Marc Jacobs lascia Louis Vuitton
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Il designer lascia la maison francese dopo 16 anni di collaborazione
Marc Jacobs lascia Louis Vuitton. Le didascalie affrante del popolo di Instagram lo dànno per certo. Anche Bernard Arnault sembrerebbe confermare mesi di speculazioni su un contratto che non sarà rinnovato (forse in favore di Nicolas Ghesquière). Questa è stata l'ultima passerella di Marc Jacobs per la maison francese. È il designer stesso a fornirne le prove. La cartella stampa è una lettera d'addio, firmata di suo pugno. Nelle righe dettate dalla commozione un canone di donne muse, da Jane Birkin a Elsa Schiaparelli, da Kate Moss a Miuccia Prada, con la sempre fedele Anna Wintour a chiudere la lista. E poi Parigi, suggerita in un ritratto tutto emotivo e personale, e un breve testamento di poetica dai toni wildiani: «Prendo piacere dalle cose per come sono, rivelandosi nel puro ornamento della bellezza per la bellezza. Legarsi a qualcosa sul piano della superficie è onesto tanto quanto farlo a un livello puramente intellettuale».
Lo ha dimostrato in sedici anni di geniale direzione creativa. Questo newyorkese che ha ridato il sorriso a un colosso che s'era appesantito nel tempo, manifestando un istinto commerciale senza paragoni. L'infaticabile mano che ha retto le fila di tre linee, con una quarantina di collezioni distribuite su dodici mesi. Il visionario che risposto fiducia incrollabile nell'arte, rendendo fenomeni di portata planetaria le sue collaborazioni con Takashi Murakami, Richard Prince, Yayoi Kusama. Ecco il merito di una moda che ha impresso una traccia indelebile nella cultura e nello spirito dell'epoca. E che ha fatto sognare con scenografie mastodontiche e strabilianti, appuntamento tra i più attesi di ogni settimana parigina.
La sfilata di oggi sigilla un capitolo irripetibile nella meraviglia e nella riconoscenza, con un carosello che ripercorre tutti i temi più cari. La giostra, la fontana, il via vai seducente nei corridoi d'hotel, l'ascensore, i monogrammi inequivocabili di Stephen Sprouse. Non un colore, solo il nero ineluttabile di un atto conclusivo e di un commiato struggente. E quell'attitudine alla raffinata carnalità, alla stravaganza coltivata con ironia, al senso del giocoso che non preclude l'eleganza. Di tutto questo sentiremo nostalgia.
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