Fotogallery Rankin, il fotografo delle star che vorrebbe ritrarre il Dalai Lama
...
Il fondatore delle riviste di culto "Dazed&Confused" e "AnOther Magazine" ci racconta il suo ultimo "nato"
Ha ritratto chiunque, dal primo ministro britannico Tony Blair alla cantante Madonna. Rankin , il fotografo inglese che ha fondato insieme a Jefferson Hack la rivista seminale Dazed&Confused e poi AnOther magazine, vorrebbe fotografare Fidel Castro, il Dalai Lama e Obama.
Ora si lancia in una nuova avventura, Hunger , un progetto editoriale online ed offline giunto alla seconda edizione, volto a promuovere i nuovi talenti in tutti i campi, di cui ci racconta in esclusiva. Sulla copertina dell'ultimo numero, la bellezza nazionale da esportazione Monica Bellucci; all'interno anche Robert Sheehan ed Heidi Klum, tre individui che sembrano non avere nulla in comune ma che Rankin invece giudica infervorati dalla passione, che sia essa per il cinema, l'arte, la moda o semplicemente per la vita, che li consuma e che farebbe fare loro questo lavoro a prescindere dalla fama.
Abbiamo incontrato Rankin nel suo studio londinese, un ufficio completamente bianco, tra gli ultimi numeri delle riviste da lui pubblicate e quadri di recente acquisizione disseminati qua e là, per parlare di che cosa significa veramente essere un'icona di stile e di come il mondo della moda stia cambiando.
In che modo "Hunger" si differenzia dagli altri magazine?
«Credo che il fatto che sia io a produrlo costituisca la più importante differenza. Ormai non mi occupo più della parte creativa di Dazed & Confused ed An Other magazine, nonostante siano titoli di cui sono un fondatore ed azionista. Mi dedico principalmente alla fotografia, ma avevo voglia di continuare ad occuparmi in prima persona di un progetto editoriale, però in modo che riflettesse il mio punto di vista, la mia maturità e la mia esperienza di adesso. Il mio intento era che fosse interessante per un lettore di ogni età, senza che includesse l'ultima moda del momento. Hunger raccoglie piuttosto tutto ciò che mi piace, aldilà della pubblicità che riceve o meno, non è necessariamente la guida all'ultima novità ma bensì una riscoperta di artisti e talenti nascosti».
L'ultimo tuo progetto è quindi un'altra rivista cartacea, credi che abbia ancora senso alle soglie del 2012?
«Nessuna delle riviste in commercio è ormai un'entità che esiste solo su carta, ognuna ha una sua controparte online. Io amo le riviste, me ne sono occupato per 20 anni con il Dazed Group, ma al tempo stesso sono un grande appassionato di tecnologia, per cui quando ho pensato per la prima volta di cimentarmi in un nuovo progetto sapevo che avrei voluto unire questi due aspetti, entrambi importanti. Le riviste esisteranno per sempre, infatti con l'avvento di nuovi supporti tecnologici quali Kindle ed Ipad, la gente non ha comunque smesso di comprare e leggere libri. Credo quindi che le persone apprezzino la qualità di un prodotto stampato. Ma al tempo stesso ignorare le nuove tecnologie sarebbe stupido, tuttavia credo che le riviste rimangano importanti anche se il loro periodo d'oro si è ormai concluso, non sono più così popolari, ciò nondimeno ci sono ancora tanti appassionati e cultori delle fanzine e riviste di nicchia».
Che consiglio daresti ad un giovane che vorrebbe fondare oggigiorno una rivista come avete fatto te e Jefferson Hack nel 1991 con Dazed&Confused?
«Se iniziassi senza avere esperienza in questo settore, consiglierei ad i ventenni di oggi di puntare sul digitale e concentrarsi sulle nuove tecnologie. Credo inoltre che l'immagine in movimento giocherà un ruolo molto importante, in fin dei conti Youtube è il secondo motore di ricerca dopo Google. Sono convinto che in tre o quattro anni il mondo sfrutterà davvero a pieno il potenziale tecnologico, adesso stiamo solo sperimentando ma nel corso degli anni la tecnologia sarà integrata nella vita delle persone ad ogni loro passo. Una volta consolidata la propria presenza online sarà possibile passare ad un magazine cartaceo, questo è il mio consiglio»!
Hunger è una piattaforma promotrice di nuovi talenti, quali artisti sono da tenere d'occhio al momento?
«Sicuramente l'artista Polly Morgan, che crea delle sculture tassidermiche in miniatura conservate sotto cupole di vetro, una re-invenzione di suppellettili vittoriane. Inoltre invito a riscoprire il fotografo di guerra Don Mccullin, di cui ho in preparazione un documentario commuovente che verrà lanciato verso la fine dell'anno ed anche il lavoro di David Montgomery, che ha ritratto Mick Jagger, Margaret Tatcher, Barbara Streisard ed i Rolling Stones ma che non ha mai raggiunto la fama dei suoi contemporanei».
Hai fotografato tantissime celebrities, ma che cosa definisce davvero un'icona di stile?
«L'autenticità, essere sé stessi e non nascondere la propria personalità e passione. Hunger cerca proprio di dare visibilità ad individui che aggiungono una dimensione di profondità e spessore al loro lavoro, è una sorta di antidoto alla cultura della fama che pervade la nostra società, che proprio come Andy Warhol aveva predetto, permette ad ognuno di essere famoso per 15 minuti, anche senza una particolare ragione».
Essendo anche il fotografo delle campagne anti-convenzionali del marchio Dove, credi che qualcosa stia cambiando nella moda riguardo ai parametri di bellezza?
«Credo che ci sia un numero crescente di persone che vuole cambiare le cose, ma al tempo stesso ce ne sono altrettanti a cui non interessa. La moda è un fantasia, per cui l'estetica è una parte intrinseca di essa e per raggiungere l'ideale di bellezza ogni mezzo è concesso. Ad esempio, c'è molto dissenso nei confronti del ritocco digitale, ma in realtà il ritocco c'è sempre stato fin da prima di Photoshop, infatti sin dagli albori della fotografia e del cinema già si conoscevano dei modi di alterazione dell'immagine. Credo che saremo sempre ossessionati dal peso e dall'apparenza, ma che spesso nelle polemiche si perdano di vista le questioni principali, come la salute delle modelle. Io ho da sempre cercato di valorizzare le bellezza spontanea attraverso i miei progetti perché credo che l'unicità di ogni individuo sia un valore aggiunto, non un difetto».
Chi ha influenzato maggiormente il tuo lavoro?
«Non ne faccio un segreto, dico sempre che David Bailey e Richard Avedon sono stati delle figure molto importanti nella mia crescita professionale, ho persino una foto originale di Bailey qui in ufficio, non una di Avedon perché non posso permettermela, ma sì, sicuramente entrambi hanno influenzato il mio lavoro, hanno documentato il loro tempo e continuano a farlo, ammiro la loro determinazione ed il fatto che continuino a lavorare nonostante l'età. Questa passione viscerale per la fotografia che li consuma e consuma anche me, che ci porterà a scattare fotografie fino alla fine, quando non ci resterà altro che scattare una foto di noi stessi sul letto di morte, è di grandissima ispirazione».
© Riproduzione riservata