Fotogallery Camicia bianca: le cinque cose che dovete sapere
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... che dovete assolutamente sapere!
Una camicia bianca, che qualcuno aveva dimenticato di ritirare, era appesa ai fili per la biancheria e fluttuava nel tramonto come una pelle abbandonata. Haruki Murakami – Tokyo Blues
Dal suo ruolo originario di 'seconda pelle', la camicia bianca attraversa il tempo con forme diverse e arriva a noi come archetipo di eleganza, oltre la moda. Che sia destrutturata o classica è sempre irresistibile per il suo fascino androgino. Capo di esemplare ecletticismo, tanto che non solo è un passepartout, ma anche un elemento di rottura, vive di contraddizioni, si lascia attraversare dall’instabilità che caratterizza la moda ma oltrepassando i trend, diventa desiderabile dai medesimi. Infatti, come avete letto nell’ articolo di Diana Marian Murek , nella p/e 2013 è ancora protagonista nella sua versione più classica ma con un twist funny dato dai colletti old school.
Ecco cinque cose che dovete sapere.
1) Origini: nell’Antica Roma uomini e donne indossavano rispettivamente la subcula, tunica intima di lana o di lino indossata sotto la vera tunica. Fino al Mille la struttura era a T, con maniche tagliate in un solo pezzo con la camicia. In seguito i crociati importarono dai Persiani il camis: un capo con le maniche tagliate separatamente e poi cucite al corpo. Dal 1300 le camicie femminili avevano lo scollo più ampio e quelle maschili erano più corte. Nel 1500 comparirono le collarette plissettate e in seguito le gorgiere che, lavorate a nido d’ape o a ruota di mulino, si diffusero in tutta Europa divenendo simbolo di opulenza e potere. Alla corte di Versailles, il Re Sole dettava la moda del tempo anche in Europa: volants, ruches, gale, falbalas, erano elementi della camicia bianca barocca. Nel 1800 era parte dell’abito uniforme maschile. Di batista bianca, era arricchita dallo sparato, elemento inserito sul davanti, realizzato con pieghe e intarsiato di trine à papier de musique. A Gabriele D’Annunzio, Oscar Wilde, Marcel Proust ma più di tutti Lord Brummel che coniò il termine dandy, si deve il mito dell’eleganza di quel periodo.
2) Terminologia: se nell’opera lirica, Lola l’aveva di latte (Cavalleria Rusticana), la 'sciantosa' del Café Chantant era incitata a togliersela la 'camisella'. Protagonista dei più vari detti (dare la camicia, sudare sette camicie, nato con la camicia...) diventò il simbolo dell’800. Dal latino camisia o dal greco kamasos – tunica, è un indumento di biancheria intima con due parti generalmente visibili come il colletto e i polsini.
3) Anatomia e tipologie della camicia bianca: confezionato in vari tipi di stoffa (batista di lino o di cotone, seta, flanella, organza, madapolam, pizzo, tela d’Olanda, taffetà) è riconoscibile da tre elementi: cannoncino, parte del centro dello spallone che corre lungo tutta la verticale della camicia che da un’aria molto informale; carré, parte superiore rinforzata dalle spalle della camicia; polsino, fascia di stoffa con cui è ripresa all’altezza del polso l’ampiezza della camicia. Tra le più importanti elaborazioni della camicia bianca: botton down, colletto con i bottoni alle estremità che usavano i giocatori inglesi di Polo; blusa, la sopravveste dal taglio a casacca comune a uomini e donne nel Medioevo; chemisier ovvero ‘l’abito camicia’, che coniuga bene il maschile e il femminile, chiuso davanti da bottoni, con o senza colletto. Quest’ultimo creato da Paul Poiret nel 1905, poi da Coco Chanel negli anni Venti e da Christian Dior nel 1957. Nel 1960 Cacharel lo reinventò in tela di Madras, simile alla camicia maschile.
4) Da Gianfranco Ferré, Martin Margiela, a Pulp Fiction: minimalista ante litteram ma anche amante del decoro, 1980. Gianfranco Ferré era il re della camicia bianca, nelle sue mani, in diverse varianti, questo capo diventò un vero e proprio strumento di seduzione con particolari sfarzosi (colletto e polsini). Negli anni Novanta arrivò la sperimentazione con Martin Margiela e Junya Watanabe. Il primo, della scuola di Anversa, ricercava una cifra di stile nell’imperfezione: decostruire, assemblare e sovrapporre, mostrare cuciture e impunture. Il secondo, creava volumi over e destrutturava le spalle, con un certo gusto per il trasformabile. In America, in quegli anni, Calvin Klein portava in scena il minimale e la camicia bianca come nuova divisa da città. Il cinema aveva già dichiarato il suo amore per questo indumento (Marlene Dietrich e Katharine Hepburn) ma come dimenticare, nel 1994, Uma Thurman in “Pulp Fiction”: con pantaloni a sigaretta neri e ballerine dorate, fluttuava assieme alla sua camicia bianca, sulle note di “You never can tell” di Chuck Berry .
5) Camicia bianca on catwalk: Alexis Mabille vede la camicia bianca quasi come un camice, grossi bottoni, manica lunga accorciata al gomito, e un tocco femminile dato da una cintura metallica che va a segnare la vita; DKNY che concepisce la camicia come parte del tailleur pantalone; Giambattista Valli e il minimalismo di uno ‘chemisier maschile’(chemisier femminile – camicia e gonna). Emilio Pucci le toglie il colletto e la orna con raffinati ricami; con Etro la camicia bianca perde di ‘pesantezza’ materica e lascia vedere il busto; Francesco Scognamiglio vede nella trasparenza ornata che ricorda l’etera femminilità d’antan. Sportiva e maschile, invece, le camicie di Lacoste e di Stella McCartney; minimale ma iperchic quella di N° 21; collo alla coreana e ricami sul davanti la camicia di Les Copains; over e lunghezza che sfiora il pavimento la maxi camicia di Rochas.
© Riproduzione riservata
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