I film più belli usciti al cinema nel 2017? Ecco la nostra selezione tra titoli socialmente impegnati, storie visionarie, nuovi personaggi incredibili e piccoli capolavori
Il 2017 al cinema si è rivelato un anno molto interessante sotto diversi punti d'analisi.
Se da una parte abbiamo visto film importanti e socialmente impegnati come Moonlight di Barry Jenkins o Il diritto di contare di Theodore Melfi, dall’altro è bello osservare il nuovo sguardo - ancora tutto in divenire - che il cinema sta costruendo sui suoi personaggi femminili, partendo ad esempio da figure iconiche come la Jackie di Larrain o la Wonder Woman di Patty Jenkins.
Non solo: il 2017 è stato anche teatro dell’incantevole La La Land di Chazelle e del visionario Arrival di Villeneuve.
Giunti alla fine dell'anno, ecco dunque i film più belli e quelli che più abbiamo amato in sala ad oggi.
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Jackie, di Pablo Larraín
Presentato alla scorsa edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Jackie racconta la figura di Jacqueline Kennedy i giorni successivi al tragico assassinio del marito, il Presidente americano John Fitzgerald Kennedy, a Dallas.
Quella di Pablo Larraín è una pellicola autorale atta a raccontare la donna e il ruolo che ha avuto nella costruzione del mito attorno al marito.
Il film, infatti, si svolge proprio partendo da una famosa intervista che Jackie rilasciò il 6 dicembre 1963 alla rivista «Life»: fu in quell’occasione che regalò al mondo il mito di Camelot, sedendosi in poltrona e raccontando, tra una sigaretta e l’altra, la sua versione della storia.
Dunkirk, di Christopher Nolan
Christopher Nolan firma il film che di diritto dovrebbe vincere il premio per la Migliore Regia agli Academy Awards 2018.
Seconda guerra mondiale: 400 mila unità alleate, di cui la maggior parte inglese, rimane bloccata a Dunkerque, al confine tra Francia e Belgio.
Senza nessuna possibilità di salvarsi via terra, l’unica speranza per i soldati ammassati sulle spiagge della Manica è che qualcuno li venga a prendere e a salvare dall’Inghilterra.
Conosciuta anche come Operazione Dynamo, quella raccontata dal regista della trilogia di Batman, è sia un’intensa pagina patriottica della storia inglese sia un’esperienza immersiva nella follia della guerra.
Nolan non si limita a guardare quello che accade ai soldati e alla loro disperata attesa, ma fa in modo che lo spettatore si senta uno di loro, ne percepisca la paura, l’ansia e la mancanza di consapevolezza sul perché si trovino lì.
Moonlight, di Barry Jenkins
Barry Jenkins (Medicine for Melancholy) firma il Premio Oscar 2017 come Miglior Film.
Ambientato nei sobborghi di Miami, Moonlight è diviso in tre atti - infanzia, adolescenza, età adulta - e segue la storia di un ragazzo nero cresciuto nel ghetto.
Chiron, questo è il suo nome, non è aggressivo come i suoi coetanei, che troppo spesso prendono la sua mancanza di reazione come debolezza.
L’amicizia con un uomo più adulto, che lo aiuterà nel suo difficile percorso di formazione, e la scoperta del primo amore, lo porteranno a ri-conoscere se stesso e aspetti nascosti del proprio io.
Arrival, di Denis Villeneuve
Può la Terra e la sua mancanza di comunicazione essere salvata dagli extraterrestri?
Detta così, sembrerebbe una storia folle, abituati come siamo cinematograficamente ad associare la figura dell’alieno a tutto, fuorché proprio al dono della parola.
Eppure, grazie al personaggio di una linguista che assume le spoglie di una Madonna contemporanea portatrice di un tempo futuro (con il volto di Amy Adams), Villeneuve racconta uno sci-fi intimo e visivamente immenso che parte da lontano per arrivare a indagare gli aspetti più umani dell’esistenza.
Il diritto di contare, di Thodore Melfi
Il diritto di contare è una delle più grandi rivelazioni del 2017.
Protagoniste di questa storia tutta al femminile ambientata nella Virginia segregazionista degli anni Sessanta, sono tre donne nere che, seppur avendo tutte le skills per essere le migliori nei rispettivi campi, non hanno le stesse possibilità d’ascesa dei bianchi, meglio ancora se uomini.
Tutto ciò le farà arrendere? Assolutamente no.
Tratto da una storia realmente accaduta, il film è un concentrato d’ottimismo e carica ad abbattere agli ostacoli della vita, oltre che un bellissimo racconto.
La La Land, di Damien Chazelle
La La Land è stato un film su cui si è molto discusso: c’è chi lo ha amato e chi lo ha odiato.
Ma questo, se ci pensate, succede a molti grandi lavori autorali.
Il film di Damien Chazelle parla di romanticismo, ma il sentimento tra i suoi due protagonisti è solo la scusa per mettere in scena l’amore del suo creatore per il cinema.
Spettacolo, incanto e magia sono al centro di questa storia ambientata a Hollywood ‘City of Stars’ (come canta la sua colonna sonora) dove una giovane che sogna di diventare attrice e un ragazzo romantico che vuole aprire un locale jazz s’incontrano, si sostengono nel raggiungimento dei reciproci obiettivi, per poi scoprire che le favole della vita sono purtroppo più amare di quelle di fiction.
Blade Runner 2049, di Denis Villeneuve
Sembrava impossibile anche solo l’idea di toccare un cult come «Blade Runner» di Ridley Scott (1982) per un sequel, senza farne scempio.
Eppure il bravo Denis Villeneuve («Arrival») è riuscito nell’impresa difficilissima di costruire un film fedele al capolavoro del passato (il celebre immaginario), ma coerente con una sua personalissima visione cinematografica.
Il suo «Blade Runner 2049» è uno sci-fi contemporaneo la cui storia inizia esattamente trent’anni dopo i fatti accaduti nel film precedente: protagonista questa volta è l’agente K (Ryan Gosling), che ha preso il posto di Deckard (Harrison Ford) nella caccia alla cyber creature.
È durante un’operazione di smascheramento di un vecchio Nexus, che K scopre qualcosa che potrebbe cambiare per sempre la conoscenza sui replicanti avuta fino a quel momento.
Per capirlo fino in fondo, però, ha bisogno di trovare Deckard, ormai scomparso da anni, e farsi dare qualche dettaglio da lui.
Elle, di Paul Verhoeven
La straordinaria e algida Isabelle Huppert è protagonista assoluta di Elle, dramma in stile francese del regista di Basic Instinct e Showgirls.
Michéle è una donna in carriera cinica e indipendente, ma anche estremamente arguta e ironica, che nulla sembra poter turbare.
Gestisce tutto, dal lavoro ai sentimenti, senza particolare trasporto emotivo.
Anche il giorno in cui viene aggredita e violentata in casa sua da un uomo incappucciato, sembra non riportare grossi traumi, ma aspetti inquietanti legati al suo passato e alla figura paterna, sono pronti a riaffiorare sotto forma di un pericoloso gioco carnefice-vittima.
Wonder Woman, di Patty Jenkins
Interpretata dalla bella Gal Gadot, la Wonder Woman di Patty Jenkins è una delle migliori sorprese di quest’anno.
Muscoli, sensualità e grazia sono concentrati in un film che rivista in chiave contemporanea una delle figure femminili più iconiche della cultura pop, riuscendo pure - cosa non da poco - a non essere ‘l’ennesimo film sui supereroi’.
Wonder Woman piacerà sia alle generazioni cresciute con il suo mito in formato comics e televisivo sia alle piccole principesse d’oggi che in lei troveranno quella coraggiosa positività femminile su cui il cinema contemporaneo - Disney in primis - sta provando a lavorare.
Ammore e malavita, di Manetti Bros.
I Manetti Bros. tornano a Napoli dopo «Song‘e Napule» (2013) per il film sorpresa del Festival di Venezia 2017.
La coppia di fratelli registi, infatti, mette in scena in modo ironico i cliché ormai abusati in tv e al cinema sulla città e sulla malavita.
Lo fa proponendo un film di genere, che poggia il suo impianto narrativo sulla sceneggiata napoletana, in cui la recitazione si mischia al canto e ai monologhi drammatici.
Ciro (Giampaolo Morelli) è un sicario al soldo di Don Vincenzo (Carlo Buccirosso).
Quando quest’ultimo si fa convincere dalla moglie Maria (Claudia Gerini), grande appassionata di blockbuster di spionaggio, a sparire come un moderno 007 per iniziare una nuova esistenza lontano da Napoli, purtroppo la vita di Ciro prende una piega inaspettata.
Il ragazzo, infatti, viene incaricato dal boss di uccidere una giovane che ha visto troppo la sera della sua fantomatica fuga.
Ciro, però, quando scopre che si tratta di Fatima (Serena Rossi), suo primo grande amore adolescenziale, non può fare a meno di risparmiarla, innescando una catena di violenza tra i malavitosi.
Divertente e registicamente ben orchestrato, anche in materia di action, i Manetti Bros. ci regalano il miglior film italiano dell’anno.
The Big Sick, di Michael Showalter
Interpretato da Kumail Nanjiani e Zoe Kazan, «The Big Sick» racconta la vera storia d’amore tra il famoso stand-up comedian di origini pakistane - che nel film veste i panni di se stesso - e sua moglie Emily V. Gordon.
Prodotto da Jude Apatow, «The Big Sick» è una commedia romantica con una marcata impronta indie, che muove le fila narrative dall’incontro dei due a Chicago, durante uno show che lui sta tenendo in un locale.
Quella che entrambi vorrebbero sia la storia di una notte, si trasforma presto in una relazione.
A complicare le cose, però, ci sono da una parte la famiglia di lui, che lo vorrebbe vedere sposato con una ragazza delle proprie origini, e dall’altra un’improvvisa malattia di lei, che la costringe in coma in ospedale.
«The Big Sick» parla di amore, ma anche d’integrazione, soprattutto quella delle seconde generazioni che nell’America delle mille opportunità si trovano in bilico tra tradizioni da non dimenticare e nuovi valori a cui fare spazio nelle proprie vite.
La battaglia dei sessi, di J. Dayton e V. Faris
I registi di «Little Miss Sunshine» tornano al cinema con un’altra piccola perla tratta da una storia vera.
20 settembre 1973: dopo una turbolenta battaglia mediatica, la tennista Billie Jean King (Emma Stone) sfida sul campo l’ex campione Bobby Riggs (Steve Carell).
La prima si batte affinché le donne, a parità di ruolo, inizino a percepire la stessa retribuzione dei colleghi uomini.
Il secondo lo fa per dimostrare una supposta superiorità maschile per cui questo non dovrebbe avvenire.
La trama del film si snoda dentro e fuori i campi da gioco, tra vita pubblica e privata, soprattutto della King.
Un film che, parlando di un evento accaduto 44 anni fa, affronta tematiche molto rilevanti del nostro presente.
Sette minuti dopo la mezzanotte, di Juan Antonio Bayona
Uscito purtroppo in sordina, il nuovo film del regista di The Orphanage è una trasposizione dell’omonimo libro di Patrick Ness, nonché una favola drammatica dalle tinte dark.
Conor O’Malley è un ragazzino che vive un momento davvero difficile della sua vita: mentre sua mamma lo sta lasciando affetta da un male incurabile, è costretto a vivere con la nonna che odia e viene costantemente bullizzato da alcuni compagni di scuola.
Una notte però, esattamente sette minuti dopo la mezzanotte, il gigantesco albero che troneggia nel suo giardino prende vita nei suoi sogni per condurlo, attraverso una serie di favole, alla consapevolezza di se stesso e della sua di storia.
Non fatevi ingannare dalle parti animate: Sette minuti dopo la mezzanotte non è un film per bambini.
Logan - The Wolverine, di James Mangold
Il terzo capitolo della saga intitolata al personaggio Marvel interpretato - ormai iconograficamente - da Hugh Jackman, parla di decadimento e poi di rinascita.
Lo fa attraverso le figure del suo protagonista maschile e di una bambina mutante che Wolverine salva dalle grinfie dei perfidi umani che l’hanno creata.
È un destino che si ripete. Sullo sfondo di questo spin-off degli X-Men, un paesaggio apocalittico alla Mad Max rende il film molto più accostabile per trama fotografica a un western che non a un semplice giocattolone superheroes.
Un episodio della saga reso unico non dagli effetti speciali, ma dall'autoralità filmica.
IT, di Andrés Muschietti
Tratto dal capolavoro di Stephen King, l’«IT» del pressoché sconosciuto Andrés Muschietti mixa sapientemente gli stilemi più classici del genere horror con una buona dose di ‘new wave eighties’ d’immaginario post «Stranger Things».
A differenza del suo precursore, interpretato dall’iconico e paurosissimo Tim Curry nella mini serie-tv anni Novanta, il clown del giovane Bill Skarsgård è più fanciullesco e visivamente più teatrale, ma proprio per questo davvero inquietante.
Se tantissimi ‘figli degli anni Ottanta’ non sono andati al cinema con l'angoscia di replicare un trauma infantile, in verità non hanno nulla da temere.
Innanzitutto perché un senso di terrore così forte come quello provato da bambini non si può ripetere da adulti, ma soprattutto perché il nuovo «IT» è davvero un bel racconto d'amicizia e formazione costruito sulla paura (non vice-versa).
Guardiani della Galassia Vol. 2, di James Gunn
Se quello che vi occorre è un film divertente, recuperatevi subito Guardiani della Galassia Vol. 2.
Il secondo episodio della saga con protagonisti Chris Pratt e Zoe Saldana, preme l’acceleratore sulle gag e sugli effetti speciali già dai titoli di testa (una delle cose più belle del film) andando a confermare il successo dovuto sia alla sua squadra di ‘freaks’ protagonista sia alla capacità di mixare sapientemente tutti gli ingredienti di un film pop di successo: dalla storia romantica all’ironia, dall’avventura al dramma.
Borg McEnroe, di Janus Metz Pedersen
Il 2017 è stato l’anno del tennis al cinema: dopo «La battaglia dei sessi» ecco dunque «Borg McEnroe», il film su una delle rivalità più celebri e straordinarie della storia di questo sport.
Torneo di Wimbledon, Estate 1980. Bjorn Borg (Sverrir Gudnason) è svedese, paranoico e sfoga le sue paure martoriandosi interiormente. John McEnroe (Shia LaBeouf) è americano, una testa calda e, durante gli incontri, scarica la tensione tenendo scenate furibonde su presunte ingiustizie d’arbitraggio, per cui ormai è detestato dagli spalti di tutto il mondo.
Il regista Janus Metz Pedersen racconta i due campioni agli antipodi partendo dal campo su cui si sono affrontati per la prima volta, in un’estenuante finale che si è consumata di tie-break in tie-break, passando agli annali del tennis.
Nonostante la parte del gioco riesca a intrattenere perfettamente lo spettatore con ritmo serrato di montaggio, suono e inquadrature, l’aspetto migliore del film rimane la sua profonda e commovente indagine sull’uomo dietro allo sport, tra limiti da superare e aspettative da non deludere.
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