Julia Roberts: «Il mio super potere»
Nel film Wonder è una madre che ha la forza d’insegnare al figlio malato come affrontare i compagni bulli.E a Grazia Julia Roberts confida quello che considera il suo vero talento: «Il dono di sapere sempre quale posto voglio nel mondo»
Tanti anni fa, nel catalogo di un negozio di tatuaggi di Los Angeles, ce n’era uno che recitava pressapoco così: “Quello che so dell’amore l’ho imparato da Julia Roberts”. A volte penso che là fuori ci sia un’intera generazione che dovrebbe andare in California, arrotolare una manica e trovare il coraggio di farsi scrivere quella frase sulla pelle.
Mi riferisco a chi, a partire dal 1990, ha cambiato fidanzato-vita-tutto dopo aver visto Julia in Pretty Woman pronunciare di fronte a Richard Gere la battuta che l’ha consegnata alla storia: «Voglio la favola». E penso anche al film Notting Hill, nove anni più tardi, quando nei panni di un’attrice hollywoodiana che le somigliava tremendamente, Roberts diceva al libraio interpretato da Hugh Grant, preoccupato che la diva gli spezzasse il cuore: «Sono anche una semplice ragazza che sta di fronte a un ragazzo e gli sta chiedendo di amarla».
«Stavolta sono una semplice mamma che sta di fronte a suo figlio e gli sta dicendo che cosa prova per lui», mi dice oggi Julia per spiegarmi il suo ruolo nel film Wonder (nelle sale) tratto dal romanzo di R. J. Palacio pubblicato da Giunti.
Siamo all’hotel Langham di Londra per parlare della trasformazione della bella Julia, ambasciatrice dal 2012 del profumo La vie est belle di Lancôme, in Isabel Pullman, cioè la madre di un bambino affetto dalla Sindrome di Treacher Collins, una rara malformazione facciale.
Quando il piccolo, magistralmente interpretato da Jacob Tremblay, inizia ad andare a scuola dovrà vedersela con la reazione dei compagni e gli inevitabili crudeli episodi di bullismo, mentre la sua famiglia dovrà insegnargli che quando non puoi modificare il tuo aspetto puoi sempre lottare perché gli altri cambino il loro modo di vederti.
Nel film lei è una madre perfetta, che sa infondere sempre coraggio a suo figlio. Si è ispirata ai consigli che riceveva da bambina?
«No, devo ammetterlo: con mia madre non avevo questo rapporto idilliaco fatto di lunghe e costruttive conversazioni, quelle che piacciono tanto a noi genitori contemporanei. Lei aveva un lavoro che la impegnava a tempo pieno, una casa piena di bambini e una lunga lista di cose da fare ogni giorno: doveva essere più pragmatica. E francamente non riesco nemmeno a immaginarmela seduta con mia nonna a parlare di come saremmo diventati noi da grandi».
Lei che madre è invece?
«Ho il lusso di poter cenare spesso con i miei tre figli (i gemelli Hazel e Phinnaeus, 13 anni, ed Henry, 10, avuti dal marito Daniel Moder ndr). Loro sanno che possono parlare con me di tutto e che ci sarò sempre. Ecco, una cosa interessante della mia generazione è quanto siamo consapevoli di essere genitori».
A questo proposito che consigli ha dato al suo amico George Clooney ora che è diventato padre?
«Nessuno ovviamente. Però al telefono ridiamo molto quando mi racconta dei gemelli. Lui e Amal sono dolcissimi, premurosi e totalmente assorbiti da questi due bambini. Che sono molto fortunati. Non riesco a immaginare una coppia di genitori migliore».
Wonder affronta in maniera estrema il tema del bullismo scolastico. Che tipo di consigli dà lei ai suoi figli per affrontarlo?
«Una cosa che ho imparando leggendo il romanzo di R.J. Palacio è che il punto non è dare al tuo bambino il consiglio giusto, ma fornirgli un esempio. Il tuo superpotere nasce dalle forze che puoi controllare».
Lei è mai stata bullizzata a scuola?
«Certo, non credo che esista bambino al mondo che, in qualche momento della sua vita, non sia stato messo in mezzo da qualcuno più prepotente».
E per quale motivo le è capitato?
«Lo ricordo bene, ma non serve conviderlo. Pensandoci oggi fa solo ridere. Ma da bambini queste sono cose delicate».
Negli Stati Uniti si usa spesso la parola “bully”, bullo, per descrivere l’atteggiamento del presidente Donald Trump, specialmente per quanto riguarda il suo rifiuto di collaborare con gli altri Paesi sui temi dell’ambiente. Pensa che si ravvederà come fanno i prepotenti del suo film?
«Non posso parlare per lui, ma temo di no. Questo però non vuol dire che non dobbiamo noi tutti impegnarci e prenderci cura del Pianeta».
In questi mesi c’è un’altra battaglia molto cara alle star di Hollywood, quella contro le molestie sessuali, nata dopo le rivelazioni sugli abusi del produttore Harvey Weinstein e di altri attori. Come andrà a finire secondo lei?
«Ascoltare quelle storie è stato orribile, scioccante. E, a ogni nuova rivelazione, ci sentiamo tutti peggio. Grazie al cielo non ho mai vissuto episodi del genere, ma credo che tutta questa consapevolezza aiuterà le donne. L’importante è trasformare tutta la rabbia in una forza tranquilla che possa curare questo mondo».
Davvero nessuno le ha mai raccontato di aver subìto abusi e prepotenze da qualche produttore?
«No, nessuno».
Pensa di essere stata in qualche modo più fortunata di altre attrici?
«Lo sono stata in tanti modi: per la mia famiglia, le mie amicizie, le mie scelte. Il più grande dono che ho ricevuto è stato quello di vedere chiaramente il posto che voglio nel mondo, senza inutili compromessi».
Lei ha da poco compiuto 50 anni, questa sembra una frase da donna matura.
«Non ho sentito particolarmente questo traguardo, siete voi giornalisti che esagerate: quando ho compiuto 47 anni non mi avete fatto tante feste».
In Wonder, durante una delle scene più intense, lei dice al suo bambino che tutti abbiamo dei segni sul volto e che sono loro a raccontare dove siamo stati.
«Magari non tutti, ma la maggior parte di noi sì, ha il volto che racconta molto della nostra storia».
Poi lei aggiunge che il nostro cuore è la mappa che ci mostrerà sempre dove andare. Vuol dire che lei ha imparato in qualche modo a prevedere il futuro?
«La risposta breve è: no, certo che no. Quella lunga è più complessa: credo davvero che il nostro cuore, inteso come modo di sentire e rapportarci agli altri, sia una specie di bussola che ti conduce sempre nella giusta direzione».
A proposito di futuro, i suoi figli ormai sono adolescenti, pensa che il vostro rapporto cambierà?
«Non mi metta paura perché non posso permettermi di averne».
Che cosa la preoccupa tanto?
«Spesso è come se i ragazzi pretendessero che i loro genitori siano capaci di leggere nella loro mente. E imparano quello che noi adulti già sappiamo: che, a volte, non riesci a ottenere l’attenzione che speri di avere nel momento esatto in cui ne hai bisogno».
Lei di attenzioni ne ha fin troppe: è bella, famosa, molto amata.
«Dovreste venire a casa mia e vedere le mie giornate: non faccio mica sempre la diva».
Be’,non dovrebbero essere comunque giornate molto noiose.
«Questo è vero anche perché a me piacciono le cose semplici, tipo cucinare, fare il bucato, telefonare alle amiche. Ho un lavoro con orari flessibili, sono un’artista, ma anche una persona concreta. E questi sono aspetti che considero molto vantaggiosi».
Qual è il suo modo ideale di trascorrere il tempo libero?
«Non ce n’è uno solo, naturalmente. In questo momento, sotto le feste, mi piace molto stare in casa davanti alla tv con i ragazzi. Oppure leggendo un bel libro tutti insieme. E le dirò di più: adoro farlo di mattina, magari alla domenica quando mi sveglio verso le 9 e sono sicura di non essere stanca e di non correre il rischio di addormentarmi nel bel mezzo di qualunque attività».
In Pretty Woman lei, alla fine, entrava e usciva dai negozi facendo shopping senza freni. Oggi riuscirebbe a fare altrettanto o, per evitare i fan, preferisce comprare tutto online?
«No, riesco ancora a organizzarmi per conto mio, mi piace soprattutto acquistare piccole cose durante i miei viaggi, come ricordi. Ma quest’anno, per Natale, sostengo le donazioni attraverso Amazon alla Croce Rossa per i progetti contro l’Aids in Africa».
Amazon produrrà anche la prima serie tv che la vedrà protagonista, il thriller Homecoming.
«Non vedo l’ora di confrontarmi con il regista Sam Esmail (l’autore del serial Mr. Robot, ndr), anche perché non ho idea di come funzioni questo mondo. Spero solo di non fare un pessimo lavoro: sarebbe seccante se dovessero uccidere il mio personaggio in un incidente stradale al quarto episodio. Non trova?».
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