Laura Boldrini: «Contro l'odio facciamoci sentire»
Prima ha annunciato che denuncerà chi la minaccia sui social, poi ha chiamato a raccolta la maggioranza silenziosa della Rete. La presidente della Camera Laura Boldrini spiega a Grazia l’ultima offensiva contro i provocatori digitali. Perché contro i violenti, sul web come nei rapporti personali, il silenzio non è la soluzione
Unire le forze per isolare i prevaricatori, senza cedere, come fanno loro, all’uso della violenza. La presidente della Camera Laura Boldrini prima ha annunciato che d’ora in poi denuncerà chi la insulta online e ora, raggiunta da Grazia, conferma l’intenzione di chiamare a raccolta la maggioranza silenziosa del web, formata da quanti lo adoperano in modo civile e rispettoso, invitandola a farsi sentire per non lasciare che la Rete finisca in mano a chi esercita la “professione” dell’offesa. «Ho ricevuto decine di migliaia di commenti di apprezzamento e manifestazioni di sostegno», dice Boldrini a Grazia.
«Questo vuol dire che il tema è molto sentito, che c’era bisogno di dire #AdessoBasta. Significa anche che in Rete esiste una maggioranza silenziosa che non offende e non insulta, e che non vuole abbassare la testa di fronte ai violenti». Restare a guardare i cosiddetti “haters”, gli odiatori, significa dare loro una chance in più per rincarare la dose, alzare i toni in modo vigliacco, sentirsi forti al riparo di uno schermo o celati dietro a false identità.
Quando il 14 agosto Boldrini ha pubblicato una selezione d’insulti ricevuti su Facebook, abbiamo letto frasi irripetibili associate a minacce di violenza sessuale. Da qui è nato l’hashtag #AdessoBasta, diventato il motto di una battaglia per porre un freno a uno dei maggiori problemi del web: il diritto di critica che valica ogni limite, diventando minaccia.
« in Rete esiste una maggioranza silenziosa che non offende e non insulta, e che non vuole abbassare la testa di fronte ai violenti »
Negli ultimi quattro anni e mezzo, da quando è diventata la terza carica dello Stato, Boldrini tramite i canali social ha ricevuto centinaia di offese: molte evocano stupri e violenze di gruppo come punizioni per le sue posizioni politiche. Frasi misogine che non entrano mai nel merito del suo operato o delle rispettive differenze di opinione. Una questione che Boldrini aveva già sollevato in novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, quando aveva pubblicato i messaggi dei suoi accusatori della Rete senza ometterne l’identità. Anche allora l’eco era stata grande, al punto che il tema dell’odio sul web è diventato argomento di dibattito pubblico e oggetto di una legge.
È nata poi la Commissione Jo Cox, dedicata alla politica britannica europeista uccisa da un neonazista: un organismo che studia i fenomeni d’intolleranza, xenofobia e razzismo nel nostro Paese. E la fotografia scattata nel recente rapporto della commissione vede proprio l’insulto contro le donne ai primi posti nella classifica delle forme di dileggio online. Il pregiudizio sessista è tra i più duri a morire e ormai è assodato che esiste un collegamento tra linguaggio violento e comportamenti violenti.
Se certe frasi inaccettabili vengono affidate ai social, anziché urlate per la strada, non è meno grave: sono il frutto di un pensiero, il riflesso lampante di un pezzo di società che odia e oltraggia, in particolare le donne. Il passo dal virtuale al reale è breve: l’Italia continua a essere colpita dai femminicidi ed è il Paese dove la violenza di genere in sette casi su dieci si consuma all’interno delle relazioni sentimentali, tra le mura domestiche. E quando non succede le parole si propagano comunque all’infinito senza possibilità di fermarle, condivise e twittate con l’aggiunta di altro disprezzo. Spesso, quando a un attore o a una popstar viene chiesto come si difende dagli “haters” la risposta più comune è: «Cerco d’ignorarli». Ma Boldrini dice che è arrivato il momento di contrattaccare: «Ai nostri figli dobbiamo dimostrare che in uno Stato di diritto chiunque venga aggredito può difendersi attraverso le leggi», sostiene la presidente, tornata sul tema con un post su Facebook. «Credo che educare le nuove generazioni a un uso responsabile e consapevole della Rete sia una necessità impellente». Sempre più determinante sarà poi l’impegno dei colossi della Rete, cioè le società come Facebook e Google (ma non solo loro).
Il social di Mark Zuckerberg è stato più volte sollecitato a mettere in atto maggiori controlli per arginare i messaggi di odio veicolati, ma la politica della piattaforma prevede una partecipazione attiva proprio degli stessi utenti: sono loro a dover segnalare per primi. Così l’attività di “pulizia” da parte della maggioranza silenziosa e civile è davvero l’unico, laborioso modo di ripulire la conversazione online. Una tecnologia automatica, un magico algoritmo antiviolenza non c’è. Intanto il ministro della Giustizia Andrea Orlando, la scorsa settimana, ha detto che «gli strumenti della repressione penale devono adeguarsi al cambiamento», ma ha anche spiegato che in Rete esistono spesso problemi di competenza territoriale che rendono difficile la rapida rimozione di contenuti e l’identificazione dei colpevoli. Nel frattempo, nel nostro Paese è diventata realtà almeno la legge contro il fenomeno del cyberbullismo. «Ma ora non dobbiamo accontentarci», conclude Boldrini. «Al contrario, chiedo a tutti di andare avanti insieme perché sul web nessuno deve avere paura».
© Riproduzione riservata