Giampaolo Morelli: Più invecchio, più sono felice
Giampaolo Morelli non è più solo l’attore che interpretava l’ispettore Coliandro. Ma è anche un padre che cerca di conciliare famiglia e lavoro. E un uomo che crescendo, racconta a Grazia, ha scoperto che bisogna lasciare perdere le cose inutili e usare quello che conta davvero: «testa e cuore»
«È faticoso, eccome se lo è, conciliare lavoro e famiglia. Carriera e figli. Sentimenti privati e impegni pubblici». Una raffica di frasi come questa sarebbe il festival dell’ovvio se non fosse che a dirla non è una donna. Ma un uomo, imprevedibilmente alle prese con le ansie, le rincorse, i sensi di colpa e di incrollabile inadeguatezza che tutte le madri conoscono benissimo, ma che i padri di solito ignorano o a malapena intravedono nelle loro compagne. Quarantuno anni, attore amatissimo nella sua interpretazione dell’ispettore Coliandro televisivo, padre di Gianmarco, 2 anni e mezzo, Giampaolo Morelli è uno dei pochissimi maschi che, quando lo intervisti, mette suo figlio in curriculum, nonostante il suo sia già molto affollato: è al cinema con l’ultimo film dei fratelli Vanzina, Miami Beach. Prima di tutto, comunque, viene Gianmarco: presenza tutt’altro che virtuale, dato che la nostra chiacchierata telefonica viene più volte interrotta da saluti e baci (al figlio, appunto). Fino a un definitivo: «Ciao amore mio (al figlio, ancora), ci vediamo più tardi».
Era impegnato con il suo bambino? Forse sarebbe stato meglio sentirci in un altro momento?
«No, non si preoccupi. Se avessi dovuto occuparmi di Gianmarco le avrei detto di richiamare, ma lui adesso è con la sua mamma (la modella Gloria Bellicchi, 37 anni, ndr), sapevo di avere un impegno e l’ho affidato a lei».
Lo sa che non capita mai di trovare un uomo che parli della difficoltà di conciliare figli e carriera? Di solito sono le mamme ad “affidare” i figli per gestire un’emergenza di lavoro.
«Davvero? Io non do per scontato il fatto che sia la mamma a occuparsi di Gianmarco. Ogni volta che devo partire per un set fuori Roma sono molto grato a Gloria perché deve farsi carico di tutto mentre io sono via. Avere figli è una cosa bellissima, ma complicata. È una rivoluzione che cambia tutti gli equilibri. Avere un figlio unisce molto. Ma può dividere, perché lo stress allontana. E restare vicini vuol dire trovare continuamente un modo nuovo di stare insieme. È un’operazione molto complicata».
Lei ha scritto un manuale di seduzione: Sette ore per farti innamorare, edito da Piemme. Adesso su che cosa si sentirebbe pronto a dare consigli in un volume stile “istruzioni per l’uso”?
«A dire il vero non ero tanto bravo neanche in materia di seduzione. Il manuale era stato più che altro un gioco. Adesso su che cosa mi piacerebbe pontificare? Sulla genitorialità: vorrei poter scrivere consigli per neopadri alle prese con l’avventura più complessa della vita. Ma la verità è che non ci sono né ricette né regole. Si fa quel che si può ed è un lavoro duro. Lei ne sa qualcosa? Ha figli? Che mi dice di quando crescono? È ancora più un casino, vero?».
Morelli, lei è stupefacente. Un sex symbol dal volto umano, anzi paterno. Un intervistato che fa domande oltre a dare risposte. Un bello che non si prende sul serio. Un uomo serio che sa di essere bello.
«Qual è il problema?».
È difficile inquadrarla. Anche nel lavoro: ha un sacco di progetti in uscita, uno diverso dall’altro. Un film: Miami Beach, nelle sale. Uno che ha appena finito di girare: Quel bravo ragazzo di Enrico Lando. E un altro che comincerà prossimamente: un musical su Napoli, firmato dai Manetti Bros. Una miniserie: C’era una volta Studio Uno, a settembre su Rai Uno. Una parte da protagonista nel cortometraggio Donne sulla vita dello scrittore Andrea Camilleri. Ruoli diversissimi, come li sceglie?
«Cerco di fare cose che andrei a vedere da spettatore. Tutto qui. Miami Beach è una commedia divertente: leggera, ma non stupida. Il lavoro su Camilleri mi ha fatto entrare nei panni di un personaggio che è un’icona del nostro tempo (Morelli interpreta il creatore del Commissario Montalbano, a 40 anni, ndr). Faccio cose diverse, ma cerco di sceglierle con cura. Sul mio futuro di attore sto ancora lavorando, provando, sperimentando. Anche se ho più di 41 anni. Che cosa dice? Non va bene, alla mia età?».
Va benissimo, c’è tempo. Morelli, lei fa talmente tante cose e così diverse perché ha paura di rimanere imbrigliato nello stereotipo di Coliandro?
«Coliandro è un personaggio così figo che ci resterei dentro tutta la vita. Mi piacerebbe essere lui. Detto questo, nella vita si va sempre avanti, no? A proposito, non ha risposto alla mia domanda: aver a che fare con figli adolescenti è un casino, vero?».
Sì. Ma torniamo all’intervista. In Miami Beach interpreta un uomo che sta con una ragazza molto più giovane di lui. A lei potrebbe capitare?
«Mai dire mai, ma mi sembra proprio di no. Così, sulla carta, penso di essere più interessato alle donne adulte: persone con cui ho qualcosa in comune. Poi, magari, mi capiterà di perdere la testa per una 25enne, chissà. L’altro giorno ho trovato un vecchissimo numero di una rivista in cui Penélope Cruz diceva: “Non mi piacciono gli uomini alla Tom Cruise”. Ed è finita come sappiamo: si è innamorata di Cruise (i due hanno avuto una relazione dal 2001 al 2004, ndr) Visto? Meglio evitare di sbilanciarsi nelle interviste. Si cambia continuamente nella vita».
Lei come è cambiato?
«Parliamo di sesso? Sicuramente a 18 non è come a 30 e a 30 non è come a 40. Alla mia età contano testa e cuore».
Si diventa esigenti.
«Esigenti. Intelligenti. A me invecchiare sembra una gran cosa. Aggiunge molto alla vita e anche alle persone. Non capisco chi pensa che gli anni ti portino via qualcosa».
Lei girerà presto un film su Napoli. Che cosa mi dice della sua città, oggi?
«Che sono stufo di vederla imbrigliata nei luoghi comuni».
Mi dica una cosa che non sia un luogo comune sulla sua città. Una cosa vera, intima.
«Napoli è nel mio dna. È come una mamma, mi appartiene talmente tanto da non saperne parlare. Ci sono così profondamente dentro da non riuscire a vederla. Mi ci confondo, mi ci mischio».
Però un po’ di accento napoletano lo ha perso.
«No! Non è vero, non mi dica questo».
La Napoli che racconterete nel film come sarà?
«Una grande storia di passione, camorra, azione, musica».
Di tutto. Lei è un uomo che sa distinguere le cose importanti?
«A questo serve diventare grandi: a imparare a lasciare andare l’inutile».
Lei ha abbandonato gli studi di Giurisprudenza a un soffio dalla laurea per dedicarsi a Psicologia. Perché?
«Forse volevo capire qualcosa di me».
Che cosa ha scoperto?
«Cose che avrei trovato comunque, magari più lentamente, ma ci sarei arrivato. Gliel’ho detto, credo molto nella vita. Impari tutto vivendo».
Lei è felice?
«Domanda troppo difficile. Non so rispondere».
Soddisfatto?
«Sì, sì. 41 anni sono una buona età. Comincio a raccogliere i frutti di quello che ho seminato, ma ho davanti un sacco di cose da fare. Sto costruendo ancora. Vedremo. Per la risposta sulla felicità ci sentiamo fra qualche anno, ok?».
Sicuro che allora avrà sicuramente qualcosa da dirmi?
«Ci conto. Gliel’ho detto: invecchiare serve».
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