Ornella Vanoni: Siamo guerriere dal cuore fragile
La carriera, gli amori, i successi e le delusioni. Ornella Vanoni si definisce: «Una donna di 81 anni con la testa di una ragazza». E, mentre prepara il ritorno in teatro, racconta a Catherine Spaak la sua vita appassionata, scelte sbagliate comprese
Incontro Ornella Vanoni al Grand Hotel Plaza mentre è di passaggio a Roma. La sua voce è ancora più bella oggi che ha compiuto 81 anni. Intatte sono rimaste l’energia, la grinta, l’esuberanza con cui ripercorre la colonna sonora dei suoi sentimenti e successi. Mentre è svanita la spregiudicata insolenza usata come scudo per esorcizzare le sue paure. Nella sua stanza con vista sui tetti all’imbrunire, sono di fronte a una donna disincantata ma serena, gentile, che gioca con i ricordi come si trastulla con il suo cagnolino Why, “perché”, colorando le disavventure dell’esistenza con affettuosa ironia. E la prima delle domande la fa lei: «Ti ricordi, Catherine, il nostro primo incontro?».
Era l’estate del 1961, a Ischia, giravo Diciottenni al sole del regista Camillo Mastrocinque. Che cosa facevi a Ischia in quel periodo?
«Ti guardavo. Chiamavi: “Fa-bri-zio”, quello che sarebbe diventato il tuo futuro marito (Fabrizio Capucci, ndr), scandendo ogni sillaba. Eri cattivissima con quel ragazzo».
Ne combinava tante.
«Eri bellissima e molto sulle tue. Io inseguivo Oliviero Prunas, attore di sei anni più giovane di me, che lavorava nel tuo film».
Non ero cattiva, ma terribilmente timida.
«E io no? Cattiva come tutti gli insicuri».
Cantavi in un piccolo ristorante dove andavamo tutti, la sera. Ricordo la tua voce così calda, profonda, facevi venire i brividi. Dopo, che cosa è successo?
«Mi sono sposata con Lucio Ardenzi, noto impresario teatrale. Mi ha fatto recitare L’idiota di Marcel Achard, ho anche vinto un premio importante, ma non volevo fare l’attrice, ero troppo insicura. Più tardi, a 21 anni, ho incontrato il regista Giorgio Strehler, frequentavo il suo corso di recitazione. E lui si innamorò di me».
Hai detto cose dure su di lui dopo la vostra separazione.
«Ho spiegato che era finita per colpa del suo vizio».
Intendi i suoi tradimenti?
«No, la droga. Forse è l’uomo che mi ha amata di più. Mi disse: “Se mi lasci, perdi anche il Piccolo Teatro di Milano”. Ed è stato molto difficile dopo, remare da sola. Quando ho conosciuto Ardenzi stavo con il cantautore Gino Paoli, per il quale ho pianto praticamente sempre e la sera prima del matrimonio con Lucio dicevo alle mie amiche: “Non mi sposo!”. Ma come facevo con tutti gli inviti, con mia madre?».
Dovevi scappare.
«Proprio tu, che ti sei sposata quattro volte. Anche tuo marito (Vladimiro Tuselli, ndr) è più giovane, vero?».
Sì, di 18 anni.
«Non conta l’età, tutto sta nel cervello. Sono una donna di 81 anni con la testa di una ragazza, ma con tanta esperienza. Ormai vivo sola da dieci anni e sola resterò. Ho sbagliato perché a 60 anni avevo ancora una possibilità. Ma ho fatto un grande errore, è stata una tremenda delusione».
Di chi parli?
«Di un signore che si chiama Marco e a cui ho salvato la vita, ma non siamo riusciti a costruire una vera storia».
Come sei cambiata con il passare degli anni?
«Prima di tutto se n’è andata la timidezza e con il tempo sono diventata più sicura di me. Oggi entro in scena emozionata, ma è sparito il panico incontrollabile di ogni volta. Allora speravo sempre che capitasse una catastrofe, un’invasione di rane, di cavallette, un terremoto».
Per te, quali sono state le più grandi delusioni?
«L’amore, gli uomini. Quello che più mi ha ferita è stato lo scoprire la loro piccolezza e anche il tradimento economico. Qualcuno si è approfittato di me. È davvero umiliante, ci si sente stupide. La mia ultima storia mi ha ferita profondamente, pensavo davvero che sarebbe durata per il resto della vita. Quando a Marco è venuto un infarto e l’ho portato in ospedale, la sua famiglia con l’ex moglie si è stretta attorno a lui e poi è sparito. Mai più visto né sentito Avevo fatto ricamare le sue iniziali, la lettera “M”, perfino sulla biancheria di casa. Ho regalato tutto a mio nipote che si chiama Matteo».
Quando ero ragazza pensavo che gli uomini fossero migliori di noi donne. Te lo facevano credere. Li immaginavo forti, coraggiosi, dei veri guerrieri.
«I guerrieri siamo noi donne. Guerrieri dal cuore fragile magari, ma pur sempre guerrieri».
Hai la sensazione di avere vissuto appieno gli anni della tua giovinezza?
«Da adolescente ho frequentato diversi collegi fra la Francia e la Svizzera. A Losanna c’erano molti figli di famiglie benestanti, ignoranti e viziati. Lì ho conosciuto il fotografo Gunter Sachs, andavamo a sciare e uscivamo la sera. Con Giorgio Strehler stavo bene, ma non era il divertimento della giovinezza. Vivevo al fianco di un genio, lo amavo, ma non era semplice. A 25 anni avevo già vissuto quello che si vive in quattro vite».
Un momento magico che ricordi ancora oggi con emozione?
«Quando Strehler mi ha dichiarato il suo amore. Nella sua scuola di recitazione mi ero accorta che mi guardava, ma ai tempi era timido anche lui. Alla fine dell’anno accademico portò i suoi allievi a cena fuori e mi riaccompagnò a casa per ultima. Ancora in macchina mi disse che si era innamorato di me. Ci siamo dati un bacio. Più tardi mi telefonò e mi disse: “Adesso devo mettere in scena El nost Milan e sarà lo spettacolo più bello perché ci sei tu nella mia vita”».
Come hai scoperto di essere una donna forte?
«È stata la vita che mi ha costretta a diventarlo. Avevo molta paura della solitudine e in passato ho avuto compagni sbagliati proprio per questo motivo».
È cambiato il tuo sguardo sul mondo?
«È cambiato il mondo. È diventato orribile. Un genocidio. Posso capire che l’Europa abbia paura di tutti questi migranti, sono migliaia. L’Isis sarà difficile da sconfiggere, perché è una guerra fatta a pezzetti e nessuno sa quello che può accadere all’improvviso».
Essere una donna intelligente rende la vita più difficile?
«Dipende dall’uomo che hai al tuo fianco. L’intelligenza delle donne generalmente fa paura agli uomini».
Sei ancora una divoratrice di vita, talenti, novità.
«L’anno scorso ho fatto una tournée che mi ha sfinita, ma quest’anno con il trio dello spettacolo Free soul composto da Roberto Capelli al pianoforte, Bebo Ferra alla chitarra e Pietro Salvatori al violoncello, mi riposo. Ho ancora una data, il 24 giugno al Teatro Romano di Verona. Vorrei solo andare in scena con le pantofole. Sono stufa di dovermi vestire, truccare, apparire».
Come ricordi alcuni tuoi compagni di duetti, per esempio Mina?
«Non sento Mina da tantissimi anni, abbiamo inciso assieme Amiche mai, ma poi ha vietato che quella canzone fosse trasmessa per radio. Lei è fatta così».
C’è qualcosa che ti manca oggi?
«Prima, non pensavo mai alla morte, credevo di essere eterna come le nevi del Kilimangiaro. La morte fa un po’ paura, no?».
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