Franco Lorenzi: sul filo del rasoio
Fotogallery Franco Lorenzi: sul filo del rasoio
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Al 9 di via Montenapoleone a Milano c'è un posto unico al mondo, un museo di lame e rasoi. Lo cura dal 1996 Franco Lorenzi, noto ai più esigenti affezionati della coltelleria di lusso. "Dalla nostra bottega, aperta nel 1929 da mio padre Giovanni, sono passati tutti. È lui che ha iniziato una raccolta che oggi conta più di quattromila pezzi". Un itinerario della rasatura che, a sorpresa, ha qualcosa da dire anche alle signore...
Al 9 di via Montenapoleone a Milano c'è un posto unico al mondo, un museo di lame e rasoi. Lo cura dal 1996 Franco Lorenzi, noto ai più esigenti affezionati della coltelleria di lusso. "Dalla nostra bottega, aperta nel 1929 da mio padre Giovanni, sono passati tutti. È lui che ha iniziato una raccolta che oggi conta più di quattromila pezzi". Un itinerario della rasatura che, a sorpresa, ha qualcosa da dire anche alle signore...
Franco Lorenzi è cresciuto col rasoio in mano, ma ha una barba folta e lunga da fare invidia a Babbo Natale. Uno che ti parla senza peli sulla lingua, con un'erudizione precisa e senza fronzoli. Ai passanti che calcano la via della moda per eccellenza non sfugge la sua bottega, un ricettacolo di raffinatezza in forma di coltello, forbici, pipa o rasoio. Perché nell'arte della coltelleria e degli articoli da fumo i Lorenzi fanno come si faceva una volta, orgogliosi di potersi ancora entusiasmare per un manico in corno, per un'ansa in ottone brunito, per un grazioso cucchiaino in madreperla. Solo dalla passione vissuta giorno per giorno poteva distillare una raccolta tanto vasta e insolita, forse non valorizzata come si dovrebbe.
«Collezione è il termine più giusto per definirla» ci corregge con amabilità Franco nel cammino verso il suo museo, a pochi passi dal negozio. «Ho cercato di assegnare una data ed una produzione agli oggetti che vedete qui esposti nelle teche, perché a me disturba fare l'approssimativo». Così, dalle lame preistoriche in selce e ossidiana all'utensile con cui il tonsor radeva l'augusto collo di Giulio Cesare, radunati lì per scrupolo d'informazione, si salta alle soglie dell'Ottocento, quando è più agevole definire nomi e appartenenze. C'è solo l'imbarazzo della scelta: lame inglesi di Sheffield, marchingegni per affilare, il primo rasoio di sicurezza inventato negli Stati Uniti nel 1880 o quello a cinque lame appartenuto a D'Annunzio, una carrellata di moderni "usa e getta", e corposi faldoni di prototipi in disegno.
Per non annaspare nella marea di oggetti singolari che ci si para davanti, stabiliamo un patto con Franco. «Tratteremo della depilazione femminile. Le donne credono di poterci scrivere un'enciclopedia, ma poche possiedono l'argomento in profondità». E subito la mente corre a ricordi lontani, quando il cinema muto affascina ancora con l'ovale perfetto di una Marlene Dietrich. «Come le sue colleghe si radeva le sopracciglia, così che l'espressione venisse ridisegnata di volta in volta con la matita. La felicità, la collera, l'estasi passavano attraverso lo sguardo». Il primo rasoio da donna era in legno, per evitare che arrugginisse, e monoblocco per impedire alla signora di tagliarsi nel cambio di lametta; la data ci riporta al 1918. Di lì a poco è la moda, con la sua fulminea evoluzione, a rendere i peli sempre più inopportuni e sgraditi. Le tuniche frangiute e soprattutto smanicate del charleston scoprono le ascelle, che si vogliono glabre anche per meglio servirsi del deodorante. Allo stesso modo le gambe, messe coraggiosamente in mostra dopo secoli di paludamenti e rivestite di calze in nylon, devono sfoggiare una pelle liscia come seta. Seguirà, con l'avvento del bikini, l'ennesimo capitolo di questa guerra all'ultimo pelo.
«È interessante studiare il gusto estetico di simili attrezzi, che dovevano essere riconoscibili già dalla confezione per evitare imbarazzo in negozio». Se ne vedono di tutti i tipi e colori, con dettagli anche preziosi: impugnature in bakelite, rubini incastonati e una generale tendenza alla miniaturizzazione, così che il rasoio se ne stia senza impegno in borsetta. «Il minimo ingombro è un'esigenza ricorrente, anche dei depilatori elettrici. Ricordo di averne venduto uno al soprano Maria Callas, era un modello della Philips da viaggio». Eppure, sul finale, Franco si lascia andare ad una confessione. «Ho sempre in mente il ritratto di una splendida Sofia Loren con le ascelle lasciate così, al naturale. Che nostalgia di quella sua bellezza libera e spontanea!». Dove prima si offriva un folto e morbido rifugio alle carezze, ora giace una landa ossessivamente decolorata, rasata, estirpata. Sicure che sia davvero un bene?
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