Fotogallery Floreale: 5 cose da sapere
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I segreti di uno dei trend più amati...in tutte le stagioni
Da sempre i fiori sono l’immagine della vita: emblema della rinascita del ciclo stagionale, simbolo di gioia e di lutto, di amore terreno e celeste. Attraverso il potere evocativo degli abiti, le stampe floreali, grazie all’elaborazione concettuale da parte degli stilisti, ritrovano oggi l’aura mitica delle epoche perdute. Nelle intermittenze della memoria, il floreale acquista un allure irripetibile che diventa desiderabile dal mondo delle tendenze. Infatti, come avete letto nell’articolo di Diana Marian Murek , la stagione in corso è all’insegna del flower power, ormai entrato nella hall delle tendenze.
Ecco 5 cose che dovete sapere:
1) Lo stile Liberty e i fiori nella letteratura
Il Novecento restituì il significato alla pittura floreale, dopo un secolo in cui l’arte era quell’impalpabile leggerezza dei fiocchi, delle ciprie e dei piumini e il valore simbolico dei fiori era stato sostituito dalla leziosità della decorazione. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, lo stile Liberty, detto anche floreale, s’impose con lo scopo di opporsi all’austerità dell’industrializzazione che aveva invaso tutti gli aspetti della vita. Allo stile Liberty corrispose il Modernismo in Spagna, l’Art Nouveau in Francia e in Belgio e l’Art Decor in Inghilterra. Il termine Liberty deriva da Arthur Lasenby Liberty, un commerciante londinese di oggetti d’arte di alta qualità. Le decorazioni Liberty erano ispirate al Dolce Stil Nuovo: fiori, frutta e grappoli d’uva, anfore, corone d’alloro, uccelli del paradiso, geometrie, linee sinuose e spirali, da qui, infatti, la denominazione di Stile Floreale. Il linguaggio espressivo utilizzato serviva a trasfigurare gli oggetti prosaici e quotidiani in una dimensione di bellezza. Tutta la letteratura simbolista si basava fortemente, già a metà del XIX secolo, su un misticismo floreale, con lo studio accurato della natura in tutte le sue forme e Baudelaire (1821-1867) con il suo capolavoro “Le Fleurs du Mal” (Parigi, 1857) ne fu il vero precursore. Un tema molto caro alla letteratura del Decadentismo quello della natura, che nelle opere veniva raccontata come vegetazione malata, mostruosa, velenosa, nella quale si materializzava il compiacimento decadente per l’impuro e il corrotto. In questa immagine della natura repellente, gli scrittori romantico-decadenti, trascrivevano la metafora dell’inconscio, in cui proliferavano i mostri, gli impulsi perversi e inconfessabili che la coscienza respingeva. La spiritualità, concepita nei simboli della natura come i fiori, ebbe un ruolo importante sia nello stile Liberty che precedentemente nella simbologia decadente.
2) L’Hanami e l’Ikebana
I fiori nella tradizione giapponese: il rapporto stretto e indissolubile tra arte e vita, tra esperienza artistica ed esperienza quotidiana, è al centro della vicenda dello Zen, una delle diverse scuole della tradizione buddhista. L’arte giapponese rappresenta una sorta d’introduzione estetica al mondo dello Zen, il quale da un apporto decisivo a discipline considerate apparentemente minoritarie, come ad esempio la disposizione dei fiori (ikebana). L’esperienza estetica giapponese consiste nel trasformare in poesia i fiori, perché rendendoli individuali, diventano noi stessi. Una delle tradizioni nipponiche per eccellenza è l’Hanami (trad. ammirare i fiori), un evento che consiste nel celebrare e godere della bellezza dei fiori, soprattutto i fiori di ciliegio poiché simboleggiano la perfezione, la bellezza ascetica per eccellenza. L’Hanami nasce durante il periodo Nara (710-794), quando la Dinastia Cinese Tang influenzò il Giappone in molti modi differenti portando nel Sol Levante molte tradizioni e costumi.
3) I figli dei fiori e Andy Warhol
“Mettete dei fiori nei vostri cannoni” – “fate l’amore, non fate la guerra”. Questi i mantra del movimento hippie, nato in America a metà anni ’60. Interessati all’ecologia e alla moda artigianale, gli hippie promossero un nuovo modo di vestire. Fu il poeta Allen Ginsberg, nel 1965, a coniare il termine “Flower Power” che divenne sinonimo di ideologia hippie, mentre l’immagine simbolo si deve al fotografo Bernie Boston che, nel 1967, immortalò il momento in cui, in una manifestazione contro la guerra in Vietnam, un ragazzo, per bloccare lo scontro tra manifestanti e forze dell’ordine, inserì dei fiori nei fucili dei militari. Il “Flower Power” era la radice del movimento e gli adepti lo contrapposero al potere delle armi, affiancandone poi il rifiuto delle logiche economiche. Una vera e propria filosofia che si basava sulla percezione della natura come fulcro di proprietà nascoste che andavano scoperte. Il loro abbigliamento era costituito da abiti morbidi, a strati, realizzati con sete indiane colorate e corone di fiori o capelli lunghi ornati da fiori. Il potere allucinogeno che veniva attribuito ai fiori, permetteva di andare aldilà delle percezioni umane, per cui la natura, in questo senso, veniva identificata con l’illuminazione spirituale. Qualche anno prima, nel 1962, Andy Warhol s’interessò ai fiori, perché elemento essenziale del mondo naturale che rappresenta una lunga e inveterata tradizione dell’arte occidentale. Warhol fece produrre una serie di serigrafie di una fotografia di alcuni fiori d’ibisco apparsa sul numero di giugno 1964 della rivista Modern Photography. Grazie alla reiterazione e ai cambiamenti cromatici, i flowers di Warhol, fungevano da ricerca sui modi in cui la scelta dell’intensità e della variazione di colore altera la nostra percezione della forma.
4) Il floreale nella storia della moda
Siamo negli anni 50 quando la filosofia floreale (stampe e silhouette) rappresentava la couture del New Look di Christian Dior, che, nel 1947, chiamò la sua prima collezione “Corolle”, per le suntuose gonne che partivano da un vitino sottile, come i petali della corolla di un fiore. L’idea base del New Look era proprio la donna-fiore, interpretata in abiti con ampie gonne avvitate che ricordavano la linea del gambo dei fiori. L’impalpabile leggerezza del fiore, in quegli anni si materializzava nell’utilizzo di tessuti come lo chiffon e l’organza, su cui erano stampati fiori ispirati alla pittura del ‘600. La ricerca della regalità attraverso il floreale, si deve anche a Roberto Capucci che grazie al plissé diede vita a dei veri e propri fiori di ineccepibile bellezza cromatica. Coco Chanel con la sua camelia bianca che è ancora oggi simbolo della Maison francese, per la perfezione dei petali e la totale assenza di profumo e spine. Nel 1963, Ken Scott venne definito dal Corriere della Sera, “il maestro dei fiori stampatissimi” e, in seguito, “il giardiniera della moda” proprio per le sue eclettiche collezioni d’arte fatte di peonie, rose, papaveri, girasoli, petunie e astri. Un rigoglio di fiori e natura che si espandono su quasi tutti i capi delle sue collezioni. 1966. Le signore del jet set che non avrebbero mai barattato una notte in un hotel di lusso con un viaggio in un furgoncino, furono accontentate da Yves Saint Laureant che propose loro delle bluse stampate in tela di cotone e preziosi tessuti patchwork a prezzi elevatissimi ma Zandra Rhodes non fu da meno, con i suoi voluminosi abiti stampati in chiffon. Kenzo che miscelò il floreale con l’Oriente e i suoi abiti d’intenzione agreste. L’impatto che il movimento hippie ebbe sulla moda a cavallo tra il XX e il XXI secolo, è enorme, tanto che nel 1993 Dolce & Gabbana giocarono con il patchwork e le perline, nel 1997 Yohji Yamamoto con blazer e gonna con base cielo e fiori stampat e Tom Ford propose per Gucci, nel 1999, jeans piumati e tessuti floreali, Anna Sui che nel 2008 presentò gli abiti folk a fiori.
5) Floreale on catwalk
Il tema floreale non conosce stagione, infatti, lo si trova, in diverse varianti colori e dimensioni, sia nelle collezioni della Primavera/Estate che nelle collezioni dell’Autunno/Inverno.
P/E 2013. Le fanciulle di Antonio Marras , indossano stampe floreali discontinue, realizzate in un delicato effetto acquarello, in contrasto con la fattezza dei tessuti; le romantiche gitane di Blumarine con i loro abitini floreali e cappelli da campagnole; il tocco noir ispirato agli anni ’40 e all’eleganza borghese di Bottega Veneta , dove il tubino è realizzato in fantasia floreale riprodotta in serie e in varianti colori che vanno dal bordeaux al nero e bianco ottico; Etro che produce un’intera collezione intorno all’atmosfera fiabesca emanata dal tema floreale, con fiori di diverse dimensioni su trasparenti chiffon e lunghi caftani. D’ispirazione orientale anche Prada che utilizza il fiore nella sua versione più infantile, svuotato da orpelli e fantasie, lo isola e ne fa il fil rouge di una collezione estremamente concettuale.
A/W 2013-2014. Nello stile vittoriano di Riccardo Tisci per Givenchy , il floreale viene utilizzato in due diverse prospettive: per arricchire e addolcire capospalla dall’attitude strong, come il classico giubbotto da motociclista, e per trasmettere una consapevole sensualità. Lanvin che traduce l’eleganza moderna in maxi fiori su silhouette ampie sui fianchi e strette in vita; Louis Vuitton trasferisce l’ispirazione dell’eleganza borghese anni ’40 nei coat vestaglia con il floreale in piccole dimensioni.
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