Ricordiamoci di Patrick
Si è parlato e scritto enormemente del pilota assassino della Germanwings, Andreas Lubitz, scandagliandone la mente in un morboso crescendo di voyeurismo psichiatrico.
Si è parlato e scritto enormemente del pilota assassino della Germanwings, Andreas Lubitz, scandagliandone la mente in un morboso crescendo di voyeurismo psichiatrico. Non si è parlato abbastanza di Patrick Sondheimer, il capitano che ha cercato di sfondare la porta della cabina di pilotaggio (da dove Lubitz stava portando tutti alla morte) per salvare i passeggeri. Aveva 34 anni, due figli, 6.000 ore di volo alle spalle. Aveva chiesto di essere trasferito alle tratte a corto raggio della compagnia low cost per tornare a casa più spesso.
Nei suoi deliri, il copilota omicida aveva annunciato di voler rimanere nella storia dell’aviazione. Le sue foto le abbiamo viste ovunque. Raccontare quello che è accaduto è un dovere. Esagerare però è malsano. Si rischia di farne una star, del male certo, comunque una star, paradossalmente assecondando i suoi desideri. Io invece avrei bisogno di pubblicare una foto del capitano.
Del suo viso non ci sono immagini, ritirate per volere della famiglia e delle autorità tedesche. Capisco, ma sarebbe bello ricordarlo, insieme con la sua quotidiana normalità, la sua pervicacia nel tentare di riprendere il controllo dell’aereo. Quando l’orrore ci tocca, abbiamo bisogno di rammentarci ogni giorno che il mondo è fatto di persone attaccate alla vita, che fanno i gesti necessari per continuare ad avere fiducia gli uni negli altri.
© Riproduzione riservata
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