Fotogallery Fornasetti: la collezione di Antonio Mancinelli
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Di Antonio Mancinelli, caporedattore di Marie Claire, docente, scrittore di penna elegante e cervello fino (tra i suoi successi editoriali Fashion Box e l'ultima fatica, Finalmente Libere, sulla bellezza delle donne "over 45") pochi conoscono la passione per Fornasetti. Ce la siamo fatta raccontare per voi, senza misteri. O forse no...
Di Antonio Mancinelli, caporedattore di Marie Claire , docente, scrittore di penna elegante e cervello fino (tra i suoi successi editoriali Fashion Box e il più recente Finalmente Libere , sulla bellezza delle donne "over 45") pochi conoscono la passione per Fornasetti . Ce la siamo fatta raccontare per voi, senza misteri. O forse no...
Ci sono volti che non ti chiedono chi sono, ma si offrono nella bellezza remota di un enigma. E tu speri che quel mistero non si risolva mai. C'è da giurare che quando Piero Fornasetti buttò l'occhio sul ritratto di Lina Cavalieri non si preoccupò di conoscerne il nome. Il suo ovale perfetto di statua greca era superiore a ogni altra curiosità. In casa di Antonio Mancinelli quel celebre volto di donna ammicca già dall'ingresso. I piatti della serie Tema e variazioni risaltano sulla parete blu Klein, con gli occhi fermi e di sbieco che non sembrano curarsi troppo degli ospiti di passaggio. «Ho iniziato che ero giovane e squattrinato, ma pur di possederne uno ero disposto a qualsiasi sacrificio». Come salire in treno da Roma a Milano, ad esempio, perché l'unico negozio di Fornasetti era lì in via Brera (oggi, invece, si affaccia su corso Matteotti). Ad attenderlo sempre la stessa signora, sacerdotessa di quel santuario, che scrutava l'estasiato Antonio con l'indulgenza di una maestrina severa ma di buon cuore. «Mi metteva una certa soggezione, ma con l'andare degli anni mi ha preso in simpatia e si è molto ammorbidita».
Sul divano del salotto, con la libreria gremita di volumi a coprirli gli spalle, Antonio sostiene la chiacchierata con parlantina disinvolta e incontenibile. Da subito un rimpianto, quello di non avere conosciuto Piero. «È scomparso pochi mesi prima che mi stabilissi a Milano. Ma ho recuperato legandomi d'amicizia a Barnaba Fornasetti, che ancora prosegue l'opera paterna e ne custodisce i meriti». Poi, a poco a poco, raccontare la collezione diventa un pretesto per dire la sua; sull'arte come sulla moda, con la finezza che tutti gli riconoscono. C'è spazio anche per un rimando all'Adolf Loos di Ornamento e Delitto e per un ricordo commosso di Anna Piaggi . «Lei, come Piero Fornasetti, incarnava un'eccentricità tutta milanese di cui faremmo bene a riappropriarci. Riconosco a stento la città dove Piero Manzoni inscatolava la sua merda d'artista e Adolfo Wildt, prima di lui, scolpiva nel bronzo un citofono gigante a forma di orecchio. Ci siete mai andati a vederlo? Dalle parti di via Serbelloni».
Intanto è già tempo di scattare Antonio, a suo agio nel dare prova di assoluta fotogenia. I gemelli sul polsino della camicia e la cravatta riproducono i tipici motivi di Fornasetti; l'occhio grande e assente di Lina e una manciata di Soli e Lune. «Peccato, perché possedevo anche un panciotto in serie limitata. Perduto, con mia massima pena, da un trasloco all'altro». È andata meglio quella volta che la domestica, spolverando, ha mandato in frantumi un amatissimo piatto. «I modelli sono numerati e ormai disperavo di trovarne uno simile. Mi ci sono imbattuto per caso, in un mercatino, a un prezzo stracciato». Sul finale, la classica domanda di rito. «Il pezzo mancante della collezione? Con gli oltre undicimila oggetti disegnati da Piero, senza contare quelli di Barnaba, è piuttosto difficile dirlo. Più spesso mi chiedo cosa avverrà della raccolta dopo di me. Forse la regalerò in blocco a qualcuno, chissà. In fondo è bello restare un mistero, soprattutto per se stessi».
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