Un’altra sfida: il ragazzo fragile è diventato donna. Ora la donna deve imparare a fidarsi dell’amore.
«Sì, devo conquistarmi la libertà di amare. Convincermi che vale il rischio di soffrire. Sto facendo un discorso troppo triste?».
No, solo molto umano. Lei ha scritto che ognuno deve chiedersi se vuole davvero essere felice.
«È una domanda che mi sono fatta quando ho capito che non potevo più tentare di essere un uomo. Ci ho provato: mi travestivo, cercavo di uscire con le ragazze e di essere forte come i miei cugini. Poi tornavo a casa distrutta e mi sembrava che solo il mio cagnolino sapesse, capisse. Un giorno non ce l’ho fatta e l’ho detto».
A chi?
«A me stessa. E quindi a mia sorella Laura. Poi l’hanno saputo tutti, quando ho cominciato la mia trasformazione non potevo più nascondermi: il primo trucco, i tacchi e tutto il resto. Ho iniziato a diventare donna quando per un uomo mettere un orecchino era uno scandalo».
Nel libro parla dei transessuali anche come “due spiriti”. È così che si sente?
«Sono nata nel corpo di un uomo, ho voluto trasformarmi in una donna. Questo a volte mi dà la sensazione di poter capire profondamente entrambi i sessi. La sofferenza che ho attraversato ha aumentato la mia spiritualità, credo. E anche la mia capacità di intercettare il dolore degli altri. Mi scusi, sto di nuovo scivolando in argomenti troppo tosti».
Alleggeriamo con la televisione, allora. Bella la sua esperienza all’Isola dei famosi?
«È un lavoro piacevole, divertente. La palestra perfetta per esercitami in una delle arti che prediligo: l’ironia. Insieme con Alessia Marcuzzi, che è una donna speciale, un’amica». Prossimo obiettivo della farfalla? «Trovare l’amore e concedermelo, posarmi su un fiore, uno solo. Sperando che non sia carnivoro».
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