Camilla: galeotto fu quel guanto
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Per la stylist Camilla Testori le mani hanno bisogno di un vestito appropriato. Per sentirsi meglio e, perché no, trovare l'amore
Per la stylist Camilla Testori le mani hanno bisogno di un vestito appropriato. Per sentirsi meglio e, perché no, trovare l'amore
I primi guanti che Camilla ricorda risalgono alla sua infanzia, trascorsa a Bruxelles. “La mia tata brasiliana li indossava sempre, per proteggersi dai rigori dell'inverno. Avere mani perfette era l'unica civetteria di quella giovane donna, molto femminile, una seconda madre per me”. Col tempo lei stessa ne ha ripreso l'abitudine, tanto da farsi una nomea. “Appena arrivata a Milano, per tutti non ero che la ragazza coi guanti. A questa reputazione devo il mio fidanzato. Mi aveva notato durante le vacanze a Panarea, e poi rientrato in città si è messo sulle mie tracce. Non è stato difficile trovarmi”.
La scelta dei modelli dipende dal caso e dall'umore. “Conservo apposta i guanti in cesti di vimini. Mi diverte rovistare e afferrarne un paio quasi per gioco. Ma se sono giù di corda, li uso come fossero una vitamina. Li voglio allora di un bel colore acceso. Sul lavoro, invece, mi sento a mio agio con la pelle nera”. Quelli da cui è più difficile separarsi? “Tutti, che domande! Scherzi a parte, direi un paio di Eric Bompard, in cachemire. Li uso quando viene fuori l'anima da biker che c'è in me. Altrimenti molto particolari sono quelli di Angelique De Ville, a forma di manette. Posso usarli come bracciali, oppure per certi giochetti maliziosi”. Mentre l'icona coi guanti a cui costantemente ispirarsi risponde ad un unico nome. “Jacqueline Kennedy. Un'enciclopedia dello stile in forma di donna”. Per concludere, chiediamo quale sia il pezzo che ancora manca alla raccolta. “Un guanto d'artitsta. Il guanto da lavoro di Andy Wharol, ci penserei io a riadattarlo sulle mie mani. Mica male, no?”.
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