Claudia Cardinale: nata libera
Da ragazza Claudia Cardinale voleva fare l’esploratrice, invece ha recitato accanto ai grandi divi diventando il simbolo del fascino italiano. E ora che si prepara al ritorno in tv, racconta a Catherine Spaak perché nessun uomo ha mai potuto
chiuderla in una gabbia
Nel 1969, Claudia Cardinale e io siamo state protagoniste del film Certo, certissimo, anzi... probabile di Marcello Fondato. All’epoca Claudia era timidissima, diffidente e sembrava custodire un mondo misterioso, tutto suo. Era ostaggio di un contratto in esclusiva con un produttore cinematografico che le imponeva molte regole di comportamento e le vietava di ingrassare, parlare con estranei, stare da sola, frequentare persone al di fuori della cerchia autorizzata, vestire come voleva, tagliarsi i capelli, uscire di sera. A sorvegliarla, e riferire ogni suo gesto, c’era una corte attentamente selezionata composta dal suo truccatore, la sua parrucchiera, la sua sarta, il suo autista e la sua segretaria che la seguivano passo passo, ognuno addestrato a controllarla ma anche pronto a origliare, spiare e riferire tutto ciò che gli altri, sul set del film, dicevano di lei, di noi. O a inventarselo. Io, incurante di quei divieti, mi avvicinai a Claudia scavalcando tutti e la invitai a pranzare da sola con me durante le pause della lavorazione. Un suo rifiuto avrebbe probabilmente provocato un incidente diplomatico e rischiava di divenire notizia ghiotta per la stampa, che non vedeva l’ora d’inventarsi dissapori e rivalità fra noi, ma fu così che, dopo aver tirato accuratamente tutte le tendine del mio camper-camerino, iniziò la nostra amicizia. Claudia è molto diversa dalla star che tutti credono di conoscere. In lei, figlia del deserto (è nata 77 anni fa a La Goletta, in Tunisia) brucia la fiamma della propria libertà, sonnecchia la follia della piccola selvaggia che un tempo correva a perdifiato a piedi nudi sulle dune di sabbia, l’indomita adolescente che voleva essere più potente dei maschi. Nessuno, credo, potrà mai dire di averla vista piangere. Molti attendono il suo ritorno in tv con una parte nella serie tv Il bello delle donne, in onda in autunno su Mediaset. Mentre in questi giorni ritorna nelle sale un classico, Rocco e i suoi fratelli girato nel 1960 da Luchino Visconti, dove Claudia era accanto ad Alain Delon: il film, restaurato con l’intervento, tra gli altri, della Fondazione Martin Scorsese e di Gucci, è stata accolto da una pioggia di applausi, un anno fa, al Festival di Cannes. Ma torniamo alla pellicola che abbiamo girato insieme.
Che ricordi hai di quel periodo? Allora non accadeva spesso che due attrici protagoniste dello stesso film fossero anche amiche.
«Anticipavamo i tempi anche con un finale sorprendente per l’epoca: i nostri fidanzati che scappavano assieme su una barca a vela. L’essere gay era davvero tabù. Lo ricordo come un film molto divertente».
Eri estremamente timida. Lo sei rimasta?
«Sì. La mia voce è ancora bassa e rauca perché da ragazza non parlavo mai, preferivo fare a botte con i ragazzi. E volevo sempre dimostrare che le donne erano le più forti».
Vincevi sempre tu?
«Sì, ero proprio matta».
Pensi che per ciascuno di noi ci sia un destino che debba compiersi?
«Esatto, è il “Maktub” che in arabo vuol dire “scritto nel destino”. Tutto quello che ti deve succedere è già deciso nel cielo. La cosa incredibile è che io non volevo assolutamente fare il cinema. Volevo diventare un’esploratrice. È stato mio padre a spingermi a fare il mio primo film, con Omar Sharif, mentre frequentavo ancora la scuola».
Quando hai cominciato ad amare la tua professione?
«All’inizio parlavo solamente francese - sono nata in Tunisia – ed ero sempre doppiata in italiano, poi con Mario Monicelli in I soliti ignoti ho recitato con la mia voce. Ho fatto 154 film e ne farò altri tre prossimamente. Ma questo lavoro ha incominciato a piacermi quando mi sono resa conto che con ogni ruolo potevo avere un’altra vita e mi è sembrato fantastico poterne vivere così tante».
Non ti sei mai stancata dei tuoi personaggi?
«No. Non hai idea di quanti copioni continuo a ricevere. Per me conta più di tutto la storia, anche come è scritta.Se non mi piace subito, rifiuto. E non è solamente il nome del regista che mi interessa».
Hai detto che per fare l’attrice bisogna essere molto forti interiormente. Lo sei sempre stata?
«Quando si recita si deve diventare un’altra persona per tante settimane e quando finisce il film è necessario tornare a essere se stessi. Molte persone si perdono nella finzione di un ruolo e si montano la testa quando hanno successo. Io vado in giro da sola per le strade, faccio shopping, entro nei negozi, compro i giornali ogni mattina. Non mi piace l’idea di avere delle guardie del corpo, non ne ho mai volute».
Nella vita di molti artisti spesso subentrano problemi di dipendenza da alcol e da droghe, credono che sia il modo giusto per superare l’ansia, la paura del fallimento e del declino. È davvero un reale pericolo che si corre facendo questo mestiere?
«Sì, è vero. Fin dall’inizio della mia carriera ho sentito il bisogno di restare con i piedi per terra e di rispettare me stessa. Per questo è necessario essere molto forti psicologicamente. Personalmente non mi sono mai sentita veramente in difficoltà, non sono mai stata una persona fragile. Sono del segno zodiacale dell’Ariete, siamo tipi resistenti e stimolati dalle avversità. Mi è stata annunciata la morte dei miei genitori mentre stavo per entrare in scena in teatro: puoi immaginare quello che ho provato, ho superato lo choc emotivo grazie ai miei compagni di palcoscenico. L’amicizia e la solidarietà sono fondamentali nella mia vita».
Hai molti amici nel mondo dello spettacolo?
«Sì, come Jean-Paul Belmondo e Alain Delon. Con Rock Hudson, quando vivevo e lavoravo a Los Angeles, facemmo finta di avere una relazione perché lui in realtà era gay e in America all’epoca era davvero uno scandalo. Rock era una persona straordinaria, un uomo di grandi qualità».
In Italia il costume e la morale sono cambiati negli ultimi 20 anni ma rimangono ancora molti pregiudizi. Che cosa ti colpisce maggiormente quando torni nel nostro Paese?
«La Francia è sempre stata molto più avanti riguardo all’omosessualità. Da tempo ho scelto di difendere i gay perché non accetto i pregiudizi e le discriminazioni nei loro confronti».
A che cosa hai dovuto rinunciare per proteggere la tua carriera ?
«A nulla. Ho avuto un solo uomo importante: Pasquale Squitieri. E con i miei due figli (Claudine Squitieri, 36 anni, e Patrick, 59, nato dal suo legame con il produttore Franco Cristaldi, ndr) ho un bellissimo rapporto».
Negli Anni 60 e 70 avevi un contratto ferreo con il produttore cinematografico Franco Cristaldi, che ti lasciava poche libertà di scelta e di azioni.
«Sì, è stato molto duro ed ero retribuita mensilmente esattamente come un’impiegata».
Non ti sentivi prigioniera durante quegli anni?
«Sì, mi dava enormemente fastidio e per di più, quando ho incontrato Pasquale e me ne sono innamorata, mi sono resa conto, dopo aver girato una cinquantina di film, che non avevo un soldo in banca. Quando ho rescisso quel contratto mi sono liberata».
Accetti d’ invecchiare serenamente?
«Sì. Non ho mai voluto farmi un lifting o cose del genere. D’invecchiare non m’importa niente. È normale che passi il tempo e non lo si può fermare».
Ci sono cose che vorresti non avere mai fatto nella tua vita?
«No. Sono stata molto fortunata a vivere durante gli Anni 60, periodo straordinario per il cinema italiano. Ho avuto il privilegio di lavorare con i più grandi e prestigiosi registi dell’epoca in tutto il mondo. Davvero non ho nessun rimpianto».
Quanto ha contato la tua bellezza?
«Non mi sono mai considerata bella. Sono sempre stata una persona normale».
Appari solare, luminosa, piena di vitalità eppure nei tuoi occhi affiora qualcosa di segreto e malinconico.
«Il primo articolo su di me era dello scrittore Pier Paolo Pasolini e parlava proprio del mio sguardo che definiva misterioso. Forse avete ragione tutti e due. La mia vita privata appartiene solo a me e l’ho sempre difesa».
Negli anni del femminismo abbiamo lottato per i nostri diritti e preso coscienza della nostra capacità di autonomia e d’indipendenza. Che cosa pensi dei tantissimi casi di femminicidi che attualmente riempiono le cronache italiane?
«C’è una violenza sconvolgente. Conosco una donna che è stata bruciata viva dal suo compagno, per fortuna non è morta. Ho conosciuto Kim Phuk, la bambina, ora donna, che è apparsa su tanti giornali nel mondo mentre scappava nuda, terrorizzata dall’esplosione di una bomba al napalm in Vietnam. Poco tempo fa, sono andata in Siria, ho attraversato il deserto per arrivare all’antica città romana di Palmira, una volta chiamata “Sposa del deserto”. Lì ho conosciuto l’archeologo che era stato capo della direzione generale delle antichità per più di 50 anni, Khaled Assad. Quando sono tornata in Francia, ho saputo che i militanti sunniti radicali della corrente ultra ortodossa dell’Islam lo avevano decapitato e appeso il suo corpo a una colonna dopo avere devastato e distrutto tutte le statue. È stato un trauma e sono stata malissimo per giorni».
Provi nostalgia per qualcuno o per qualcosa?
«Mi rattrista non potere più tornare in Tunisia, prima ci andavo spesso. Sono nata in Africa, sai, e mi manca la sua magia».
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