Cristina D’Avena: «La vita è una sigla meravigliosa»
In 35 anni di carriera ha fatto solo una cosa: cantare rendendo speciali i cartoni animati della nostra infanzia. Oggi Cristina D’Avena ritorna con quei successi e duetta con Emma, J-Ax, Benji & Fede e tanti altri. Con un solo rimpianto: «Non aver conquistato anche Jovanotti»
Diamo i numeri: 3 anni l’età in cui ha debuttato sul palco dello Zecchino D’Oro, nel 1968, con Il valzer del moscerino. Circa 400 sono le sigle dei cartoni animati che ha cantato. Oltre sette i milioni di copie vendute, 35 gli anni di carriera e 53, la sua età.
La cantante Cristina D’Avena è l’icona indiscussa di almeno tre generazioni di italiani, tutti nati tra gli Anni 70 e i 90, di cui ha riempito i pomeriggi dell’infanzia con la sua voce. Kiss Me Licia, L’incantevole Creamy, Sailor Moon: sono le sigle e i suoi personaggi preferiti, che oggi rivivono in un album, Duets, in uscita il 10 novembre per Warner.
Qui Cristina reinterpreta 16 dei suoi successi, in duetto con altrettante celebrità della musica italiana. «Chi l’avrebbe mai detto che un giorno avremmo sentito J-Ax cantare Pollon?», ride, mentre passiamo in rassegna i nomi degli artisti che hanno preso parte all’album: Loredana Berté, Elio, Francesca Michielin, Emma, Arisa, Ermal Meta, Benji e Fede.
Come è nata l’idea del disco?
«Mentre ero al Festival di Sanremo, nel 2016, invitata da Carlo Conti come super ospite. Da tempo pensavo che sarebbe stato bello cantare le mie canzoni con altri artisti. Lì c’è stato il mio primo vero incontro con molti di loro, che non conoscevo».
Nella sua lunga carriera non aveva mai incontrato i cantanti del pop?
«Mai tutti insieme. Mai i giovanissimi. È stato stupendo essere travolta da questi amici che si ricordavano le canzoni e venivano ad abbracciarmi».
Li ha chiamati tutti lei, personalmente?
«Molti li ho contattati prima via Twitter. Ma la scena più divertente è stata col cantante Michele Bravi. Gli ho telefonato. E lui: “Sì vabbè, come no, Cristina D’Avena”, e mi attacca il telefono in faccia. Poi mi richiama subito: “Ma sei davvero tu? Oddio, oddio, perdonami non pensavo fosse possibile”».
Che cosa canta Michele nel disco?
«I Puffi sanno, la più giovane tra le sigle tra i puffi, quella della sua generazione».
Come avete scelto le canzoni?
«Io ho proposto una lista e ho dato a ogni ospite la possibilità di scegliere quella che preferiva».
La sua preferita qual è?
«Ogni pezzo è stato divertente, ogni artista mi ha trasmesso gioia. Loredana Bertè con Occhi di gatto mi ha fatto commuovere».
Se le dicessi che D’Avena non è una cantante, ma un genere musicale?
«Effettivamente. In fin dei conti è da più di 35 anni che canto sigle».
Non ha mai desiderato fare altro?
«No, io sono felice di essere quella che sono».
Qual è il complimento più bello che ha ricevuto?
«Maurizio Costanzo mi disse che il mio successo è stato segnato dalla mia coerenza. Ed è vero: io ho sempre fatto questo e continuo a farlo».
Quando ha maturato questa consapevolezza?
«Col tempo. All’inizio non capivo bene che cosa stessi facendo. Ero così piccola, andavo ancora a scuola, alle registrazioni mi accompagnava papà. Per oltre due anni non sono stata che una voce. Poi è arrivata la Canzone dei puffi: 500 mila copie vendute, disco d’oro, una cosa mai vista prima nella musica per bambini. Mi fermavano per strada, a scuola i compagni mi chiamavano Puffetta».
Le è mai stato chiesto di mantenere l’immagine della ragazza per bene?
«Nessuno mi ha mai chiesto nulla».
A parte tagliare i capelli.
«Sì, è vero. È stato un trauma, erano lunghissimi. Ma per le prime foto ufficiali cantavo Bambino Pinocchio e dovevo avere un taglio in stile Geppetto, una specie di caschetto dritto con uno strano ciuffo Anni 80 in cima. Orribile. Piansi. Però mi promisero che sarebbe stata la prima e unica volta».
Hanno mantenuto la promessa?
«Ci riprovarono quando girai il telefilm Love Me Licia. Ma ero più grande e mi imposi, così mi permisero di usare la parrucca».
« Sono felice di essere quella che sono »
Che cosa rimpiange di quegli anni?
«La spensieratezza nel fare la tv. Eravamo più leggeri, anche nella vita. C’erano idee, progetti e tanta voglia di creare qualcosa di nuovo».
Perché non si parla mai di un fidanzato di Cristina D’Avena?
«Perché tengo ben custodita la mia vita privata. L’ho sempre fatto».
Però se le chiedono se ha un legame lei risponde che c’è. Vero?
«È una cosa mia, personale. L’unica cosa che le posso dire, è che ci amiamo tantissimo».
Come ama Cristina?
«Sono molto gelosa e possessiva. Questo è il mio limite. Però cerco di dare tutto quello che ho. Sia nell’amore, sia nelle amicizie. Io ci sono, per tutte le persone che amo e che hanno bisogno di me. Ma non ci sono più quando mi chiudono le porte in faccia».
Qual è il suo più grande traguardo?
«Il mio equilibrio. Questo disco è un traguardo incredibile. Soprattutto per chi come me canta canzoni legate al mondo dell’infanzia, definite talvolta “canzoncine”. Io le ho sempre chiamate canzoni, e le ho sempre portate avanti con orgoglio».
C’è un “no” che le è dispiaciuto ricevere, per questo disco?
«Mi dispiace di non essere riuscita a raggiungere Jovanotti».
Perché proprio lui?
«Lo stimo, lo seguo, vado ai suoi concerti. Mi piace fare la spettatrice. Mi diverto in mezzo alle persone: è la cosa più bella del mondo. Ai miei concerti canto sempre la sua A te. Sono convinta che i nostri mondi siano paralleli. Lui ha una grande sensibilità, e il mio stesso pubblico. Anzi, è proprio quel pubblico che mi ha chiesto: “Perché non duetti con Jovanotti?”».
E non l’ha mai nemmeno incontrato?
«L’ho conosciuto quando eravamo giovanissimi, ricordo che c’era anche Eros Ramazzotti, in moto. Ci salutammo, e la cosa finì lì. Non sono mai più riuscita a incontrarlo. Mi basterebbe anche solo chiedergli di cantare insieme».
E se dicesse di no?
«Pazienza, continuerei ad andare ai suoi concerti».
C’è un problema: lui passa molto tempo a New York, e lei non prende l’aereo.
«Sì, è un bel problema. L’ultimo l’ho preso nel 1996».
Ha davvero così paura?
«Colpa di un ascensore, in cui sono rimasta chiusa alle tre del mattino. Ho visto il nero più nero».
Non si sposta in aereo, ma tiene concerti in tutta Italia.
«Ne ho bisogno per vivere. L’adrenalina, la forza, il pubblico che mi trasmette emozioni: per me è essenziale, non potrei vivere senza. Finché ci riu-scirò e finché il pubblico mi continuerà ad amare così, io ci sarò».
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