È stata accusata di aver esagerato con il lifting, l’hanno giudicata perché non ha figli e persino perché si è presa una pausa dal grande schermo per aiutare un’amica in difficoltà. Ma ora Renée Zellweger non accetta più di essere messa sotto esame e, alla vigilia del terzo episodio della saga di Bridget Jones, spiega a Grazia che per i veri cambiamenti non c’è bisogno del bisturi
Era da tanto tempo che non incontravo Renée Zellweger. Nel frattempo, non ho potuto fare a meno di leggere le superficiali polemiche sulla sua scelta di essersi allontanata negli ultimi sei anni dai set, quelle ancora più sgradevoli sul suo aspetto fisico o sul fatto che a 47 anni non abbia figli e sia più single impenitente lei del suo personaggio più famoso, Bridget Jones. Nelle ultime settimane, però, tutto è cambiato. Renée è tornata non solo con il terzo film della serie di Bridget (che Grazia v’invita a vedere in anteprima a Milano, vedi anche a pagina 68), ma ha iniziato a rispondere a viso aperto a tutte le cattiverie: ha smentito ogni intervento chirurgico al viso, ha denunciato l’atteggiamento sessista dei media nei confronti delle attrici over 40 e ha detto che lei un figlio non ce l’ha perché non ha mai considerato la maternità un traguardo fondamentale per la sua vita.
Insomma, Renée Zellweger non somiglia proprio alla ragazza inglese un po’ goffa che interpreta nei suoi film. Ora, in Bridget Jones’s Baby (nelle sale il 22 settembre) è una donna di carriera che lavora nella produzione televisiva di un programma di news del mattino. Sembra avere davvero tutto: un bell’appartamento, amiche che la rispettano e perfino un ritorno di fiamma con Mr Darcy, la sua anima gemella interpretata da Colin Firth. Ma sarà l’incontro romantico con un simpaticissimo americano, Patrick Dempsey, che getterà scompiglio nella sua vita. Perché poco dopo Bridget scoprirà di essere in attesa di un figlio, senza sapere chi sia veramente il padre.
Incontro Renée a Londra, nell’esclusivo Claridge’s Hotel, lo stesso dove due anni fa la regista di questo terzo episodio di Bridget Jones, Sharon Maguire, l’ha convinta a tornare sul set. In quel periodo l’attrice si era trasferita a casa della sua amica e addetta stampa Nancy Ryder, per aiutarla nella battaglia contro la malattia che l’ha colpita: la sclerosi laterale amiotrofica. Intanto Zellweger è anche “tornata a scuola”, per imparare a scrivere sceneggiature e ora che la incontro mi trovo di fronte una donna matura e radiosa: sorriso luminoso, abito glam della stilista Victoria Beckham e nessuna voglia di sottrarsi alle domande, nemmeno a quelle più antipatiche.
Togliamo subito di mezzo la questione più discussa degli ultimi mesi. Si aspettava tutti quei commenti sul suo aspetto fisico? Si è sentita ferita?
«Per come la vedo io, episodi così non ti lasciano addosso ferite, ma ti rafforzano. Perché, anche se non vuoi, ti spingono a confrontarti con te stessa. Anzi, sono quasi felice che quei commenti ci siano stati, adesso ho ancor meno paura del giudizio degli altri».
Si sente davvero più forte?
«In un certo senso sì. Negli ultimi tempi sono stata molto coinvolta nelle vicende della mia amica Nancy, quindi a tutto pensavo meno che al mio aspetto davanti a qualche paparazzo. Abbiamo calcato insieme un red carpet e per me contava solo essere lì insieme, non certo la mia immagine o quello che la gente avrebbe detto del mio viso. Ed è ciò che ho continuato a pensare anche dopo i primi commenti cattivi sul mio conto».
Come trova tanta serenità? Anche lei è un’appassionata di yoga e di meditazione come tante star?
«Un po’ sì, ma soprattutto vado a correre. Purtroppo sempre meno, perché le mie anche ormai mi fanno sapere forte e chiaro quando è ora di fermarmi: una volta era il mio corpo che ascoltava me, adesso è l’opposto. Mentre corro sgombero la mente e questo mi aiuta a mantenere in salute anche la testa, non solo il fisico».
È stata lontana dai set e da Hollywood. Mi dica qualcosa di bello che le è capitato in questo periodo.
«Ho passato moltissimo tempo con i miei nipoti e la mia famiglia, che vive sulla costa est degli Stati Uniti. Ho visto i ragazzi crescere e ho fatto tutte quelle attività che, di solito, si rimandano. Sono stata persino in Africa, in Liberia, per aiutare le donne di quel Paese a essere più indipendenti, a superare traumi enormi e a trovare il coraggio di cambiare in meglio la loro vita. E poi sono tornata a scuola per imparare a scrivere meglio. È stato un periodo in cui ho provato a mantenere delle promesse che avevo fatto a me stessa tanto tempo fa, e ci sono riuscita».
E com’è stato, dopo 12 anni, tornare a essere Bridget Jones?
«Ero nervosa, perché amo quel personaggio e non volevo deludere nessuno. Quando manchi da tanto tempo, ti sembra quasi di essere un impostore a riproporti sullo stesso set. Ma poi mi sono ritrovata con il cast, che per me è quasi una seconda famiglia, quindi è andato tutto benissimo».
Che cosa le mancava del mondo del cinema?
«Prima di tutto il lavoro di gruppo, le difficoltà che si superano insieme, la frenesia sul set e l’ansia di raccontare bene la tua storia. Ma nel cinema funziona così: prendere o lasciare».
È vero che per essere più credibile è andata a lavorare per alcune settimane in una redazione televisiva? Farebbe quel mestiere?
«Non so, è un misto di caos controllato e in ogni istante ci sono i presupposti perché avvenga una catastrofe. Sono rimasta senza parole di fronte alla capacità di autocontrollo delle persone anche nei momenti in cui tutto sembrava andare male».
Se non fosse diventata attrice, che lavoro avrebbe cercato di fare?
«Quando facevo la cameriera amavo quel mondo perché c’era spirito di squadra. Ma credo che mi piacerebbe qualunque occupazione, l’importante è avere accanto persone di talento che rispetti».
Nel film è incinta e indossa una ingombrante pancia finta. Come si è trovata nei panni di futura mamma?
«Scomoda, perché questa specie di protesi che indossavo era difficilissima da mettere. E poi facevo un sacco di errori: c’era una persona sul set che mi ricordava continuamente di non mettere le mani dietro la schiena perché, al contrario di quanto pensassi, nessuna donna incinta cammina in quel modo. Dopo questa esperienza devo dire che ho ancora più stima di tutte le mamme del mondo perché ho capito molto di più quanta fatica debbano fare ogni giorno».
Prima di accettare la parte, non ha chiesto consiglio a qualche sua amica?
«Sì, mi sono informata, ma ho anche guardato documentari e ricevuto l’aiuto di un’ostetrica che mi ha indicato tutti i cambiamenti che il corpo di una donna deve sopportare quando aspetta un bambino».
Che tipo di madre sarà Bridget?
«Una brava mamma, naturalmente. Come ogni genitore, sarà costretta a improvvisare, che poi è la sua specialità. Bridget è un’ottima ragazza e soprattutto una donna capace di amare: per questo sono certa
che sarà una madre coi fiocchi».
L’ultima volta che ci siamo visti, ormai sette anni fa, aveva un cane, un gatto e stava lasciando Los Angeles per Dallas. Ora, però, è tornata in California, giusto?
«Sì, e da allora ho perso entrambi i miei cuccioli. Mi ci è voluto un po’ ad abituarmi a stare da sola, ma non riuscivo ad accettare l’idea di rimpiazzarli. Ma forse, ora che ho una certa età, dovrei prendere un altro cane».
Perché a Hollywood gli anni che passano sono sempre un gran problema?
«Non lo so. Io penso che una donna, col trascorrere del tempo, diventi solo più interessante. Una donna è sempre più dell’aspetto che ha. Certo, la giovinezza e la bellezza vanno giustamente celebrate, ma quella è solo una fase della vita: crescendo non sei solo più vecchia, ma diventi una versione sempre migliore di te stessa e questo è più bello dell’aspetto esteriore, secondo me. Specialmente se lavori nel mondo del cinema».
Eppure, alcune sue colleghe dicono che, superati i 40, non ci sono abbastanza copioni per loro.
«Ma i ruoli disponibili sono estremamente più affascinanti delle solite particine. Io, poi, non desidero restare sempre uguale: voglio vivere tante esperienze e, sul set, impersonare tante donne diverse. Ed è molto meglio che essere solo belle».
Non c’è nulla che, invece, le manca del passato?
«Non capisco bene la fretta che abbiamo in questi giorni. Mi piaceva il telefono con il filo, quello attaccato alla parete. Trovo ancora romantiche le lettere di carta e preferisco pensare bene a una risposta da dare, invece di digitare subito una frase su uno schermo. Sono più un tipo di donna che ragiona sulle cose, sigilla una busta e mette un francobollo solo quando è certa di quello che ha scritto».
In questo lei ricorda un po’ la sua Bridget Jones.
«Io sono sempre come Bridget. Per esempio, come lei, ho interminabili dialoghi con me stessa durante le situazioni più strane. Magari succede che non entro più in un abito, oppure la chiusura lampo mi si rompe all’improvviso nel modo più imbarazzante, oppure si spezza un tacco poco prima di salire su un palco a ricevere un premio. Mi succedono milioni di cose strane e ogni volta mi trovo a dover affrontare queste situazioni da sola. Però va bene così: non sopporterei l’imbarazzo di essere riconosciuta mentre sono in difficoltà».
Renée mi congeda così, ma dopo questo incontro resto convinto che nulla è più lontano di lei dall’immagine di una ragazza imbranata. Zellweger è forte, determinata e appassionata. E poi, nessuno farà mai caso alle sue rughe finché avrà quel sorriso.
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