Siamo tutte campionesse di equilibrio e salti mortali
Le nostre atlete olimpiche, ancora prima di cominciare, hanno già fatto un record. Per la prima volta, a Londra , saranno quasi la metà degli azzurri. E allora... che vinca la migliore!
Premessa: io non sono mai stata una gran sportiva. Al liceo facevo salto in alto, ma appena ho capito che non avrei mai avuto grandi risultati, ho mollato.
Poi, nel corso del tempo, immagino come molte di voi, mi sono caparbiamente iscritta a quasi tutte le palestre che ho incontrato sulla mia strada e le ho puntualmente abbandonate, in media, due mesi dopo.
Adesso che sono diventata “grande” ho accettato il mio limite organico, e mi autocensuro da sola: quando mi prende la velleità di “fare un po’ di sport” mi impedisco anche solo di comprare una bicicletta, che poi giacerebbe polverosa in cantina, o di fissare lezioni di fitness che poi regalerei all’amica più tonica di me... Deve essere per questo che adoro le Olimpiadi che da sempre seguo come una vera fan, con particolare attenzione, come è giusto, alle rappresentanti del mio sesso.
Che questa volta sono proprio tante, oltre che bravissime: 126 campionesse, che potrete ammirare tutte, faccia dopo faccia, nelle prossime pagine di questo numero di «Grazia», in gran parte proprio dedicato a loro. Dalle super famose, come Valentina Vezzali , quarta donna in tutti i tempi ad avere l’onore di portare la bandiera italiana, o Federica Pellegrini (in bocca al lupo!), alle semisconosciute, che hanno però dedicato la loro vita allo sport.
Certo, lo sappiamo, anche noi donne “normali” siamo campionesse nel tenere insieme con forza, equilibrio e qualche salto mortale, tutto quello che dobbiamo fare ogni giorno e senza neppure la soddisfazione di vincere almeno una medaglia! Però, leggete le interviste che seguono e capirete che arrivare alle Olimpiadi è davvero un duro lavoro, fatto di sacrifici, rinunce, fatica, determinazione e anche dolore.
Molte delle atlete, che abbiamo incontrato, ci hanno raccontato di come hanno lasciato casa e famiglia praticamente da bambine. Di quante ore passano ogni giorno in palestra o in piscina («Trascorro in acqua il 90 per cento delle mia vita», ci ha detto la tuffatrice Noemi Batki).
Abbiamo scoperto che spesso lo sport è una tradizione famigliare, con la mamma campione o il papà coach... Oppure il mezzo per riscattarsi da una vita dura, come quella delle atlete che arrivano magari da altri Paesi, ma oggi sono tanto orgogliose di gareggiare per l’Italia. E, alla fine, tutte sono d’accordo su di un punto: il desiderio, dopo, di una vita “normale”, con un lavoro normale, una famiglia, dei figli.
E senza più quell’ansia, insieme meravigliosa e orribile, della gara, pochi minuti che possono cambiare tutto: trasformarti in un campione, un’eroina, una star o sancire che non sei più nessuno.
Leggete l’intervista a Tania Cagnotto, alle “farfalle” della ginnastica artistica, alle sorelle del volley femminile... E gridate con noi: forza azzurre!
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