Ines de la Fressange: Vestiamoci senza paura
La modella e ambasciatrice di Roger Vivier Ines de la Fressange ha scritto un libro per svelare i segreti dei suoi look da parigina chic. E perché, dice a Grazia: «quello che indossiamo parla della nostra fiducia in noi stesse»
Mi chiama sul cellulare alle 9 del mattino. «Buongiorno, sono Ines de la Fressange», si annuncia con l’intonazione cantilenante che le è propria e che tradisce le sue origini aristocratiche (suo padre è il marchese André Seignard de la Fressange). Il caffè che sto bevendo mi va quasi di traverso per la sorpresa, non mi aspettavo che fosse così mattiniera.
Avevo tentato di contattarla il giorno prima per parlare con lei del suo nuovo libro, Come mi vesto oggi? Sottotitolo: Il look book della Parigina, scritto con la giornalista Sophie Gachet, che uscirà in Italia il 20 marzo per le edizioni L’Ippocampo. È una sorta di guida pratica nella quale la più chic delle parigine, 59 anni portati con intelligenza e allegria, suggerisce 50 look da adottare in altrettante occasioni della vita quotidiana, dal colloquio di lavoro alla cena con l’ex.
Ma con Ines de la Fressange si comincia a parlare di moda e stile, campi nei quali è un’autorità indiscussa, e si finisce per discutere di libertà e femminismo. «Scegliere un abito può trasformarsi in un atto militante», mi assicura prima d’invitarmi a passare a trovarla al Ritz, il grand hotel affacciato su Place Vendôme.
«È un po’ la mia seconda casa», mi spiega la modella, oggi ambasciatrice del marchio di accessori Roger Vivier e volto di L’Oréal. «Quando lavoravo per Chanel, lasciavo le chiavi della mia auto al portiere per correre dall’altra parte della piazza in rue Cambon (dove si trova la boutique, ndr)».
Al Ritz ritrovo Ines de la Fressange in un salone affacciato sul giardino; sta presentando la collezione autunno-inverno della griffe che porta il suo nome e con la quale firma delle capsule per la catena giapponese Uniqlo.
Il cocktail di Roger Vivier per il lancio di “Come mi vesto oggi” di Ines de la Fressange
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Tra abiti e accessori appesi lungo le pareti dalle delicate dorature, un nugolo di potenziali clienti la circonda. Lei spicca tra tutte, e non solo perché è la più alta: giacca blu su una blusa bianca a volant, pantaloni di velluto liscio a zampa di elefante color giallo cedro, scarpe a tacco basso, è l’incarnazione dello stile secondo la parigina. Con tutta evidenza, alla domanda: «Come mi vesto oggi?», ha trovato la risposta giusta.
Qualcuno potrebbe giudicare il suo libro superficiale. È così importante l’apparenza?
«Solo gli ipocriti lo negherebbero. Sapersi vestire in modo adeguato alle circostanze è essenziale. Non tanto per una questione di stile, quanto di fiducia: di fiducia in noi stesse. Se ci sentiamo a disagio, se non ci piacciamo, come possiamo convincere gli altri a interessarsi a noi?».
Perché si è lanciata in questo progetto?
«Il mio obiettivo è rendere u servizio alle donne. Lavoriamo tanto, non abbiamo tempo e spesso neppure la fortuna che ci meritiamo. Checché se ne dica, l’interrogativo “Come mi vesto oggi?” ci riguarda tutte, è universale e intergenerazionale. Volevo suggerire delle risposte come potrebbe farlo una buona amica alla quale si telefona la mattina per avere qualche dritta».
E qual è il suo consiglio più importante?
«Puntare su pochi capi basic. Il segreto è saperli declinare in modi diversi. Non incito assolutamente all’acquisto, anzi, invito a creare nuovi accostamenti utilizzando quello che abbiamo già nell’armadio».
Per esempio?
«Invece di mettere un blazer con una camicia di seta e avere l’aria di una hostess è più opportuno indossarlo con una T-shirt e delle sneakers. Mi piace paragonare la moda alla cucina: si possono realizzare diverse eccellenti ricette con gli stessi ingredienti di base, basta cambiare le dosi e gli abbinamenti».
Un errore da non commettere assolutamente?
«Sovraccaricare un look. Il mio slogan potrebbe essere: meglio eliminare che aggiungere. La sobrietà è sempre una soluzione. Il che vale anche per i gioielli: inutile coprirsi di anelli, collane, braccialetti. Bisogna saper scegliere».
Lei è l’icona dello stile parigino. Come lo definirebbe?
«Astuto. La parigina è un asso nel saper mescolare il capo comprato in un grande magazzino con quello di marca. Non ama i total look, le piace un’eleganza senza ostentazione. Un semplice maglione blu con scollo a “V” la mette in valore e la rende bella».
È vero che gli abiti fotografati nel libro vengono tutti dal suo guardaroba?
«Sì, a parte una giacca a paillettes e un maglioncino rosa fluo. Sono pigra, e invece di telefonare a destra e a manca per farmi mandare i capi, ho preferito aprire i miei armadi. E poi volevo essere sincera e onesta: quello che mostro è davvero il mio stile quotidiano. A renderlo chic ci pensano gli accessori, in particolare le scarpe e le borse Roger Vivier».
Che non tutti possono permettersi.
«Me ne rendo conto, ma anche questo è un consiglio importante: invece di comprare dieci paia di scarpe di qualità mediocre, è più saggio investire in un solo accessorio di qualità, che trasforma immediatamente il look. C’è sempre un’occasione, dal compleanno alla Festa della mamma, per farselo regalare».
Qualche volta è capitato anche a lei di non sapere che cosa indossare?
«Più spesso di quanto si creda. Ho pochissimi abiti da sera, quando vado in Cina per l’inaugurazione di una boutique Roger Vivier vedo arrivare delle donne asiatiche in tenute sfarzose. Davanti alla mia giacca da smoking, sgranano gli occhi: sarebbe questo lo stile parigino? Sento una certa delusione, ma non posso trasformarmi in qualcosa che non sono».
Lei ha due figlie, Nine, 23 anni e Violette, 17 (avute dal marito, l’imprenditore Luigi D’Urso, scomparso nel 2006, ndr). Ascoltano i suoi consigli?
«Naturalmente no. Fanno tutto di testa loro. Ammiro il loro gusto, il modo in cui mescolano i capi, di preferenza vintage o comprati nei grandi magazzini. E poi prendono molte cose dal mio armadio, il che mi fa piacere».
Che cosa rivela di noi donne il modo di vestire?
«Parla delle nostre libertà, dei nostri diritti, spesso conquistati a costo di lunghe lotte. Come considerarlo una semplice frivolezza quando, persino in Francia, ci sono quartieri in cui una donna non può andare in giro in gonna? Ho vissuto gli Anni 70, le battaglie del movimento femminista e sono sconcertata davanti al ritorno di un certo moralismo. Forse è il momento di tornare a bruciare il reggiseno in piazza».
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