Prima era l’idolo delle adolescenti, ora è una popstar da 25 milioni di dollari, una paladina dei diritti delle donne e la nuova musa di bellezza di Mac. Ariana Grande racconta a Grazia la sua vita da adulta e spiega come si può essere sexy anche senza somigliare a Miley Cyrus
Ariana è proprio diventata grande. Il gioco di parole è fin troppo facile, ma calza alla perfezione. Famosa fin da adolescente con il personaggio della sciocchina Cat Valentine nei telefilm per bambini Victorious e Sam and Cat, oggi la 22enne americana di origine italiana, è stata tra le popstar più pagate del 2015 con i suoi 25 milioni di dollari. Ha un terzo album in uscita, Moonlight, gira video sexy come quello del suo recente singolo Focus, duetta con il tenore Andrea Bocelli e fa da testimonial a Viva Glam, il duo di rossetto e lucidalabbra a edizione limitata che ogni anno la casa di cosmetici MAC affida a una celebrità per finanziare la lotta all’Aids. Ariana, insomma, fa tutte cose da grande.
Ma la trasformazione da ragazza a donna è ancora in corso. Quando la incontro in una suite del lussuoso Hotel Montage di Beverly Hills, a Los Angeles, Ariana fa la sua apparizione inserita in una sorta di presepe pop, su un palco rosa con al centro un gigantesco sgabello di peluche dello stesso colore. È inguainata in un mini-completo di pelle nera e tacchi altissimi, è truccata alla perfezione con il rossetto scuro della nuova serie MAC, e in testa ha un cerchietto con orecchie di gatto. Sorride, saluta, mi bacia, promette di fare un selfie per i miei figli e poi si accomoda delicatamente al centro del fondale confetto. A questo punto mi trovo a scambiare idee con una donna decisa, vivace, e decisamente fuori dagli schemi.
La campagna MAC contro l’Aids è nata nel 1994, quando lei aveva appena un anno. A quel tempo, la malattia era una condanna a morte e i giovani ne avevano molta paura. Oggi l’Aids non è più lo spauracchio di allora. Come spiega ai suoi fan adolescenti l’importanza di continuare a combattere questa piaga?
«È essenziale parlare del virus HIV con i giovani perché non se ne discute ancora a sufficienza. Certo, esistono medicine che permettono a chi è affetto dalla malattia di vivere più a lungo, o addirittura di non trasmetterla ad altri. Troppi non ci pensano più e non praticano sesso sicuro. Sono convinti che l’Aids non costituisca più un problema, e invece lo è. Nel 2014, quasi 37 milioni di persone risultavano contagiate da HIV. È una follia».
Qual è il suo approccio nei confronti dei suoi fan per convincerli a contribuire a una causa come questa?
«Chi mi segue ha già un grande cuore. I miei fan sono molto generosi. E io adoro poter usare la mia fama per contribuire a una causa importante. I ragazzi mi ascoltano e poi alzano la voce anche loro. Diventano dei mini-attivisti. Sono meravigliosi».
A proposito di cause, lei recentemente ha parlato di come i media usino due pesi e due misure nei confronti delle celebrità donne rispetto agli uomini. Che cosa non le piace?
«Siamo circondati dalla misoginia. Prendiamo il mio campo, la musica. A noi donne chiedono sempre: “Di chi parla questa canzone?”. “Ce l’hai un fidanzato?”. E poi veniamo sempre etichettate in relazione a un maschio: “ex di”, o “legata sentimentalmente a”. Agli artisti queste cose non le chiedono proprio. E poi: quando mai qualcuno si è sognato di fare domande a cantanti come Bruno Mars o Ed Sheeran allo scopo di paragonarli l’uno all’altro? Questo schema si ripete solo con le donne».
Chi è la donna più determinata che ha mai incontrato?
«Mia madre Joan. Ha più energia di una centrale elettrica. È meravigliosa: è l’amministratore delegato di una ditta che progetta e fabbrica apparecchiature radio marittime. Lavora quasi esclusivamente con uomini. È sempre stata capace di farsi valere. Mi ha anche insegnato a essere una donna d’affari. Allo stesso tempo, è stata la mamma più affettuosa e generosa del mondo».
Qual è la lezione più importante che le ha insegnato?
«Una soltanto? Se devo scegliere, è questa: che posso ambire a fare qualsiasi cosa. Perché questo è quello che suo padre ha trasmesso a lei. Dato che non aveva figli maschi a cui lasciare l’azienda, un giorno mio nonno le disse: “Va bene, Joan, tocca a te. Da domani ti alzi presto e vieni in ufficio con me. Ti insegnerò il mestiere”. E così le ha trasmesso la sua etica. E lei, a sua volta, l’ha passata a me. Senza mai dimenticare un piccolo dettaglio: che devi lavorare tantissimo per ottenere dei risultati».
Lei è stata una bambina-star. Come la popstar Miley Cyrus, che l’ha preceduta come testimonial di Viva Glam, anche lei sta trasformandosi da idolo dei ragazzini a star adulta. Quali ostacoli ha incontrato?
«Quando ho cominciato questo passaggio, ho deciso che sarebbe stata la mia musica a raccontare chi sono. A 19 anni, mi sono detta: “Onestamente, non mi interessa dare scandalo. Voglio solo che il pubblico ascolti la mia voce”. Ero pronta ad abbandonare la maschera del mio personaggio. Così ho dedicato il mio primo album, Yours Truly, a questo: raccontare me stessa attraverso la musica. È andata bene. Poi, naturalmente, man mano che mi affermavo, sono cominciate le difficoltà. Sono nate le chiacchiere, le bugie. Non me l’aspettavo. Qualche mese prima ero Cat Valentine delle sit-com del canale tv Nickelodeon, e all’improvviso mi ritrovavo al centro di pettegolezzi assurdi. Finché non ho deciso di non preoccuparmene più. E così, come per magia, mi hanno lasciata in pace».
Lei ha un modo di vestire molto riconoscibile, copiato dalle adolescenti. Quanto le interessa la moda?
«Mi piace, ma non è importante come la musica, o come una bella conversazione. Non so sempre che cosa è “in” e che cosa è “out”. Preferisco scegliere i capi da mettermi in base all’umore, usare l’abbigliamento per esprimere la mia individualità. E poi mi piace vestirmi tutta di nero, come oggi. In questo sono proprio figlia di mia madre, che ha un armadio pieno di cose nere».
Ha uno stilista preferito?
«Non saprei. Lei dice che le teenager apprezzano il mio modo di vestire e spero sia vero. Ma a molti il mio stile non piace, e sa che cosa c’è? Va bene così. Il bello di essere se stesse è che di “te stessa” ce n’è una sola. Sei unica».
Che cosa direbbe a un’adolescente che si sente esclusa dal gruppo perché troppo differente?
«Che essere diversi è meraviglioso. Dovremmo incoraggiare tutti a essere se stessi. Ci sono tanti tipi di bellezza. Per questo detesto quelle rubriche che ti dicono che cosa mettere o non mettere, o quegli articoli che ti raccontano quanto quell’attrice sia ingrassata. Ti fanno credere che esista un solo tipo di bellezza. Ti spingono a dubitare di te. Quella non è bellezza, è bruttezza. La bellezza è individualità».
Ci saranno delle situazioni che la fanno sentire insicura.
«Certo, sono un essere umano. Ma parte del mestiere di vivere è imparare ad amarsi. Se non fai così, non puoi amare nemmeno gli altri».
Lei sente le sue origini italiane?
«Noi italiani siamo pieni di vita, amiamo la musica, il cibo, la famiglia. Questo senso di appartenenza mi permette di restare con i piedi per terra. Quando non so come risolvere un problema, mi rivolgo sempre ai miei genitori. E loro non mi permetterebbero mai di montarmi la testa».
Un italiano che va alla grande in America è il tenore Andrea Bocelli. Avete cantato insieme il brano E più ti penso. Com’è stato?
«Una delle esperienze più incredibili della mia vita. E anche incontrarlo prima della registrazione. Ho passato con Andrea un pomeriggio nella sua casa di Miami, insieme con mia nonna, che ha appena compiuto 90 anni. Abbiamo provato il pezzo un paio di volte, poi lui ha suonato il pianoforte e ha cantato per la mia nonna. È stato grandioso. Un uomo genuino, buono. Incontrare una leggenda e scoprire che si trattava di una persona semplice, è stata una vera boccata d’aria fresca».
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